Il punto di vista degli zombie

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

L'uomo strinse più forte, con i denti e con la forza della disperazione, il laccio emostatico attorno al braccio sinistro. Poi, senza indugiare, senza dare tempo al ripensamento, afferrò con la mano libera la piccola accetta e calò il colpo.
Un lampo rosso, come la luce del sole attraverso le palpebre serrate.
Iniziò a scivolare verso l’incoscienza.
Sapeva di dover recuperare l’arto mozzato, riporlo in un contenitore di plastica per campioni biologici e sigillarlo quindi nella cassaforte refrigerata. Disperato, in un ultimo momento di lucidità, realizzò il suo fallimento.

Il parassita prese facilmente possesso del suo nuovo ospite.
Lo fece alzare da terra, i primi movimenti ancora incerti, come una marionetta manovrata da un burattinaio inesperto.
Quindi, affacciandosi verso la realtà direttamente attraverso il nervo ottico, esaminò con freddezza il moncherino ancora sul pavimento: un patetico tentativo per evitare il contagio.
- Come se si trattasse del veleno di un serpente. - pensò con disprezzo, corrugando il volto nel tentativo, grottesco e patetico, di esprimere il senso di sufficienza che provava.
Alzò allora lo sguardo e vide una sagoma, la “sua” immagine, riflessa nella vetrata che isolava il laboratorio dal resto del complesso.
Modificò ancora l’espressione facciale, sperimentando un selvaggio raptus di esaltazione.
Ora sapeva cosa fare: in un gesto di pura volontà uno pseudopodo rostrato si sviluppò al posto del braccio mancante. Poi una triplice fila di denti deformò la mascella, acuminati, per placare la sua insaziabile fame.

 

L’uomo si risvegliò.
Si sentiva oppresso come in un claustrofobico loculo, giù, nei meandri della sua stessa scatola cranica: come impotente, vedeva, “sentiva” tutto.
A breve, sarebbero scattati gli allarmi di bio-contaminazione: il protocollo di emergenza richiedeva l’isolamento dell’edificio e la “sterilizzazione” ad opera delle letali forze di sicurezza.
A breve avrebbe assistito ad un videogioco dell’orrore. In soggettiva. Dal vivo.

Giancarlo Manfredi