Il temporale

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Mi ero alzato per bere. Ero tornato a letto e non riuscivo a riaddormentarmi per via del temporale. Succedeva sempre dalla notte in cui sotto il diluvio avevo investito quell’uomo uccidendolo. Mi ripetevo che col tempo avrei dimenticato.
Guardavo compiaciuto la mia donna che dormiva accanto a me e cercavo di riprendere sonno. Ad un tratto la sentii agitarsi. Il suo grido mi fece sobbalzare. Un grido isterico, convulso.
Con il cuore in gola mi avvicinai.
“Amore che succede?”
“Ale, non muoverti! C’è un uomo!” gridò lei.
“Piccolina, stai calma! Vieni qui, lasciati abbracciare...”
“No Ale! È lì che ci guarda! Accanto all’armadio! Non lo vedi!?”
“Tesoro, ma che dici?” le sussurrai con dolcezza, mentre con lo sguardo seguivo la direzione dei suoi occhi spalancati e atterriti. Non c’era nessuno, non c’era nulla.
“Amore, avvicinati a me... calmati adesso” le dissi, dopo averla stretta al mio petto, “hai fatto un sogno, solo un brutto sogno”.
“No Ale... non stavo sognando. Io l’ho visto” mi disse con voce ferma.
Sentivo il suo cuore martellarmi il petto mentre aspettavo che lentamente si addormentasse.

Continuavo a sentire il terrore delle sue grida.
Ripercorsi con la mente gli attimi precedenti.
Avevo bevuto, ero tornato a letto, non riuscivo ad addormentarmi, la guardavo compiaciuto... la guardavo dormire. Nel buio dei ricordi si materializzò il suo viso... focalizzai: aveva gli occhi aperti, fissi verso l’armadio. La sua voce, seppur rotta dal terrore, era decisa, lucida.
Non era stato un sogno.
Non riuscii a chiudere occhio fino al mattino.
Al suo risveglio le chiesi se avesse dormito bene e lei placidamente rispose di sì. Non ricordava nulla.
Accesi la luce e notai che in terra, accanto all’armadio, c’era una pozza d’acqua.
Lei era uscita per andare a lavoro. Pioveva a dirotto.

 

Non tornò mai più.

Valchiria Pagani