Prima pagina

Di finire in prima pagina sui giornali, quello no, non c'aveva mai pensato.
Vedere la propria faccia su una foto a colori stampata con un grosso titolo sopra, e un occhiello. Tra la pubblicità di un ristorante alla moda e l'editoriale di una firma famosa.
In mezzo alle tante cose, non tutte, che succedono nel mondo.
Una grossa faccia sorridente, quello sguardo un po' perso, quel volto grasso con gli occhi spalancati.
La foto con dietro la facciata del palazzo dove abita. Per la prima volta la visibilità di un divo della tv, di un film famoso; avere la visibilità della guerra in Palestina. Le solite foto della guerra dove ci sono tutti quegli uomini che gridano imbracciando il fucile, levandolo in aria.
Che poi lì non sembrava tanto grasso. E la giacca a vento rossa gli stava davvero bene, sulla foto in prima pagina.
La sera prima della foto era a curare il fuoco del Santo, Sant'Antonio, in una piazza del paesino. Una lunga bancarella coperta da un telo continuava a sfornare salsicce e costolette per mano del macellaio, improvvisato cuoco per la festa. L'odore e lo sfrigolio del grasso riempivano la tenda trasparente, il telo di plastica, con fumate calde e invitanti. Tanti erano ancora lì, ma al fuoco non c'era più nessuno tranne lui. Pioveva. Tutti stanno sotto la tenda quando piove.
Ma M no. M curava il fuoco. Stava in piedi, divorando un panino ormai fradicio, guardando serio le fiamme che sviluppavano disegni di un istante nell'aria nera e ventosa. La facciata della chiesa sembrava viva.

“Guizzare”, una parola che gli veniva in mente.
Il macellaio ubriaco lo prendeva sempre in giro. M era stufo, ma non trovava mai la parola giusta da dire per rispondere. Gli sarebbe piaciuto avere i riflessi di Lorenzo, il figlio della sua vicina. Quello sì che avrebbe saputo dargli una lezione.
Nell'articolo di giornale Lorenzo dice “Lo conoscevo da una vita”.
Dice “Un gesto imperdonabile, non abbiamo parole”.
Quindi anche Lorenzo s'era meritato una prima pagina. Non tanta quanto M, diciamo un dieci per cento di quanta ne occupava M. Concediamo un cinque per cento abbondante.
M curava il fuoco, e la gente alle sue spalle lo prendeva un po' in giro.
Ogni tanto M andava a prendere i bancali rotti dietro le transenne, e li lanciava nelle fiamme per tenerle vive. Il fuoco, quando c'era M, era perfetto.
Nell'articolo di giornale il macellaio dice “non l'abbiamo più visto dopo il botto”.
Nell'articolo di giornale, la vedova Bianchi dice “una scena raccapricciante”.
Tutti con una piccola percentuale di prima pagina.
Dopo un po' la gente dentro la tenda trasparente si era dimenticata di M, che lanciava i bancali una volta ogni venti minuti. I bancali sollevavano stormi confusi di scintille e lapilli, che sfrigolavano nelle pozzanghere.
Il fuoco colorava le goccioline di pioggia fredda che cadevano sulla strada, sulle transenne, sui bancali, sui resti del panino di M, sul badile appoggiato al muro, sulle biciclette legate ai paletti.
La gente nella tenda beveva vino rosso dolce, e chiacchierava di quanta pioggia c'era.
M, poco dopo, aveva impugnato il badile e s'era messo a correre agitandolo, nel buio lontano dal fuoco.
Sulla foto della prima pagina si vedeva ancora il segno del lapillo che gli aveva bucato la giacca a vento. Un pezzo di fuoco duro, arancione, che quasi gli arrivava in mezzo al sorriso. Per fortuna aveva solo bucato il colletto.
Sull'articolo di giornale, il maresciallo dei carabinieri “accorsi prontamente sul posto”, dice “non aveva mai dato nessun segno di pazzia”.
I ragazzini facevano la seconda media. Erano a cena in una pizzeria, poco distante. Era il compleanno di uno di loro, Dario. Nella pizzeria qualche famiglia silenziosa, luci gialle e rosa. Dario aveva preso una quattro stagioni e una coca.
Nell'articolo, la madre di Dario non dice niente.
E' come se sulla prima pagina non ci fosse. Come se non le interessasse.
Dario sembrava il bambino di “Mamma ho perso l'aereo”.
La pioggia scrosciava nel fuoco, quando un'esplosione spaventò M a tal punto da gettarlo per terra. Qui, il lapillo quasi in faccia. Qui, lo sguardo di M a vedere dei passi veloci di ragazzini in fuga.
Lo sguardo di M a cercare il badile appoggiato alla facciata della chiesa.
“Bastardi”, una parola che gli veniva in mente.
Gigi, un amico di Dario, dice “era uno scherzo”.
Matteo, un altro amico di Dario, sul giornale dice “avevamo riempito di polvere da sparo un ovetto delle sorprese”.
Tutti con una piccola percentuale della prima pagina.
Poi la storia la sapete. Leggetevi il giornale.
M ha spaccato la nuca di Dario.
Il giornalista dice “ennesimo atto di pazzia nella provincia”.
Nella foto sulla prima pagina, M sembra sorridere. Una grossa faccia sorridente, appiccicata sopra una giacca a vento rossa con un buco nel colletto.

Giosuè Cremonesi