Girotondo sulla neve

La palla di neve sibilò vicino al suo orecchio, poi si schiantò, frantumandosi in mille cristalli gelati sul tronco di un abete.
<<Cretino! Non così! Non dobbiamo mica ammazzarci!>> sbraitò Daniele alla volta di Michy che teneva serrata nel guanto un’altra munizione pronta al lancio.
Con la mano libera Michy si alzò il berretto di lana dagli occhi: <<Scusa, non l’ho fatto mica apposta! M’è scappata bassa!>> terminò quasi piagnucolando.
<<Ti cola il naso - disse con aria schifata Daniele, liberandosi dalla neve che gli si era appiccicata alla giacca - e vedi di stare più attento. Potevi rompermi il naso cribbio.>>
Michy aprì la mano lasciando che la palla scivolasse pesantemente nella neve gelata.
<<Forse sarebbe meglio cambiare gioco.>> si limitò a commentare.
Daniele si portò le mani alla bocca, alitandoci sopra: una densa nuvoletta bianca si espanse nell’aria.
Si strinse nelle spalle, incoraggiando il brivido di freddo che lo stava attraversando.
Davanti ai suoi occhi un manto bianco e immacolato aveva cancellato il paesaggio, sommergendolo sotto a più di cinquanta centimetri di neve compatta e dura. Quella mattina la mamma gli aveva detto che una nevicata del genere non si vedeva dal ’76.
L’aria era pungente e tutt’intorno regnava il silenzio più assoluto, come se ogni cosa, persona o animale si fosse immobilizzata nell’attimo in cui il primo fiocco aveva toccato terra.
Ovviamente la scuola era stata chiusa e così, dopo che la mamma aveva infilato a lui e Michy strati di maglioni, calzettoni e giacche imbottite, avevano avuto il permesso di uscire per toccare con mano tanta meraviglia. La mamma aveva fornito loro anche precise indicazioni su quello che era possibile fare, e su quello che invece era assolutamente proibito, pena grosse privazioni quotidiane.

