Il rapinatore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Il rumore lo svegliò dopo che era riuscito a prendere sonno da pochi minuti. Imprecò, si tolse la coperta da sopra la testa e fece per accendere la luce; poi si rese conto che nella stanza c'era una luminescenza giallina e sottile, e che riusciva a distinguere gli oggetti. Ma fuori dalla finestra era ancora buio: sembrava che qualcuno avesse acceso una lampadina piccola e fioca.
Non ci pensò un attimo: aprì il cassetto del comodino ed estrasse la pistola. Si guardò meglio intorno e lo vide, fermo in un angolo: un tipo dai capelli lunghi, con un vestito chiaro. Lo stress della giornata era stato fin troppo: era scampato a una rapina nel suo negozio di gioielliere proprio quella mattina, aveva passato la giornata dai carabinieri, ed era in ogni caso stanco della gentaglia che popolava il suo quartiere e delle forze dell’ordine che non erano in grado di tener loro testa.

E adesso anche questo capellone, che diavolo voleva? Decise in un lampo che avrebbe invocato la legittima difesa: e sparò.
Non ci furono urla né sangue, solo il tintinnio di qualcosa che cadeva a terra. La luce fioca si fece più intensa, passò dal giallo chiaro al bianco accecante e infine al rosso via via più cupo. Nella girandola di colori ebbe appena il tempo di vedere l'aureola caduta sul pavimento quando aveva sparato all'angelo: poi sentì caldo, sempre più caldo, e non ebbe neanche il tempo di formulare il semplice pensiero "mio Dio, che cosa ho fatto?", perché Dio era lì, e la Sua ira stava già scendendo sopra di lui.

Elisabetta Antichi