Patè

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Arrivai alla villa gotica dietro la necropoli al tramonto; intorno soltanto melma. Picchiai al portone di ferro battuto.
- Madam Isabelle, la stavamo aspettando. - mi accolse lo scheletrico domestico in saio nero.
Lo seguii nell’enorme salone: pareti rosse, mattonelle di marmo scuro, mobili nascosti da lenzuola candide schizzate di rosso.
- Abbiamo tinteggiato le pareti. - mi spiegò il servitore irritato dal mio sguardo curioso.
- Mister Mortimer l’attende al piano di sotto. Sente il suono del suo violino? Stia attenta a non cadere lungo la scalinata. - mi raccomandò l’inquietante individuo sulla porticina aperta del seminterrato, sparendo nell’attimo in cui scrutai nella semioscurità della gradinata delineata da ceri funebri. Scesi nella sala da pranzo piena di candelabri. Mortimer mi salutò in tutto il suo pallore stringendomi le mani tra dita ghiacciate. Ci accomodammo al tavolo d’ebano.

- Sono qui per pregarti di sottoporti alle analisi: nostra figlia Emma ha la leucemia; se tu fossi compatibile... - gli dissi piangendo. Mortimer mi porse il suo purpureo fazzoletto: lo gettai via urlando di ribrezzo, era zeppo d’animosi bianchicci vermi. Il servo sbucò dalla cucina con due ciotole. Mortimer arrabbiato gli gridò: - Zaro, sei un idiota! Quante volte devo raccomandarti di non portare il bucato al cimitero? - poi rivolto a me: - Perdona l’inconveniente, Isabelle. Assaggia la zuppa di Zaro. - La brodaglia era slavata e di sapore dolciastro stomachevole.
- Farai le analisi per Emma? - gli chiesi speranzosa.
- Non posso. - reagì impassibile.
Ad un tratto una grossa falena marrone svolazzò nella stanza: Mortimer, nello slancio di scacciarla si batté l’orecchio destro che si staccò cadendogli nella scodella. Svenni.
Qualche sera più tardi fu festa alla villa e tutti i cadaveri ambulanti accorsi si congratularono con il terribile cuoco Zaro: - Squisito questo paté d’Isabelle! -

Antonietta Terzano