Quella mattina, alle porte di Troia

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

E' finita! Non c’è davvero più niente da fare. Tra qualche istante uscirò dal mio nascondiglio e colpirò con la mia spada fino a quando non cadrò, inevitabilmente sconfitto.
E pensare che fino ad un paio di giorni fa pensavamo di averli sconfitti. Anni e anni di guerra, la mia Troia assediata, per nulla al mondo avremmo ceduto le nostre terre ai greci. E a pensarci bene, forse, non saranno loro a trionfare questa mattina.
Perché, è evidente, tutto finirà questa mattina.
Sembra impossibile che solo ieri potessimo aver pensato di aver vinto. La battaglia del giorno prima, centinaia di greci uccisi, la spiaggia ridotta ad un cimitero. E proprio quel cimitero sarà la causa della nostra distruzione.
E ancora stamattina, all’alba, quando abbiamo trovato quell’enorme cavallo di legno... “che stupidi!” abbiamo pensato “come possono credere di fregarci così?”. Era fin troppo evidente che quella costruzione enorme brulicava di soldati.

“Li freghiamo” ci siamo detti “li facciamo fuori ad uno ad uno, come formiche.” Abbiamo aperto la pancia del cavallo e man mano che i soldati greci poggiavano piede a terra, i nostri hanno cominciato ad infilzarli, uno per volta.
Poi, inaspettatamente, ho visto le facce dei nostri sbiancare ed i primi soldati troiani cominciare a cadere. C’è voluto un po’ prima che iniziassimo a renderci conto che i greci colpiti dalle nostre spade non facevano altro che rimettersi in piedi e ricominciare ad avanzare verso la porta aperta delle mura, straziando e dilaniando i nostri uomini terrorizzati e inermi. Era già troppo tardi quando abbiamo capito che non avremmo mai potuto uccidere quella massa di soldati barcollanti che si riversava all’interno delle mura di Troia. Era ormai troppo tardi quando ci siamo accorti che stavamo cercando di uccidere uomini già morti da tempo e terribilmente affamati di carne troiana.

Gabriele Farina