La sindrome di Dagon

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

- La notte mentre dormo, sento il brulicare di quelle creature nelle profondità del mare. Nel sogno si accorgono di me e iniziano a darmi la caccia mostrando i loro denti appuntiti- finì di allacciarsi la tuta e controllò la pressione all’interno delle bombole d’ossigeno.
Elisa si accese una sigaretta, avrebbe voluto gettarsi lei in mare da quanto la sua pazienza era giunta al limite.
- Buttati pure se vuoi. Non troverai che la morte là sotto-
- Dagon esiste-
- Dagon non esiste! Sono solo racconti-
- Se non c’è niente tanto meglio ma io ti assicuro che là sotto c’è il loro Impero e se nessuno li fermerà un giorno emergeranno e si nutriranno della razza umana-

- Sei malato! Cosa crederesti di fare tu, da solo?-
- Devo annientare la Regina... e ora è meglio che vada, voglio che la luna sia ancora alta nel cielo perché mi faccia luce negli abissi- sollevò dal fondo della barca una pietra legata ad una lunga corda e la lanciò in acqua. Si legò l’estremità libera intorno alla caviglia sinistra, indossò la maschera e afferrò il coltello.
- Loro non sospettano minimamente che un umano stia per fargli visita-
Le baciò la fronte.
- Vattene da qui appena puoi-
- Sta tranquillo, non ho alcuna intenzione di aspettare il tuo cadavere-
La corda giunse alla fine della corsa e lui venne trascinato in acqua.
- Non avrei mai dovuto regalarti Lovecraft- disse lei mentre una lacrima le scivolava sul viso.
Un mezzo volto verdastro e squamoso scintillante di riflessi lunari emerse dal mare in attesa.
- Uccidetelo subito ma non fatelo soffrire...-
Quell’umano mi piaceva ma non potevo permettere che scorrazzasse nel nostro Regno la notte in cui la Regina darà alla luce il figlio di Dagon.

Fulvio Pera