La Morte e il Cavaliere

Molti secoli fa, in un regno lontano, circondato da alte montagne e da impenetrabili foreste, viveva una bellissima Principessa. Tutti i giovani nobili del regno, stregati dai suoi occhi azzurri come il cielo d'estate, speravano un giorno di prenderla in moglie, ma lei non li badava e preferiva trascorrere le sue giornate in giro per prati e boschi.
E fu proprio durante una delle sue passeggiate che un giovane Cavaliere la notò e se ne innamorò al primo sguardo.
Purtroppo sapeva di non avere nessuna possibilità: egli era di nobili origini, ma non gli era rimasto nulla dei vasti possedimenti appartenuti alla sua famiglia. Molti anni prima, durante una guerra, suo padre era stato fatto prigioniero e aveva dovuto pagare un forte riscatto per la sua libertà; tornato a casa, in breve tempo venne spogliato degli ultimi suoi averi ad opera degli altri nobili, calati come avvoltoi su un animale morente. Poco tempo dopo il genitore morì e il giovane Cavaliere fu costretto a servire come stalliere nel castello di un potente Barone: ogni giorno portava il cavallo del suo padrone a fare lunghe galoppate per mantenerlo in forma in vista di future battaglie.
Dopo aver incontrato per la prima volta la Principessa usciva ogni giorno con il desiderio di rivederla ancora e spesso la seguiva non visto tra gli alberi.
Un giorno arrivò al castello del Barone un araldo del Re che annunciò che il sovrano aveva indetto un grande torneo, al vincitore del quale sarebbe andata in sposa sua figlia.
Nel regno fervevano i preparativi per l'evento e il giorno stabilito giunsero da ogni parte cavalieri con armature lucenti in sella a bellissimi destrieri; arrivò anche il giovane Cavaliere in sella ad un vecchio cavallo e armato solo di una spada e di uno scudo, tutto ciò che possedeva.

Vedendolo arrivare gli altri nobili scoppiarono a ridere e il consigliere del Re lo apostrofò: < Dove credi di andare? Questo torneo non è aperto ai pezzenti, tornatene da dove sei venuto!>
Il giovane Cavaliere cercò di protestare, ma rinunciò non appena gli si fece incontro un gruppo di guardie armate di tutto punto. Sconsolato, si fece strada tra la gente che lo scherniva e si fermò poco lontano, deciso almeno a vedere chi avrebbe sposato la Principessa.
Squillarono le trombe ed il torneo ebbe inizio: a due a due i cavalieri dalle lucenti armature si scontravano tra le urla degli spettatori e il clangore delle armi, mentre agili scudieri correvano avanti e indietro per portare soccorso ai propri padroni sconfitti.
Alla fine della giornata solo un uomo era rimasto in sella: era il vincitore.
Si tolse l'elmo decorato con lunghe piume e avanzò al passo verso il palco dove si trovavano il Re e la Principessa, mentre la luce del tramonto, riflessa dall'armatura, spandeva intorno raggi dorati.
Stava per prendere la parola quando un tuono squarciò il silenzio colmo di ammirazione e un'improvvisa folata di vento strappò i vessilli reali dalle loro aste; come un solo uomo, spinti da una forza misteriosa, tutti si voltarono verso una bassa collina che sovrastava il campo.
Sulla sua sommità c'era un altro cavaliere che si stagliava nel sole morente: indossava un'armatura nera con intarsi d'argento e montava un enorme destriero del colore delle notti senza luna.
Lo straniero scese lentamente dalla collina e si portò di fronte al palco reale.
< Voglio partecipare, ne ho diritto!> Disse con una voce profonda come un abisso.
< Non avete nessun diritto! Il vincitore del torneo è già stato deciso> intervenne il consigliere del Re. < Voi...>
Non finì la frase perchè il cavaliere dall'armatura nera lo guardò con occhi di fuoco e gli puntò contro l'indice, senza dire nulla: il consigliere strabuzzò gli occhi e cadde a terra, con i capelli divenuti completamente bianchi.
