Metà uomo, metà pesce

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

La campagna mi guardava. E sembrava dirmi: - torna a casa, cosa ci fai qui, non sai che puoi incontrare la creatura?

 

Io ero lì per quello.
Se n’è sempre parlato di quel mostro, di quell’essere spaventoso metà uomo, metà pesce, che vive nel fiume ed esce una volta all’anno per mangiarsi i bambini.

 

Papà, ho paura. Non lo voglio più vedere.

 

Il mio bambino, quella sera, non era tornato a casa. Era andato al fiume e non era più rientrato.
Sapevo che non era una leggenda. Noi contadini non amiamo inventare storie, quando si tratta dei nostri figli. Se qualcuno aveva visto un mostro, allora il mostro ci doveva essere.
Anche il mio bambino l’aveva visto, giocando con gli amici.

Papà, ho avuto tanta paura. Camminava in modo strano.

 

Arrivai al fiume a mezzanotte. L’acqua era immobile, come un’immensa macchia d’inchiostro, guardinga e silenziosa.
La legnaia abbandonata si specchiava come un tempio inutile e solitario. La creatura era lì, ne ero certo. L’odore di pesce, si sentiva, insistente, in tutta la zona. Entrai senza torcia, conoscevo bene la legnaia.

 

Papà. Non voglio più vederlo.

 

Avanzai al buio, silenzioso. Quando mi fermai, sentii il suo respiro. Il mostro era lì. Un sibilo che si gonfiava e sgonfiava, come un enorme polmone malato. Mi avvicinai. Il suo fiato mi strinse, soffocante.

 

Papà, uccidilo. Ho tanta paura.

 

Mi avvicinai ancora. Il respiro si fermò un istante, poi riprese, più ruvido e malato. Quando fui certo di essergli a un passo, alzai la scure e colpii. Una, due, dieci volte, finché quel sibilo cessò.

 

Bravo, papà. L’hai ucciso!

 

Poi ci fu un lampo, che illuminò la legnaia. Solo allora vidi i pezzi del mio bambino sparsi per terra.
Non vidi, però, che nel suo volto inerte, si aprivano delle enormi branchie.

G.F.