Banchetto di lusso

Nessuno, grazie al cielo, pareva osservarlo.
Ovvero, uno dei pochi tizi scheletriti, conciati da bassista punk in cuoio nero, di quel maledetto ricevimento radical-chic.
No, ragazzo, stai andando fuori di brutto, ora.
Frankie che barcolla ubriaco verso un tavolo, e lì i gamberetti in salsa rosa altro non sono che centopiedi variegati che si scuotono tra le foglie di lattuga; i peperoni piccanti assumono le sembianze di fasciole epatiche.
Chiede per il cesso, deve bloccare il fiotto di sangue che gli piscia a pezzi, dal naso.
Pareti tappezzate di quadri che sono solo bubboni pestilenziali e bestie grame da trip dell’orrore.
Frankie ci lascia la bile, l’anima, in quel cesso di lusso.
Più tardi (non so quanto), mi svegliai che stavo ancora abbracciato alla tazza del water, per i continui conati.
Fu il bianco splendente delle piastrelle di quel cesso ad abbagliarmi, svegliandomi, una volta per tutte, da quel torpore.
Già, e soprattutto il contrasto che le candide piastrelle producevano, se paragonate alla pozza del mio stesso sangue orale, sulla quale avevo appoggiato la testa poco prima.

Sara Palladino