I burattinai

Il piccolo paese era in festa per la ricorrenza annuale del nuovo raccolto, e per l’occasione in una notte una piccola compagnia teatrale di burattinai fece ingresso dalla porta principale della città. Un carro di medie dimensioni tutto colorato e dalle allegre scritte era l’unico mezzo della compagnia. I componenti erano ancor meno di quanto si pensasse, due uomini di mezza età e con ognuno di loro una menomazione fisica. Uno era zoppo, l’altro aveva una gobba enorme che lo costringeva a camminare chino. Lo zoppo sembrava più giovane dell’altro di qualche anno, ma dava l’impressione di aver qualche rotella fuori posto visto che ogni tanto si buttava in terra e prendeva a mangiare ciò che gli capitava a tiro. Anche fosse stata merda di cane. Il gobbo invece aveva tutta l’aria di chi comandava, poiché era quello che gridava di più, e che ad ogni suo imprecare faceva schizzare lo zoppo come una scheggia.
I due sistemarono il piccolo teatrino in legno in un piccolo angolo della piazza centrale, attirando l’attenzione dei pochi passanti incuriositi. Specie dei bambini che tiravano le madri.
Quando finirono di allestire il teatrino in legno, ed ebbero sistemato alcune sedie d’avanti, presero entrambi a richiamare i passanti invitandoli al loro primo spettacolo. Spettacolo che si svolse la sera stessa dinanzi ad un piccolo pubblico formato da bambini sorridenti e divertiti. C’erano anche alcune madri che accompagnavano quelli più piccoli. Lo spettacolo era divertente, e i burattini indossavano piccole vesti tutte colorate. Qualcuna tra le madri notò il volto dei burattini, erano interamente pitturati di un bianco sporco con degli occhi, anche questi pitturati, di un azzurro acceso.

Ma avevano qualcosa di strano, sembravano, al di là dei colori, dei visi tristi che contrastavano alla grande con il contesto goliardico. Lo spettacolo finì, e il piccolo pubblico fu ringraziato dallo zoppo e dal gobbo che avevano prestato la loro voce ai burattini. Con un sorriso seguito da uno strano ghigno i due uomini, accennando un inchino, scomparvero dietro il loro carro. Fu allora che uno dei bambini più grandi che aveva assistito allo spettacolo notò una cassa che sporgeva dalla porticina posteriore del carro, dentro la quale era entrati i due uomini. Aveva intravisto poi i due riporre nella stessa cassa i burattini utilizzati durante lo spettacolino.
Un grido straziante ruppe il silenzio notturno del paese. Una donna era nel vicolo che piangeva ed urlava, non trovava più il suo bambino che aveva partorito due settimane prima.
Si ripeté la stessa cosa due notti dopo e così un’altra ancora. Tre giovani madri piangevano disperate la scomparsa dei loro piccoli bambini scomparsi improvvisamente nel nulla.
I padri e altri uomini allora organizzarono delle squadre per ritrovare i piccoli. Controllarono tutte le case, i vicoli, i fossati, i pozzi... ma nulla, dei tre piccoli non ci fu traccia. L’unica cosa che restava da controllare era il carro dei due burattinai, anche se alcuni tra i cercatori dubitava un loro coinvolgimento all’accaduto. Loro regalavano felicità ai bambini, di certo non avrebbero mai fatto una cosa del genere.
Intanto i due burattinai inscenarono altri spettacoli, diversi uno dall’altro con nuovi burattini colorati diversamente. Fu durante uno di questi spettacoli che una squadra di cercatori, passando vicino al carro vide la cassa che sporgeva dalla porticina. Entrarono nel carro, e subito furono avvolti da un puzzo nauseabondo. Su un tavolino giacevano i fili con cui si tirano i burattini e un paio di tenaglie. Ma ciò che colpì la vista del manipolo di uomini fu uno di quei burattini appeso per i fili ad un gancio affisso nel legno. Non indossava uno di quei vestiti colorati, non aveva il viso pitturato di bianco sporco e non aveva gli occhi azzurri disegnati. Aveva sì degli occhi, dei piccoli occhietti, ma erano chiusi. Il viso era di un rosa quasi cianotico. I fili spuntavano dalle manine, dai piccoli gomiti, dalle ginocchia, dai piedini e da dietro la testolina con qualche accenno di capelli sottili. Da qui piccoli rivoli di sangue scorrevano lenti fino a gocciolare e raccogliersi in una bacinella di ferro posta sotto. Uno degli uomini cadde sulle ginocchia davanti al burattino appeso, aveva in viso una smorfia di terrore e disperazione che sfociò in un pianto straziante. Quello davanti a lui non era un vero burattino, ma era un vero bambino... era suo figlio, uno dei tre che erano scomparsi. Un altro del gruppo aprì la cassa e quasi svenne vedendo che vi giacevano i corpi di altri due piccoli bambini, i quali indossavano ancora le vesti colorate e avevano il viso bianco sporco e gli occhi colorati di azzurro. Gran parte del puzzo poi proveniva da lì visto che c’era un brulicare di vermi che fuoriuscivano dai buchi sulle vesti colorate.
Intanto si udivano le risate, gli applausi e le voci allegre dei due burattinai che stavano inscenando lo spettacolo, e l’intuito generale del gruppo di cercatori portò a capire che gli altri due bambini scomparsi, ora resi burattini, stavano intrattenendo il pubblico divertito.

Giuseppe Maraffino