Lo specchio dell'anima

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

Non appena l’abominevole rito fu ultimato e gli astanti di quell’incestuosa congregazione ebbero invocato per la terza volta il suo nome, segnandosi la fronte, accadde l’inenarrabile.
La terra all’improvviso fu squarciata da un boato orripilante.
Un’aberrante cacofonia sotterranea risuonò sinistra nell’immane navata senza tempo di quel luogo blasfemo. Sembrava provenire da insondabili distanze, direttamente dall’inferno.
Il baluginio dei ceri disposti intorno all’altare parve affievolirsi al crescere di quell’incessante battito di ali d’incubo che, lo si percepiva chiaramente, sembrava avvicinarsi sempre più.
Lo sconcerto fu tale che fummo sul punto di oltrepassare il cerchio, tracciato col sangue del neonato appena immolato, quando un pozzo nero immane si materializzò al di sotto dell’altare inghiottendo l’arcaica lastra marmorea dall’orrorifica grafia onciale su di essa scalfita.
Non oso tentare di descrivere quell’oscena, immonda parodia di vita amorfa che di lì a poco la terra avrebbe vomitato.
Era un miscuglio di tutti gli orrori trascendenti i limiti dell’umana comprensione.
L’aberrante, demoniaca materializzazione di tutto ciò che l’uomo non dovrebbe mai osare nemmeno immaginare.
L’informe ritratto della dissoluzione, della putrefazione, della decrepitezza, della blasfemia fece capolino oscenamente da quel fetido pozzo senza fondo.

E fu a quel punto che successe il pandemonio.
Dalle urla strazianti, disumane, indicibili che seguitarono quell’inconcepibile abominio riuscii a distinguere a mala pena quelle che hanno permesso di ricostruire fedelmente quanto avvenne.
E solo ora comprendo perchè RAHOUART, il demone da noi insistentemente invocato, non abbia soffermato il suo immondo sguardo su di me, come per tutti gli altri.
Il “Divoratore di Anime” si nutre dell’essenza stessa della vita, l’anima, suggendola direttamente dagli occhi... lo specchio dell’anima.
Spero sia così, altrimenti non riesco proprio a spiegarmi il perché io sia stato l’unico ad esserne uscito vivo, proprio io che sono, fra le tante ad aver preso parte all’invocazione, l’unica persona non vedente.

Carmine Cantile