Isole

Conoscevo un uomo che sognava di diventare un'isola. Ora conosco un'isola che sogna d'essere stata un uomo.
La vedi? No, certo che non la vedi. In questo periodo è sempre avvolta dalla nebbia, là al centro del lago. È una foschia strana, che sembra calare dalle cime dei monti, come le acque gelide dei mille ruscelli di ghiacciaio. Scendono rapidi e si fondono tutti in quello specchio piatto e limpido, che le pietre racchiudono da secoli, immutabili.
Il lago. Nelle giornate più chiare, quando la nebbia si alza, puoi ammirare la sua profondità, così grande e misteriosa. Splende sotto il sole e le sue acque di cristallo diventano nere, a mano a mano che gli occhi vi affondano. E sono fredde, molto fredde, anche in piena estate.
Ricordi? Era così anche quando salimmo quassù per la prima volta, tanti anni fa. Il lago, circondato dalle vette dei monti, e la foschia posata su di esso, come una nuvola scesa troppo in basso, che non sa più ritrovare la strada. L'isola di cui ti parlo si trova proprio lì, in mezzo al grigio indistinto. Tu non l'hai mai potuta vedere, ma io sì. Io che sono tornato qui molte volte, da allora, io che ormai ho scelto di vivere da solo, in questo luogo in cui il cielo sembra più vicino.
È un'illusione, lo so, ma mi è sempre piaciuto sognare. Sono fatto così.

