Non per me

So solo che non può essere vero, so solo questo, ma so anche che sembra dannatamente reale. I lampioni sono accesi, i semafori lampeggiano, eppure è giorno, eppure il sole brilla in cielo, sono perso in un sogno o il mondo si è preso una pausa?
Macchine vuote, motorini in terra, nessuno.
Questa è Termini, il piazzale antistante è silenzioso, autobus vuoti, con le porte aperte. Roma non è mai stata così. Cosa succede? Cammino verso la Basilica di Santa Maria Maggiore, comincio a sudare, non c’è vento, il caldo opprime.
Ora la sento, mi comincia ad assalire, l’ansia si rende protagonista in uno sfondo di staticità assoluta. Vedo dei citofoni sulla mia destra, cominciò a suonarli con fare maniacale, sembro un pazzo, forse sono pazzo perché senza ragione spacco il finestrino di una macchina con il mio gomito, perdo sangue, suono il clacson, ancora e ancora, urlo come una bestia in gabbia (non sono io) ma qualcuno mi sentirà, tutto questo è assurdo, questo deve essere un sogno, che fa male però, il braccio sanguina vistosamente vedo.
... sento un fischio, un attimo non è un fischio, forse un megafono che si accende, avete presente quel suo rumore caratteristico? Ma non vedo nessuno. Che ci faccio qui? Dove ero prima di svegliarmi nel piazzale della stazione?
Un flash. Ma non è una foto da sorrisi, è un ricordo. Doloroso.
Un laboratorio. Il mio bisogno di soldi. Un nuovo virus testato nelle mie vene.

Ora ricordo... forse l’effetto è finito... devo chiedere aiuto, sto bene almeno fin ora... mi deve aiutare qualcuno.
Quel megafono parla, dice qualcosa e subito spuntano uomini sui tetti e nella strada, sono al centro della carreggiata fra i binari dei tram, vedo un uomo che riprende con una telecamera. Anche un elicottero ora, sento il rumore delle pale, ma non lo riesco ad intravedere nel cielo quadrato di Roma limitato dai palazzi. E’ un attimo. Vedo fucili puntati su di me, sono cecchini... abbasso la testa, sento la fredda mano della morte indicare la strada, plumbea, buia, nera.
Ma non per me.
Non so cosa sono diventato, ma quegli uomini sui tetti, sono gli unici ad essere ancora vivi, fra poco li raggiungerò e mangerò anche loro.

Cesare Coticoni