Come si prepara un buon caffè

Si possono capire molte cose da come uno prepara il caffè. Lui ormai era abituato alla precisione. Versava l’acqua nel serbatoio fino al livello esatto, senza che dai buchi del filtro tracimasse una goccia, riempiva il filtro della quantità giusta di caffè, senza schiacciarlo con il cucchiaino, riavvitava la caffettiera stringendola con forza e metteva la moka sul fornello, acceso rigorosamente al minimo. Aveva dovuto imparare. Da quando era stato licenziato sua moglie era diventata ancora più insopportabile e lui, sia per la dipendenza economica che per il timore fisico (era una donna giunonica, quasi il doppio del marito come corporatura), aveva preferito assecondarla in un rassegnato silenzio.
"Guarda qua, hai ancora spanto il caffè. Sei un incapace". Era entrata in cucina seguita da Pinky, lo yorkshire scodinzolante che non lasciava mai da sola la sua "mamma".
"Buongiorno, cara."
"Buongiorno un cazzo. Visto che devo lavorare anche per te almeno fai qualcosa a casa, no?"
L’uomo pulì con uno straccio umido i pochi granelli di polvere bruna che erano rimasti sul bordo del lavandino.
"Vuoi un po’ di brioche, Pinky? Ecco, ma solo un pezzettino. Sei contenta, eh? Ma quanto vuoi bene alla tua mamma? È buona la tua mamma, vero?"
L’uomo sorrise sciacquando la caffettiera con acqua e sale. Perché è così che si lava la moka, non bisogna mai usare detersivo, rovina il sapore del caffè, dopo. Era un sorriso strano, quello di stamattina. Non rassegnato. No, piuttosto era soddisfatto e rilassato. Gli angoli della bocca gli si alzarono ancora di più appena sentì i rantoli della donna provenire dalla sala da pranzo. Immaginava che si stesse tenendo la gola con le mani. Meglio non andare di là, si disse, meglio aspettare che l’arsenico che aveva mescolato alla polvere di caffè facesse effetto.
Prima di sera aveva già finito. Non avrebbero mai trovato il cadavere. Tra qualche giorno sarebbe andato a denunciare la scomparsa. Non avrebbero sospettato di lui, di quell’uomo mite e remissivo angariato dalla moglie. Avrebbero pensato che lei se n’era andata con qualcun altro. Dopo sei mesi sarebbe stata considerata ufficialmente scomparsa. E dopo cinque anni il tribunale avrebbe dichiarato la sua morte. Poi avrebbe potuto incassare l’assicurazione sulla vita. Intanto gli bastavano i loro risparmi. Una fortuna che lei gli avesse lasciato almeno la firma sul conto bancario. Che sospettassero pure di lui, poi, tanto non avrebbero mai trovato il corpo, e senza corpo non avrebbero potuto accusarlo di omicidio. Semplice ma perfetto. Guardò l’orologio. Si era fatto tardi. Si era dimenticato di Pinky. Aprì il freezer e tolse un sacchetto di carne, la mise in una padella e la riscaldò per alcuni minuti. “Pinky”. Il cagnolino arrivò scodinzolando. Lui mise la carne nella ciotola. Pinky la divorò in pochi secondi.
"Hai mangiato tutto? Brava, Pinky. È buona la mamma, vero?"

Pierluigi Porazzi