Essere invisibili

Adesso, dopo tutti questi anni di indifferenza e umiliazioni, fingono di essere preoccupati per me, per le mie strane abitudini, e per la trasformazione che diventa ormai evidente nel mio aspetto. Ma so che in realtà hanno paura, perché sanno che non potranno sentirsi sicuri, dovunque si trovino, e dovranno temere la mia vendetta, quando avverrà il cambiamento. A volte alzo la cornetta e li sento parlottare a mezza voce, descrivendo i sintomi ai medici che mi sono rifiutata di incontrare, da quando mi sono auto-segregata a chiave in camera mia settimane fa. Hanno cercato di forzare la porta, ma io ho minacciato di sgozzarmi con il coltello rubato in cucina. Questo li ha fermati, perché hanno paura di essere incolpati dalla polizia. Così ora vengono solo per lasciare del cibo fuori la porta, che io recupero nelle mie sporadiche missioni a tarda notte, quando sono sicura che dormano.

 

Sono nuda davanti allo specchio del mio armadio. Il mio corpo è come uno strato di veli che pian piano sto scostando, strappando con le mie rinunce, lunghe ore di meditazione, vita ascetica. Dall’ultimo emergerà la mia vera essenza e un nuovo potere, il colore venuto dal nulla che è negato ai deboli occhi umani. Già lo vedo formarsi dentro i miei seni penduli, scurire e corrodere i miei capezzoli, sbuffare come liquido vapore dal mio sesso. Già intravedo, dietro la pallida maschera, una nuova entità.

 

L’ultimo velo sta per scostarsi, ma finché il mutamento non si completi posso ancora essere alla loro mercè. E così per illuderli di avere ancora tempo per fermarmi li tengo buoni, lasciando ogni mattina il vassoio vuoto davanti la porta, mentre il cibo imputridisce sulla scrivania con un odore dolciastro, e loro delirano al telefono con i medici di adolescenza difficile e di anoressia.

 

Mi stanno chiamando. Non rispondo. Urlano, bestemmiano e danno colpi.
Quando sfondano la porta li fronteggio dando le spalle alla finestra con un sorriso di sfida. Ridacchio mentre si inginocchiano gemendo intorno al bozzolo vuoto abbandonato sul pavimento. Mi accosto a loro non vista né udita.
L’ultimo velo si è scostato, la metamorfosi è completa, e ora sono come ho sempre voluto.
Invisibile.

Vincenzo Barone Lumaga