Di quelle che solitamente fanno la differenza tra un bambino triste e uno felice.
Alcune di quei divieti erano stati già infranti: Michy era zuppo dalla testa ai piedi e probabilmente si sarebbe buscato un raffreddore da cavallo, si erano inoltrati nel bosco e infine per un pelo non si era fracassato la testa contro un albero saettando con lo slittino a velocità pazzesca giù da un dirupo.
<<Potremmo arrivare alla radura.>> suggerì all’improvviso Teo rompendo il silenzio ovattato che era sceso fra loro.
Michy tirò su rumorosamente col naso: un grosso moccolo gli penzolava allegramente dalla narice destra, arricchito da piccoli cristalli gelati; le guance erano paonazze e gli occhietti tremendamente arrossati.
Daniele lo ignorò, quindi si rivolse al compagno di scuola: <<Se lo sapesse mia madre, mi proibirebbe la televisione per una settimana di fila.>>
<<Bé, se è per questo, penso che nessuno qui farebbe la spia - rivolse un’occhiata sospettosa a Michy - vero?>>
Michy tossì, quindi si affrettò a ribattere: <<No, no. Niente spia.>>
<<Bene, perché anche mio padre ha promesso di suonarmele di santa ragione se solo mi avvicino. Chissà perché la fanno tanto lunga. I miei non vogliono nemmeno che venga nel bosco. Figurarsi la radura!>>
<<La mamma dice che là ci sono i fantasmi.>> sussurrò Michy giocherellando con un guanto.
<<Ma va là!>> sbruffò Teo.
<<Te lo giuro! L’ho sentita questa mattina mentre ne parlava con papà!>> saltò su Michy, facendosi ancora più rosso in viso.
<<Moccioso, smettila di raccontare balle.>> gli urlò contro Daniele.
<<E’ vero! E’ stato dopo che ci ha detto che potevamo uscire. E’ tornata in cucina e l’ho sentita dire a papà che era preoccupata perché aveva paura che avremmo disubbidito e...>>
<<... e il lupo ci avrebbe mangiati tutti?>> fece eco Teo.
<<... saremmo venuti qui. E che questo, dopo la nevicata del ’76 è un brutto posto per dei bambini e...>>
<<... e che gli spiritelli del bosco ci avrebbero rapiti? Michy se non fossi un marmocchietto...>>
<<Aspetta Teo - intervenne Daniele - la mamma ha detto proprio così? Ha parlato della nevicata del ’76?>>
<<Giuro.>> rispose Michy portandosi gli indici incrociati alla bocca e assumendo un’aria solenne <<Ha detto proprio così: “I fantasmi di quei poveretti morti là sotto”. >>
<<Non vorrai berti questa storiella? Va bene per i poppanti!>>
Daniele rimase in silenzio: quella mattina quando la mamma gli aveva parlato della nevicata del ’76, aveva notato qualcosa di strano nel suo sguardo. Qualcosa che al momento gli aveva fatto pensare alla paura. Ma per quale motivo avrebbe dovuto averne?
<<Si potrebbe davvero farci un salto. In fondo non è lontano da qui. Saranno dieci minuti di cammino sì e no. Che ne dici Teo?>>
Teo volse lo sguardo al cielo: una distesa nivea ed omogenea sovrastava le loro teste. Probabilmente avrebbe nevicato ancora, forse di lì a poco. Provò un vago senso d’oppressione. Come accidenti gli era venuto in mente di proporre una passeggiata fino alla radura?
Sentiva le gambe affaticate e pesanti come piombo, la faccia e le mani congelate, come trafitte da mille aghi acuminati, senza considerare che l’ora della merenda si stava avvicinando, annunciandosi con un tumultuoso brontolio dello stomaco.
E poi c’era la faccenda dei fantasmi: ora che ci pensava meglio gli pareva d’averla già sentita quella storia.
Rabbrividì.
L’idea d’essere solo un marmocchio cacasotto lo spronò.
<<Se proprio ci tieni - iniziò cercando di formulare la frase in maniera tale da non risultare né codardo né acceso sostenitore dell’impresa - possiamo anche andarci. >>
Non soddisfatto del risultato aggiunse: <<Oppure possiamo tornarci un’altra volta, ho paura che Michy si sia buscato un raffreddore.>>
Daniele rivolse lo sguardo al fratellino: <<Sarà fortunato a non beccarsi una polmonite. Aspettami un attimo qui, lo accompagno fino allo steccato e poi torno indietro.>>
Teo lo guardò perplesso: <<Vuoi lasciarlo andare da solo? Non sarà mica pericoloso?>>
Daniele afferrò Michy per il bavero: <<Senti marmocchio vedi di non mettermi nei guai con la mamma. Dille che sei tornato a casa perché avevi fame e che io sono al parco. Non raccontarle che sono qui o quando torno a casa ti concio per le feste. Intesi?>>
Michy annuì: gli occhi erano febbricitanti.
<<Ora ti accompagno fino al recinto, poi da lì è semplice. Altri venti metri e sei fuori dal bosco. Poi la strada per casa la conosci.>>
Michy annuì di nuovo: le sue guance erano in fiamme.
<<Teo torno subito.>>
<<Ciao Teo.>> bofonchiò Michy, soffocando un attacco di tosse.
<<Ciao Michy.>> rispose Teo salutandolo con la mano.
<<Ehi, marmocchio... sta attento.>> gli urlò poi dietro.
Quando in lontananza intravide il grosso steccato di legno semi sommerso dalla neve, Daniele provò una stretta al cuore: l’abbondante nevicata rendeva difficile riconoscere gli abituali punti di riferimento.
E se Michy si fosse perso?
Lo prese di nuovo per il bavero: la sciarpetta rossa che portava stretta al collo era indurita dal gelo.
Daniele gliela sfilò, quindi fece altrettanto con la sua, ancora incolume, e la strinse per bene al collo del fratellino. Fece lo stesso con i guanti ed il berretto. Michy gli sorrise beatamente.
<<Te la senti di andare da solo? Te la senti davvero?>>
<<Sì Dani. Ce la faccio. - rispose tossendo ancora convulsamente - Torna pure a giocare con Teo.>>
Daniele gli sorrise a sua volta: <<Ricorda che una volta di là dello steccato, devi arrivare fino al vecchio pino e poi segui il piccolo sentiero a destra. E’ semplice no?>>
Michy annuì. Un fiocco di neve si posò sul suo berretto.
Aveva ripreso a nevicare.
Daniele strinse a sé il fratellino, quindi preso da un impulso del tutto nuovo lo baciò sulla guancia.
Michy lo guardò sorpreso: da che era venuto al mondo quella era la prima, vera esternazione d’affetto del suo fratellone. Titubante s’incamminò goffamente oltre lo steccato.
Daniele seguì la figuretta minuta allontanarsi, fino a che non scomparve nella coltre di neve.

 

