Il silenzio non è una lingua

Fino a dieci minuti prima del primo bacio Vanessa pensava che un uomo che t'invita per un gelato il sabato pomeriggio era uno sfigato. Bel ragazzo, non si discute, alto, occhi di un colore tra il verde e il blu, capelli neri e corti, bel fisico, però sempre uno sfigato. Anche al bar, aveva continuato nel coltivare quel pensiero.
Lui guardava il gelato alla cioccolata che si scioglieva nella panna e vi disegnava un delfino e lei pensava "Ma che cazzo di delfino e delfino!... sfigato".
Le parlava dell'ultimo video degli Editors e lei pensava: "E chi cazzo sono gli Editors!... sfigato". Le parlava di stelle, animali, poesie, videocamere digitali... e lei continuava a pensare "sfigato... sfigato... sfigato... sfigato...".
Diciamolo subito: quel giorno Vanessa era intenzionata a trovarsi un uomo! E con questo sfigato, la cosa pareva più o meno possibile come il fatto che le crescessero le ali, la coda e un rubinetto d'acciaio zincato sulla fronte.
Intendiamoci... non che fosse una leggiadra troiettina due caipiriñe e quattro capriole ... ma quel giorno... si, voleva esserlo... e poteva fare anche a meno delle due caipiriñe!
Un po' perché era l'ultimo dell'anno.
Un po' perché aveva chiuso una settimana prima una storia inutile con un tizio inutile in cui l'unica cosa da salvare era il fatto che fosse finita.
Un po' perché tutte le amiche erano a Cortina... prenotato un mese fa... sei maschi e sei femmine... chalet un po' isolato... una cassa di superalcolici... divertimento assicurato... bla bla bla... insomma non era il caso di aggiungersi...
Un po' perché quel tipo... Franco (pure il nome, da sfigato!) le piaceva parecchio...
Oh certo... forse era un po' precipitosa... Lo aveva incontrato solo un paio di volte... in libreria e quelle due volte che l'aveva incontrato... erano ieri! Quando lui aveva cominciato a dirle "Senti... ti andrebbe." con quel tipico tono che è già una domanda completa prima di arrivare in fondo alla frase. Vanessa lo precedette: "Sì, mi andrebbe!"
"Allora ci troviamo alle tre domani, qui davanti!"
"Scusa?... Sì ok, alle tre..."
Vanessa era troppo confusa per obiettare che a lei sarebbe andata... una serata... comunque gli aveva fatto capire che casa sua era libera... e che lei era single... . Insomma... magari il bel Franco (sfigato!) aveva in mente un serata da prendere con la rincorsa.
Nel dubbio indossò quello che avrebbe dovuto se la serata fosse stata quella prevista qualche giorno prima. Un corpetto di pizzo nero con finiture bordeaux che le strizzava i seni rendendoli più grossi di quanto già non fossero, coprendo a malapena i capezzoli; una camicetta bianca con un taglio a metà strada tra il casual e l'elegante; la gonna nera svolazzante di farfalline che copriva appena il ginocchio e, sotto gli stivali, delle autoreggenti rosse da brivido. Le mutandine rosse con il sedere alla brasiliana (sia le mutande che il sedere) a completare la confezione di quel suo viso angelico, la carnagione chiara dentro ai boccoli biondi e intorno alle labbra sottili.
"Mi scusi... lei si chiama per caso Vanessa?" Le disse Franco fingendo di non riconoscerla.
"Sfigato..." pensò Vanessa sorridendo.
E poi davanti al gelato caldo (squisito!) pensò: "sfigato..."
In sala giochi a far fuori zombie (che schianto di gioco!) pensò: "sfigato..."
Staccando tutti gli interruttori di un condominio (che scherzo bestiale!) pensò "sfigato..."
Fino a dieci minuti fa. Quando passando vicino ad una casa buia, in una viuzza che non conosceva nemmeno, le disse: "Ti va di entrare qui?" E senza aspettare risposta la trascinò con delicatezza verso una porta blindata... aprì con la chiave ed entrarono...
Dopo il primo bacio, Vanessa, non pensò più la parola "sfigato", e la sostituì, totalmente con la parola "uau!"!
Pensò "uau!" quando si sentì baciare lungo l'intero collo, con i brividi che scendevano fino ai piedi e risalivano.
Pensò "uuauu!" quando da dietro si sentì sbottonare piano la camicetta e la vide volare lontano... verso il tavolo.
Pensò "uuaauu!" quando si sentì sfilare la gonna e gli stivali con una delicatezza fuori dal comune, senza litigi con la lampo e discussioni con le fibbie.
Pensò "ohhhh!" quando si ritrovò seduta sopra un divano, sistemato in mezzo alla stanza, larghissimo, da potersi distendere completamente anche se seduta sul bordo.
E non pensò più a nulla, aldilà di quello che stava facendo, quando si sentì sfilare le mutandine, ormai fradice, e le vide volare lontano, vicino agli altri vestiti.