Una volta ti raccontavo i miei sogni, le mille e mille immagini che popolavano le mie notti. Ma tu non mi hai mai ascoltato molto, così ho smesso. Adesso sono molto più forti, sogni così concreti e vividi da diventare quasi realtà. O forse sono stati gli anni a logorare a poco a poco quel confine, sbiadendo le linee più nette, fino a perdere tutto in un grigio vago.
Grigio come quella nebbia, sospesa laggiù, attorno all'isola. A volte si alza e allora puoi vedere.
Che cosa? Niente di particolare, niente che possa lasciarti a bocca aperta, per la meraviglia e lo stupore. Non è un'immagine da cartolina, di quelle che ti piacevano un tempo. Non è neppure una cosa che valga una foto, perché sarebbe una scena molto squallida. Uno scoglio, o poco più. Solo un cumulo di pietre, che spunta smarrito verso il centro del lago. Ha una forma strana, sì, e dall'alto assomiglia un poco a una stella. Ma qui, dalla riva, non ti appaiono che grigi sassi, umidi e muti.
Hanno una storia, una storia da raccontare, che forse è solo una leggenda di queste montagne, o il sogno fatto da qualcuno, tanto tempo fa. Qualcuno che non ha più un nome, proprio come non ha un nome l'isola in mezzo al lago. Lo scoglio in mezzo al lago, se preferisci chiamarlo così. Ma non ti arrabbiare e rimani ad ascoltare ancora un poco. Forse ti ricorderà qualcosa.
C'era un uomo che viveva quassù, fino a poco tempo fa. Io l'ho visto, gli ho parlato. Mi raccontava la storia di una persona solitaria, che girava per queste montagne e fuggiva ogni altro essere umano. Un tipo strano, che si smarriva sempre nei suoi sogni e nelle sue visioni, oscillando sul confine tra sanità e pazzia. A quei tempi non c'era ancora la nebbia sul lago e non c'era neppure l'isola.
Come è possibile? Non lo so. In fondo, non è che una leggenda, una storia da raccontare nelle sere d'estate, quando ci si raccoglie tutti assieme e si parla, per passare il tempo e non sentire il silenzio del mondo. A ogni modo, c'era l'uomo solitario, un po' pazzo, e il lago era vuoto.
E di notte, quella persona sognava sempre la stessa cosa. Di diventare un'isola. Sognava di entrare nell'acqua del lago, come per farsi una nuotata. Arrivava vicino al centro, mentre il cielo era buio, e lì si fermava, sdraiandosi sulle onde. Faceva il morto, come si dice. Osservava le stelle, ascoltava la pace dei monti, respirava l'aria fredda e pulita. Nient'altro.
E a un certo punto, nel sogno, succedeva qualcosa. Il suo corpo cresceva, diventava più pesante, più rigido, sembrava sprofondare negli abissi del lago, fino a sfiorarne il fondo. Eppure continuava a rimanere in superficie, i suoi occhi vedevano ancora il cielo. Poi arrivava una nebbia ad avvolgere ogni cosa, scivolando pacata su di lui. Solo allora si svegliava.
Era così ogni notte, sempre la stessa cosa, come se la sua mente non sapesse immaginare altro. Gli si era incantato il disco? Sì, se vuoi metterla così: era rimasto bloccato su quella visione. Perché in essa c'era qualcosa di vero, qualcosa di naturale. Un sogno assurdo, certo, eppure si agitava dentro di lui, lo scuoteva, gli scorreva nel sangue. Forse in esso si rappresentava tutto ciò che aveva sempre cercato e inseguito. O forse chi lo sa.
E una volta sognò più forte di ogni altro essere umano, oppure credette davvero a ciò che vedeva. E attraversò il cancello di corno, per diventare realtà. Il mattino dopo, l'alba sorprese una nuova isola, proprio in mezzo al lago. Quell'ammasso di pietre che ora si nasconde dietro la nebbia. È da allora che la foschia ha cominciato a scendere dai monti e a posarsi sulle acque. A volte si alza, a volte resta placida al suo posto. Proprio da allora.
È solo una leggenda, una storiella per bambini. Hai ragione. Ma quella persona, l'uomo che me l'ha raccontata, aggiungeva sempre qualcosa, un altro tocco di soprannaturale, o di fantasia. Ed è che quando la nebbia ricopre l'isola, a volte si può incontrare una strana figura, da queste parti. Non è che una vaga ombra, come uno spettro, o il ricordo di un essere umano. Si aggira nei paraggi, fermo sulle rive del lago, oppure cammina lungo le montagne, dove un tempo viveva in solitudine.
Dicono che sia il sogno dell'isola, il riflesso della persona che fu un tempo, prima di divenire pietra e terra in mezzo alle acque. La foschia che vedi ora davanti a te, che galleggia lieve sulla superficie del lago, non è che il sonno di quello scoglio sassoso. Divertente, vero? Nessuno ci crede, in fondo, ed è solo una delle leggende che si raccontano ai turisti, per fare più bello questo luogo. Non che ce ne siano poi molti, di turisti. Ma è meglio così.
Capisci ora perché mi affascina tanto? Un uomo che sognava di diventare isola, un'isola che sogna di essere ancora uomo. E la nebbia, in mezzo ai monti. Cosa può esserci di più bello, cosa potrebbe stimolare la mia fantasia, più di quanto non lo faccia una leggenda come questa? Non lo so, forse nulla. E rimane ancora qualcosa, che quella persona mi disse e che adesso ti ripeterò.
A volte lo possiamo incontrare. Intendo l'uomo che è diventato isola: a volte si ferma a parlare con quelli che passano, racconta loro la sua storia. E forse è proprio così che anch'io l'ho imparata. Dal suo spettro. Non ti sembra buffo? Quando era un essere umano, inseguiva la solitudine e sognava di essere pietra, un oggetto inanimato. Ora che è un'isola, sogna di tornare indietro e di parlare con gli altri, di essere carne di nuovo. Assurdo, non ti pare? Eppure è così: che grandiosa ironia!
Ma ora basta, non voglio annoiarti troppo. Lo vedo che queste mie chiacchiere non ti interessano; tu fingi di ascoltarmi e intanto pensi ad altro, al mondo concreto che è rimasto laggiù, ai piedi delle montagne. Queste storie vanno bene per quelli come me, i sognatori solitari, che fuggono gli altri e si ritirano come eremiti, nei luoghi più isolati.
Lasciami dire ancora una cosa. Ricordi John Donne? Lo studiavamo a scuola, in un'epoca che ora sembra lontana mille secoli. Scriveva che nessun uomo è un'isola, ma si sbagliava. È il contrario.
Non siamo che isole, arcipelaghi uniti solo dalle onde che si rimbalzano dall'una all'altra, prima di perdersi nel vuoto oltre l'orizzonte. Quella persona non fa altro che sognare la stessa cosa. Da uomo a isola, da isola a uomo: cosa cambia? È una strana allegoria, un'immagine in cui egli ha creduto con tanta forza da renderla concreta. Fantasia, sogno: ma come ogni leggenda, racchiude in sé una realtà. Si è trasformato, ma non è mutato tanto. Forse lo capirai.
Guarda. La verità è là sotto, nascosta dalla nebbia.
Aspetta ancora un poco, tra non molto si alzerà. Potrai vederlo coi tuoi occhi. Quello scoglio, quel misero ammasso di pietre, che un tempo fu un essere umano. E che ancora lo è, nei suoi sogni.
Ma io devo andare. Non posso più restare qui con te, a chiacchierare come facevamo una volta, in un passato che ormai ha smesso di avere senso. Il mio tempo è scaduto, tra poco mi sveglierò.
Tra poco si sveglierà e i confini cadranno. Vedrai il mio vero volto.
Quando si alzerà la nebbia dal lago e l'isola cesserà di sognare.

Adriano Marchetti