Gioco di ruolo

I bracieri ai lati del corridoio di pietra diffondono quel poco di luminosità sufficiente a mostrarmi una via di fuga. Mi guardo intorno. Il pavimento è lurido, c’è sangue dappertutto. Il mio petto, la mia spada, anch’essi sono completamente macchiati.
Adesso sono ansioso, anche se il lavoro è stato compiuto. Mi gira la testa.
Noto qualcosa sul pavimento. Una mano. Probabilmente è di qualcuno di loro.
Di colpo mi ritorna in mente tutto ciò che è successo. Ora devo fuggire, e in fretta!
Con affanno tento di raggiungere la porta in fondo al corridoio. Mi guardo alle spalle, non li vedo. Per fortuna sono ancora lontani.
Con tutte le forze che mi rimangono in corpo raggiungo il portone di legno. Gli assesto un calcio poco al di sotto della serratura. Lo spalanco. Entro in un’altra stanza. È piccola, il soffitto è basso, le colonne e gli archi sembrano spessi e robusti.
Ho pochissimo tempo. Sento i passi alle mie spalle.
I miei occhi puntano la porticina in penombra di fronte a me. Scatto verso di essa in un baleno. Tento di afferrare la maniglia...
SLAM!
La porta si spalanca in un istante, prima che potessi raggiungerla. Ne vengono fuori altri tre di loro. Sono armati. Faccio un balzo all’indietro, mi volto.
Il sangue mi si gela nelle vene.
Anche gli altri, quelli che mi inseguivano, mi hanno raggiunto.
Dannazione. Sono in trappola.
Uno di loro grida.
«Getta a terra la spada, o non avremo pietà!»
Poco importa, non l’avrebbero avuta comunque.
Non ho scelta.

Afferro la spada. Carico il primo che ho davanti.
Mi vede, tenta di schivarmi ma non ci riesce. Il mio fendente gli lacera il petto. Cade a terra come una foglia secca.
Ne ho due di fronte, tre alle spalle.
Scatto verso il lato sinistro della stanza, tento di fuggire. Uno dei due resta stupito della mossa, l’altro invece intuisce la mia strategia e corre verso il portone. È ciò che faccio anch’io. Corro verso di lui ed affondo la lama nel suo stomaco. Mi sputa sangue sul volto.
Ritraggo l’arma.
Argh!
Non respiro più. Uno di quei maledetti mi ha preso. Sento il freddo della lama penetrata nel mio fianco. Sussulto quando quel miserabile la ritrae. Mi lacera la carne. Il caldo del sangue mi corre copioso sulla gamba.
Mollo la spada. Sono debole.
È finita...

 

Non voglio morire!

 

Spalanco gli occhi. La luce del sole penetra dalle fessure della persiana della mia camera. Mi guardo attorno, gli occhi ancora impastati dal sonno agitato. La mia fronte e la mia schiena sono umide di sudore, le coperte sono solo un groviglio indefinito.
Un sogno, penso. Solo un sogno! Eppure era così reale...
La sessione in notturna di ieri mi ha sconvolto, devo staccare un po’ la spina da questi giochi di ruolo... Sono la mia passione, certo, ma arrivare a sognarli la notte...
Smetto di pensarci. Scosto via le lenzuola e poggio i piedi per terra per alzarmi.
Umido. Il pavimento è bagnato.
Mi tiro su. Osservo.
Sangue.
Il pavimento è completamente coperto di sangue!
Con orrore tento di infilare le ciabatte.
Il mio piede, però, urta qualcos’altro...
Una mano.
Probabilmente è di qualcuno di loro.

Luca Colandrea