Era rimasta in autoreggenti e corpetto, distesa, con le gambe leggermente schiuse ed una striscia regolare di peli schiacciati sul monte di venere, che riprendevano pian piano a rialzarsi. Non riuscì a pronunciare una sola parola, e anche i pensieri, dopo quell'ultimo "ohhhh" erano partiti per chissà dove. Vanessa era rimasta solo corpo. Bianco e sensibilissimo corpo. E non le dispiaceva affatto.
Vide il suo uomo spogliarsi mentre indietreggiava verso la parete. Quando spense la luce, gli erano rimasti addosso solo i boxer neri, attillati, con una inequivocabile sporgenza. Poi fu il buio. Ma un buio pesto, silenziosissimo. Non si sentiva un solo rumore. Niente musica. Niente ticchettii d'orologio. Niente automobili che passavano in strada. Niente botti da capodanno. Niente, se non il fruscio del suo respiro e dello strusciare delle sue natiche e della schiena sui cuscini. Dall'esterno non trapelava il minimo rumore. Non c'era differenza fra il tenere gli occhi chiusi o aperti e Vanessa non poteva fare altro che ascoltare e percepire.
Ascoltare il fruscio dei boxer lungo le gambe.
Ascoltare il respiro di lui che si avvicinava.
Percepire un striscia di tela che le passava attorno al polso sinistro.
Ascoltare i suoi passi attorno al divano.
Percepire la stessa tela che le immobilizzava l'altro polso, lasciandola a braccia aperte.
Ascoltare i passi di lui che si allontanano e si riavvicinano.
Percepire le sue mani sulle ginocchia, che le spingevano piano, mentre lei le assecondava.
Percepire un'altra striscia di tela, che dopo aver ruotato attorno al ginocchio sinistro, ricompariva dall'altra parte, spalancandole le gambe, e facendo in modo che non potesse riavvicinarle, se non di pochi centimetri.
Forse solo in quel momento e per un istante, Vanessa realizzò di trovarsi in una casa sconosciuta, indossando solo delle autoreggenti rosse e un corpetto, eccitata come mai le era capitato, completamente immobilizzata, con i seni che fuoriuscivano per metà, il sesso spalancato e in balia di un attraente sconosciuto. E proprio nell'attimo in cui una parola che assomigliava ad una vago e flebile "no..." andava costruendosi nei suoi pensieri... arrivò l'uragano che la travolse, definitivamente e senza più possibilità di ritorno: la punta della lingua di lui sfiorò il suo sesso ormai gonfio, madido e pulsante.
Il piacere fu rapido e veemente e squassò il corpo di Vanessa quasi immediatamente.
Non era certo la prima volta che il suo sesso veniva leccato... ma ciò che la stava facendo esplodere erano i suoni! Non si era mai resa conto di quanto il silenzio totale potesse racchiudere e rinchiudere... Con la complicità del buio riusciva a cogliere ogni suono, ogni frusciare della pelle contro il divano, ogni spinta della lingua nel suo sesso, ogni goccia di saliva. Riusciva ad ascoltare il suo respiro che si faceva ansante, le gambe che si rilassavano e spalancandosi regalavano suoni umidi e appiccicosi.
Dopo alcuni minuti non fu più in grado di ricordarsi tutte le volte che il piacere la inondava, scuotendola per tutta la lunghezza del corpo.
Quando era così sensibile da non poter essere nemmeno sfiorata sentiva le labbra di lui rallentare...
Il continuo fermarsi e ricominciare la portarono a tendere tutti i nervi ed i muscoli del suo corpo immobilizzato, finché sfinita... senza mai essere stata penetrata... cominciò a sentire male alle braccia e alle gambe... e fu proprio a quel punto, che si rilassò e s'addormentò, quasi all'istante.

 

Si svegliò... come si era addormentata... con le braccia e le gambe completamente spalancate...
A svegliarla era stato di nuovo il piacere, entrato in un sogno e trasformatosi nel suo risveglio... Quando aveva dormito? Pochi minuti? Poche ore? Una notte intera?... Vanessa non lo sapeva. Sapeva solo di essere ancora immersa nel buio e che quel rumore di lingua dentro al suo sesso continuava a farla impazzire. Quell'ansimare... quella saliva che le colava fra le cosce, assieme ai suoi umori... Forse si era riposata parecchio... o forse troppo poco, quel che era certo è che quella lingua le sembrava ancora più agile di prima. La sentiva precipitare dentro, in profondità, e risalire sul clitoride, per poi aggirarlo e spingerlo. Spalancò le gambe il più possibile e venne, con un rantolo violento... che quasi la spaventò... lasciandola a contorcersi piano... dentro alla stanza che tornava silenziosa. La lingua si era allontanata per un attimo dal suo sesso... gonfissimo e quasi dolorante... restava solo un ansimare rapido e rumoroso. Fu allora che distintamente, sentì abbaiare.

Raffaele Serafini