Incubo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2006 - edizione 5

La punta della matita scorreva lenta, la mano che la teneva scarabocchiava svogliatamente sul foglio immacolato, dove svettava in rosso un titolo che sembrava grondare sangue. La ragazza si strofinò gli occhi e la scritta tornò della solita scrittura sottile e corsiva. L’ultima cosa che vide furono gli occhi ipnotici della sua nuova e strana compagna di banco. E mentre tutto il resto scompariva lei restava lì con lei. Con la pelle diafana e i capelli neri come l’ala di un corvo sembrava la Morte. Se l’era sempre immaginata così... Bellissima e letale. Un sorriso inquietante le stirava le labbra rosse come il sangue. C’era qualcosa di sbagliato in lei.
Stava parlando. Silenzio. Ascolto. No, sta cantando. Senza parole. Agghiacciante. Raccapricciante. Un terrore cieco la invase. Sente la paura attanagliarle il cuore e le membra.

Viscidi, gelidi tentacoli la intrappolano, la bloccano in quel sogno diventato incubo; la guarda intensamente, la tiene incatenata con quel suo sguardo che riflette ombre di morte e sangue, uno sguardo che di umano ormai non aveva più niente. Non riesce a urlare, a parlare. Paralizzata e inerme. Lei la guarda. E scopre i denti. Lunghi. Appuntiti.
Si sveglia.
Ormai non c’è più nessuno. Solo lei che la guarda. Era un sogno. Un maledettissimo sogno. Il cuore le martella nel petto. Continua a ripeterselo come un mantra. Un sogno, solo un sogno. I suoi capelli brillano bluastri nella luce al neon. Le viene incontro. Lei è reale! La abbraccia stretta come per sincerarsi che fosse vera. Ha la pelle fredda al tatto. Non le sente battere il cuore. Una lacrima scivola lenta lungo la sua guancia. I vampiri non esistono!
Lei ridacchia sommessamente. E le affonda i denti nel collo.

Laura Locatelli

Studentessa al 5° anno delle superiori, liceo socio psico-pedagogico, scrivo nell'inserto dell'Eco di Bergamo, il giornale della mia città, amo leggere e cucinare.