<<Marta pensi di averne ancora per molto?>>
Marta sobbalzò per la sorpresa: alzò lo sguardo in direzione di Franco. Rimase in silenzio, interrogandolo con gli occhi.
Lui sorrise, divertito dall’espressione buffa di lei.
<<Tesoro stai mugugnando da più di un quarto d’ora. Si può sapere a che stai pensando?>> abbassò il giornale e lo depose sul tavolo.
<<Oh, a niente.>> un lieve rossore si soffuse sulle guance candide di lei.
<<Sei arrossita. Vuoi dirmi cosa ti preoccupa?>>
Istintivamente il capo di Marta si alzò a cercare il grosso orologio rotondo che troneggiava sul muro di cucina: le quindici e quarantacinque minuti.
<<Bè, ecco... sono un po’ in pensiero. Tutto qui.>>
<<Per cosa?>> fece eco lui grattandosi una guancia.
<<Cribbio, che domanda! - la voce di Marta si alzò di un tono, echeggiando per alcuni istanti nella stanza. Il lavoro a maglia finì maldestramente a terra. - Per i bambini, chissà per cosa!>>
<<Vuoi dire per i nostri bambini?>>
<<Oh Gesù. Certo, per i nostri. Sono quasi due ore che sono fuori, e ha ripreso a nevicare. E in più sono convinta che Daniele si ficcherà in qualche pasticcio, trascinandoci anche Michy.>>
Franco si alzò dalla poltrona e si affacciò alla finestra: dietro al vetro lindo piccoli ed intensi fiocchi di neve si aggiungevano al cospicuo strato della notte. Malgrado fosse ancora presto l’oscurità incombeva.
<<Sono bambini, è normale che si divertano con la neve. Che c’è di male?>> la mano che scostava la tendina registrò un piccolo sussulto.
<<Sicuramente nulla. Il fatto è che Daniele ha un vero talento per attirare i guai. E poi questa non è una semplice nevicata. E’ dal ’76 che non vedevo tanta neve tutta insieme e... e... >> s’interruppe non sapendo come continuare.
<<E hai paura che disubbidiscano e arrivino fino al bosco, giusto?>>
<<E va bene, sì. Ho paura. Ho paura di quel postaccio maledetto.>>
Franco si voltò verso di lei, fissandola negli occhi, un muto rimprovero anticipò le parole: <<Sai a volte stento a riconoscerti in certi discorsi idioti da poveri ignoranti. Come fai a credere a certe dicerie, me lo spieghi? Capisco che la radura e il bosco in generale evochino certi brutti ricordi, in fondo sono morti sei bambini sotto la neve, ma da qui ad essere succubi di certe dicerie popolari su presenze e fantasmi ce ne corre.>>
Marta raccolse da terra il lavoro a maglia: la lana si era sfilata dal ferro, avrebbe dovuto ricominciare da capo. Probabilmente la sciarpa che stava facendo per Michy non avrebbe visto la luce tanto presto come aveva pensato.
<<Certo se la metti così mi fai sentire una stupida credulona. E forse non hai tutti i torti. Il fatto è che parecchie persone mi hanno raccontato di aver percepito qualcosa di strano alla radura. Altri di aver sentito quella cantilena...>>
<<Marta, per favore. Chiudiamo il discorso. Vuoi? Non vorrei offenderti.>>
<<Come vuoi, però vorrei lo stesso che i bambini fossero qui.>>
Il campanello del forno squillò, facendola trasalire.
Oh se solo fosse riuscita a liberarsi di quel peso che le gravava il petto.
Sì, un fardello pesante che le toglieva il respiro, la opprimeva.
Tic, tac, tic, tac.
Il tempo sembrava essersi cristallizzato.
Alzò gli occhi sulla finestra e osservò la neve che cadeva sempre più fitta, cancellando tutto il resto.
Una lacrima s’involò velocemente giù per la guancia, scomparendo sul pavimento di cucina.

 

<<Dani forse dovremmo tornare indietro - bofonchiò Teo arrancando nella neve che gli arrivava ormai fino alla coscia - sta nevicando sempre più forte, è buio.>>
E ho una paura folle!
<<Ci siamo quasi, questi sono gli alberi che sono intorno alla radura.>> mormorò Daniele cercando di mantenere il suo solito tono di voce.
Improvvisamente Leo si fermò, assumendo una buffa espressione interrogativa.
<<Che c’è>> sibilò Daniele nervoso.
<<Sstt, non senti?>>
Daniele si fermò a sua volta, scostò il bavero della giacca che gli copriva parte dell’orecchio e si mise in ascolto.
Sì, è vero, c’era un suono nell’aria, un suono che rompeva il silenzio ovattato della neve.
<<S-sembra un canto>> nel momento in cui Daniele realizzò quello che aveva appena detto, sentì il coraggio abbandonarlo, come risucchiato in una voragine scura e silente.
Teo scattò in avanti, riparandosi dietro ai rami carichi di neve di un abete: dalla bocca gli usciva fiato ispessito dalla paura.
Daniele lo raggiunse e scostando un ramo gettò lo sguardo sulla radura che si estendeva davanti a loro.
<<T-Teo...>> fu l’unica parola che gli riuscì di articolare mentre fissava con occhi spalancati dei bambini che giocavano al girotondo sulla neve.
Sentì la mano di Teo arpionargli con forza la spalla, mentre il battito dei suoi denti gli graffiava le orecchie.
La notte di Natale, a letto non andare, un signore con la barba, dal camino passerà, e un dono per te avrà.”
<<Michy!>> gridò Daniele fissando sgomento la figura minuta del fratellino volteggiare leggera nel girotondo, unendo la sua vocetta infantile al coro delle altre.
Ma Michy non poteva più sentirlo.
Il suo corpo giaceva senza vita, coperto da dieci centimetri di neve, pochi metri più in là dello steccato.
E i bambini che volteggiavano in quell’innaturale girotondo sulla neve erano diventati sette.

Marica Petrolati