Tutti fecero istintivamente un passo indietro, mentre il cavaliere nero parlò di nuovo: < Nessuno può impedirmi di prendere la Principessa, fra tre giorni io ritornerò e lei verrà con me! Non provate ad opporvi a me, o cavalcherò per tutto il vostro misero regno seminando la distruzione!>
< Non riuscirai a farlo!> Disse il Re. < I miei cavalieri te lo impediranno!>
< Che ci provino pure! Ma finora nessuno è mai riuscito a sconfiggermi, perchè io sono la Morte!> Rispose il cavaliere.
Detto ciò girò il cavallo e allontanandosi sfiorò con la mano il vincitore, che fece una smorfia e cadde a terra privo di vita. Mentre la Morte si allontanava, la Principessa scoppiò a piangere e si accasciò sul sedile.
Il Re, disperato, si rivolse ai suoi cavalieri con la voce rotta dal pianto:< Miei nobili, vi chiedo di proteggere mia figlia con il vostro valore. Aiutatemi,vi prego!>
I presenti si guardarono l'un l'altro, timorosi di dover affrontare un avversario così temibile, che senza nemmeno toccarlo aveva ucciso il più valoroso tra loro.
< Lo farò io! >
Si girarono nella direzione dalla quale erano giunte le parole e videro il giovane cavaliere; il suo sguardo era duro e nei suoi occhi non c'era la minima ombra di paura.
< Affronterò la Morte da solo, se non c'è nessun altro disposto ad aiutarmi. Vi chiedo però un'unica cosa: datemi l'armatura migliore che gli artigiani del Regno siano capaci di forgiare.>
< Sei molto coraggioso, la tua richiesta sarà esaudita. > Rispose il Re. < Ti prometto che se riuscirai nell'impresa ti ricoprirò d'oro e sarai nominato primo tra i miei vassalli.>
< Grazie Maestà, ma l'unica cosa che desidero è sposare la Principessa vostra figlia, se anche lei lo vorrà.>
Il Re, rincuorato dalle parole del giovane, ordinò ai servitori di riportare sua figlia al castello e di far preparare ai fabbri più abili l'armatura più resistente mai forgiata. La Principessa venne condotta nelle sue stanze e affidata alle ancelle, che la fecero stendere sul letto e le portarono delle tisane di erbe per farla calmare. Il giorno seguente l'armatura era pronta, visto che numerosi artigiani avevano lavorato per tutta la notte nelle loro fucine, forgiando il metallo: era ricoperta da lamine d'oro che imitavano le scaglie di un invincibile dragone e l'elmo, finemente lavorato, riproduceva il muso del terribile animale.
Indossata la corazza e cinta al fianco la spada, il giovane Cavaliere venne condotto dal Re in persona nella camera della Principessa; alla vista della giovane che giaceva a letto addormentata, il ragazzo promise a se stesso che avrebbe sacrificato la sua vita pur di impedire alla Morte di portarsela via. Rimasto solo con lei, tirò fuori dal corpetto una rosa rossa che aveva raccolto nel giardino del castello e che aveva tenuto vicino al suo cuore mentre formulava la sua promessa e la infilò delicatamente tra i capelli della Principessa. Poi si mise in piedi di fronte al letto e aspettò.
Passarono due giorni senza che succedesse niente, ma la terza notte tutto cambiò: a mezzanotte il cielo venne rischiarato da un bagliore innaturale e subito si oscurò di nuovo, mentre grosse nuvole nere avanzavano verso il castello come un esercito lanciato all'attacco sul campo di battaglia.
Il rombo di un tuono spezzò il silenzio e una delle grandi finestre della stanza si aprì di colpo, lasciando entrare la Morte in sella al suo enorme cavallo nero, i cui occhi rossi ardevano come fiamme.
