La notte dei morti viventi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Una delle cose che odio quando vado al cinema è trovarmi dietro a uno spilungone, che ti costringe a vedere il film a oscillazioni. Quello che avevo davanti quella sera era alto almeno due metri, puzzava di carne putrefatta e aveva la pelle del volto penzolante, come una lurida carta da parati su un muro vecchio. Tutto sommato, non era neanche combinato male. L’uomo seduto al mio fianco, per esempio, era privo di un occhio e di parte della calotta cranica, tanto che potevo scorgere gli ultimi rimasugli di cervello. Tutti gli spettatori erano combinati più o meno allo stesso modo. L’unico sano, il più bello se volete, ero io: il solo uomo al mondo a non essere diventato uno zombi. La cosa strana, però, è che nessuno dei morti viventi sembrava avesse voglia di mangiarmi.

Non ne so il motivo: forse perché nella vita non ho mai fatto nulla d’importante, una vita praticamente vuota, come quella di uno zombi. Ecco, i morti viventi mi vedevano come uno di loro, questo è quello che penso. Quella sera, manco a dirlo, c’era in cartellone “La notte dei morti viventi”. Ci crediate o no, avevo visto tutti gli altri film della saga di Romero, tranne il primo mitico episodio, non potevo perderlo! Allora, dissi al ragazzone decomposto di spostarsi, lui si girò lentamente e mi fece: «Ahuf». Insistetti, strattonandogli la spalla e quel movimento gli fece perdere un orecchio, che mi cadde dritto sulle ginocchia.
«Allora ti sposti?»
Lui neanche si girò, emise una specie di grugnito, mentre nello schermo era già in corso la prima scena.
«Occupa un altro posto!» gli urlai. Niente, non volle sentire ragioni. Così presi la mia 44 Magnum, gliela piantai sulla nuca e premetti il grilletto. Avete mai visto un film attraverso un buco? Io sì.

Sergio Di Girolamo