Play-Death-Boy

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Indossai i guanti in lattice e, brandendo il bisturi, riuscii ad aprire venti centimetri dallo sterno all’ombelico.
Le mani tra le frattaglie squittivano, non riuscivo a trovare quel dannato diamante! Lacerai lo stomaco. Immerso nei succhi gastrici, galleggiava ancora lo scalpo biondo e stopposo di Jennifer. Gettai quella chioma indigesta e untuosa nella pattumiera. Sciacquai il corpo squartato, rinfrescai con aria compressa. L’intestino pendeva da un lato come un cadavere, decisi di reciderne tre metri e lanciai il tutto nella padellina intrisa d’olio, cipolla e curry, Gin avrebbe sicuramente apprezzato quel piatto speziato! Dovevamo fidanzarci ed a cena le avrei donato quel diamante come pegno del mio amore. “Nulla! Eppure quella ricca verginella l’aveva al collo quando...”
“Toc-Toc!” Suturai in fretta la ferita con ago e filo gridando “Arrivo, cara!”
Era bellissima, il suo unico occhio era felice di vedermi mentre piccoli vermiciattoli marroni si divoravano nell’altra orbita cavernosa.
“Cosa facevi, caro?”
“Operavo!... forse da vivo ero un chirurgo!”
Le salsicce erano ottime.
“Produzione propria!” le mostrai la ferita fresca sotto lo smoking.
“L’hai fatto per me?” M'imbarazzò, avrei voluto fare di più, donarle quel diamante ma quando mangiai Jennifer fui ingordo e...
“Sei sexy con quella ferita!”
Anche se ero un play-death-boy tossii ugualmente dalla vergogna e, come per incanto, il diamante schizzò via dall’esofago saettendo rapido fino ad incastonarsi nell’orbita di Gin. Il suo sguardo illuminò la stanza.
“Mio Dio, io... ti amo!” gridò togliendosi i vermetti spiaccicati sulla guancia. Quindi si spogliò. Il suo seno era violaceo e rugoso: magnifico! Era tanta l’eccitazione che un liquido giallo e purulento le sgorgò dalla pancia. Illuminati dalla caratura del diamante facemmo sesso con quello che rimaneva dei nostri corpi. “Che femmina insaziabile!” Dopo diciotto ore finsi un orgasmo ma avevo di nuovo fame, riposi il diamante e... la sbranai.

Luca Guardabascio