< Sei un giovane coraggioso, non pensavo che qualcuno avrebbe osato opporsi a me. Potrei spazzarti via alzando solamente un dito, ma questa volta mi batterò lealmente per onorare il tuo valore. Comunque mi porterò via anche te, non ne uscirai vivo!> Disse la Morte.
< Ho giurato che ti avrei impedito in tutti i modi di prendere la mia Principessa e farò di tutto per mantenere questa promessa! Forse riuscirai ad avere la mia vita, ma questa sarà l'unica cosa che sarai in grado di portare via con te!> Rispose il Cavaliere sguainando la spada.
La Morte scese dal suo cavallo ed estrasse a sua volta la spada, che uscendo dal fodero sibilò come un serpente velenoso; era una figura imponente e il giovane sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando vide i suoi occhi, che contenevano l'infinità del Tempo.
Il Cavaliere partì all'attacco con un rapido fendente, che però venne parato senza difficoltà dall'avversario.
Il duello proseguì accanitamente, ma nessun colpo era ancora andato a segno; ad un tratto però il giovane perse l'equilibrio urtando una panca e la Morte lo colpì alla spalla destra.
Lo spallaccio andò in pezzi e il Cavaliere sentì un dolore bruciante, mentre la pelle si raggrinziva e si seccava. Un secondo colpo si abbattè sulla gamba sinistra, mandando in frantumi il cosciale e facendo cadere il giovane in ginocchio, perchè la gamba non aveva ormai più forze.
La Morte si avvicinò brandendo la spada al di sopra della testa, pronta a dare l'ultimo fendente, ma il Cavaliere, con un tentativo disperato, la colpì con la punta della lama in pieno petto.
< Sparisci per sempre!> Urlò.
Il metallo si piegò come un fuscello e la Morte, con un ghigno orrendo, sferrò un pugno sul volto del giovane, mandandolo a sbattere contro la testiera del letto sul quale giaceva la Principessa.
Il terribile urto fece volare via l'elmo, rivelando il volto del Cavaliere: la pelle liscia della piena giovinezza era ormai solcata da profonde rughe e perfino i suoi capelli scuri erano divenuti bianchi come la neve. Il sangue sgorgava copioso da una crudele ferita sotto l'occhio e con esso se ne andavano rapidamente tutte le energie del coraggioso: in cuor suo sapeva di non poter più resistere e che presto sarebbe arrivata la fine.
Lentamente, quasi gustando l'agonia del nemico, la Morte gli si avvicinò e lo afferrò alla gola con una mano dalla morsa d'acciaio, sollevandolo. Senza fretta, le dita si stringevano sempre di più attorno al collo.
Il Cavaliere annaspò sentendo la mancanza d'aria e cercò di aggrapparsi disperatamente a qualcosa; improvvisamente la mano destra si strinse intorno ad un oggetto sottile.
Istintivamente, facendo appello ai suoi ultimi istanti di vita, colpì alla cieca il nero avversario con ciò che stringeva nel pugno; nello stesso momento il suo cuore si fermò.
Un grido di rabbia e di dolore fece tremare il castello dalle fondamenta: la rosa che si trovava tra i capelli della Principessa era penetrata profondamente tra lo spallaccio e il pettorale dell'invincibile armatura della Morte.
Questa barcollò verso il suo cavallo e montò in sella con grande sforzo, mentre il delicato fiore appassiva e diveniva polvere. Lanciando un poderoso nitrito, il nero animale fece un balzo fuori dalla finestra e scomparve nella notte con il suo padrone.
Il mattino dopo il Re e i suoi cortigiani, ancora intimoriti e con gli animi oppressi da tristi presagi, entrarono nella stanza: la Principessa era tranquillamente addormentata e per terra giaceva il corpo di un vecchio Cavaliere vestito con l'armatura dorata, vicino ad un mucchietto di polvere.
Sul volto del vecchio si poteva leggere la sofferenza, ma nonostante ciò le sue labbra erano atteggiate ad un sorriso.
La Principessa era salva.

Marcello Zorzetto