Simona sentì
    le nocche di Yuri sotto ai suoi piedi scalzi.
    Cercò a tastoni le scarpe, appoggiate vicino al letto, e usando il cellulare illuminò la
    botola di uscita. In piedi nel buio aspettò che l'impianto centrale di ossigenazione
    scandisse l'ennesimo quarto d'ora, e quando il ronzio meccanico riempì l'aria, azionò il
    congegno che apriva lo sportello in carbonio. I suoi genitori, probabilmente, non si
    sarebbero accorti della sua uscita, ma quella notte era troppo importante per rischiare di
    farsi scoprire.
    Scese la scaletta che portava al piccolo ballatoio, sospeso nel vuoto sotto casa sua,
    mentre Yuri, illuminato dal tenue chiarore dei generatori notturni, l'accompagnava con le
    mani sulla schiena.
    - Grazie - sussurrò lei, appoggiandosi al parapetto e cominciando a indossare le scarpe -
    Alan?
    - Ci aspetta sul Grande Ponte - rispose il ragazzo, tirando fuori dal giubbotto un
    aggeggio simile a un telecomando.
    - Cos'è?
    - Un passepartout a frattali magnetici - disse sorridendo sotto il ciuffo - È da
    due settimane che ci lavoro, apre praticamente tutto.
    - Il recorder di immagini mentali?
    - Ce l'ha Alan.
  - Siete grandi - disse Simona, con un sorriso nella voce.
  Si avviarono verso il Ponte, seguendo con una mano il parapetto. Le loro chiome candide
  sfioravano le scalette che, a intervalli regolari, salivano verso gli ingressi di ogni
  abitazione. Simona, tesissima, tratteneva il respiro, pensando a come stesse camminando
  sotto i sogni di tutte quelle persone, che dormivano nei loro letti. Le case, rettangoli
  senza finestre aggrappati al soffitto della grande grotta, sembravano vampiri dagli occhi
  chiusi, pronti a svegliarsi e volare via. Quando il ronzio meccanico ruppe puntualmente il
  silenzio, lei trasalì, e cercando istintivamente di aggrapparsi anche con l'altra mano,
  cozzò bruscamente contro il parapetto, e il cellulare le sfuggì, cadendo nel vuoto.
  - Cazzo! - imprecò a voce alta.
  - Dai, non è grave - la tranquillizzò Yuri, che aveva assistito alla scena - lo andremo
  a riprendere domattina dal Recupero Reti. Muoviamoci piuttosto, che il vecchio Livio
  potrebbe aver già cambiato idea.
  Era vero. Quel pomeriggio il nonno di Alan, la cui vecchiaia era seconda solo alla pessima
  salute, aveva finalmente acconsentito a permettergli di registrare un file con i suoi
  ricordi.
  Era uno dei pochissimi anziani che aveva vissuto in superficie, e Simona, Alan e Yuri,
  avrebbero finalmente scoperto se l'antico mondo fuori dalla grotta era esistito davvero, o
  se era solo una leggenda curiosa, raccontata ai bambini.
  Dopo aver fatto un cenno di saluto ad Alan, camminarono senza altri infortuni verso la
  casa di Livio, attraversando il Ponte e innumerevoli altri ballatoi, stretti e a volte
  completamente bui, che cambiavano direzione a ogni manciata di metri. Sapevano di dover
  eludere la sorveglianza, perché scaricare ricordi da un over-eighty era un reato,
  ma anche se erano molto scettici sull'esistenza di quel mitico passato, erano disposti a
  rischiare.
  Solo quando girarono l'ultimo angolo si avvidero delle luci azzurre che lampeggiavano
  proprio lì dov'erano diretti. Un lungo involucro, avvolto in un lenzuolo bianco, veniva
  calato dalla botola, e capirono subito che la loro missione era già fallita.
  Alan, che suo nonno non l'aveva praticamente mai conosciuto, restò impassibile, mentre
  Simona si appoggiò con i gomiti al parapetto, e le lacrime caddero nel vuoto,
  attraversando anche le sottili maglie della Rete di Raccolta.
  - Dai, coraggio - le disse Yuri, avvicinandosi e accarezzandola con le dita pallide - Non
  è l'ultimo. Vedrai che prima o poi lo scopriremo, com'era fatto il Sole.