The telephone

DRIN! DRIN! DRIN!
Il telefono della mia camera iniziò a squillare nell’aria fresca di un pomeriggio primaverile.
Gettai il libro per terra e andai a rispondere.
Sul display apparve il numero di Denise.
Denise Rubble era la mia ragazza da circa un anno. Tre giorni fa avevamo avuto un battibecco abbastanza violento per via del suo ex ragazzo. Quando si erano lasciati erano rimasti in buoni rapporti di amicizia ma ultimamente a mio avviso si sentivano un po’ troppo spesso e tre sere fa avevo espresso le mie opinioni. Il discorso più che la razionalità me lo aveva dettato la gelosia e il risultato fu che lei si mise a piangere e mi sbatté la porta in faccia.
Da quella sera non la sentii più, e nemmeno i suoi amici riuscirono a parlare con lei. Avevo provato a chiamarla per chiederle scusa ma al telefono non rispondeva nessuno.
Adesso ecco che mi chiamava o per chiedermi scusa o più probabilmente per rinfacciami che io non avevo più fiducia in lei e che ero il solito maschilista.
- Pronto - dissi.
- Ciao -
La voce di Denise era tenera ed allegra, sembrava non nascondere più il rancore e la tristezza che aveva provato quella sera.
- Ascolta, per quanto riguarda quella sera, io... - ero rimasto molto sorpreso dal suo tono di voce così tranquillo.
- Lascia stare, è tutto passato, avevi ragione tu -
No, era impossibile, senza fiatare mi stava dando ragione. Ma in cuor mio sapevo che non era giusto, quella sera io avevo avuto la mia parte di torto.

- No, ascolta io ho sbagliato, non dovevo nemmeno pensarle quelle cose. Vedi... - non mi lasciò il tempo di finire la frase.
- Lo sai una cosa? Mi è sempre piaciuta la tua sincerità. La trovo ammirevole. È per questo che mi sono innamorata di te. Sei un amore -
Le parole mi commossero, ma al tempo stesso mi fecero preoccupare. Denise era una cara ragazza ma non era mai stata così profonda nell’esporre i suoi sentimenti. Forse la litigata l’aveva scossa così tanto che era cambiata dentro?
- Ascolta - continuò - ti ho chiamato per dirti una cosa: Peter tu mi ami? -
La domanda mi colse alla sprovvista, non mi aspettavo una domanda di quel tipo così diretta.
- Sì che ti amo Denise, come puoi dubitarne? -
- E continuerai ad amarmi anche se ho fatto qualche cosa che magari non può piacerti? -
Dove voleva andare a parare? Ero preoccupato. Il suo tono di voce si era fatto più flebile. Volevo dirle se andava tutto bene e soprattutto che cosa aveva fatto, ma in quel momento pensai che la cosa migliore era rassicurarla. In fondo l’amavo e mi aveva chiamato perché la rassicurassi, non perché la sottoponessi ad un interrogatorio.
- Sì Denise, io ti amo e ti amerò sempre - poi la mia voce divenne un sussurro - Senti piccola, si può sapere se c’è qualcosa che non và? Io sono preoccupato per te -
- Tranquillo Peter, va tutto bene. Grazie... grazie di tutto... -
- Figurati, senti perché non ci vediamo? Così parliamo un po’ - Ero preoccupato, volevo constatare di persona che stesse veramente bene.
- Non oggi, ma fra qualche giorno sì. Mi raccomando di vestirti elegante quel giorno -
Sorrisi a denti stretti, perché tra qualche giorno? Perché non ora? E poi perché dovevo vestirmi elegante? Lo sapeva benissimo che mi vestito sempre sportivo... a meno che non voleva farmi una sorpresa? Ma che tipo di sorpresa? Mille domande mi frullavano nella mente come i tasselli di un puzzle che non sapevo comporre.
- Si ok Denise, allora ci vediamo tra qualche giorno -
- OK Peter, ciao... e Peter? -
- Sì? -
- Ti amo -
- Anch’io -
TU! TU! TU!
Aveva riattaccato, non so perché ma mi sentivo in parte sollevato e in parte preoccupato. Sollevato perché avevamo fatto pace, preoccupato perché al telefono mi sembrava strana. Non era la Denise di sempre e alla fine mi sembrava che stesse piangendo.
Troppe domande e troppe poche risposte. Troppi se e troppi ma in quella chiamata.
Dovevo fare ordine nella mia mente!
Andai in salotto. Mi sedetti sul divano e accesi la TV. Un po’ di svago avrebbe fatto bene.
Misi su un canale a caso e beccai un edizione del telegiornale. Feci per cambiare canale ma mi bloccai all’improvviso.
“Oggi è stato ritrovato il corpo di una ragazza di 27 anni...” diceva la giornalista mentre inquadravano una casa a me familiare, troppo familiare.
“... il nome della ragazza è Denise Rubble...”
Non è possibile è l’unica cosa che pensai, il mio cervello fu come se fosse appena andato in blackout.
“... la ragazza si è tolta la vita impiccandosi con un cavo elettrico. La morte secondo il medico legale è avvenuta circa 12 ore fa.“
No, ci ho parlato due secondi fa, ci deve essere un errore.
“Il motivo del suicidio spiegano gli agenti, è su un foglio che ha scritto la ragazza prima di togliersi la vita in cui chiede perdono al suo ragazzo per un diverbio avvenuto la sera prima del suicidio...”
NO!!!! CI DEVE ESSERE UN ERRORE!!!!
Urlai a squarciagola, urlai per il dolore, per l’incredulità e per la rabbia.
Iniziai a piangere.
Tremavo mentre pensavo a Denise e alla sua chiamata
“La polizia ha ritrovato il corpo grazie alla segnalazione dei vicini di casa, preoccupati dal fatto che non vedevano più Denise e che non riuscivano a mettersi in contatto con lei.”
Spensi la TV.
Scagliai il telecomando per terra e corsi a perdifiato in direzione della mia camera... nella mia disperazione riuscii a trovare un’idea.
Urtai il comodino che c’era nel corridoio. Volai a terra insieme alla lampada che poggiava sopra il mobile.
Sentì dolore ma mi rialzai subito.
Le lacrime mi inondavano il viso, lo sterno mi doleva per la botta data prima nel corridoio ma io continuavo a correre.
Il telefono nella mia camera era l’unico nella casa che memorizzava le chiamate in entrata. E quindi aveva in memoria anche quella di Denise avvenuta pochi minuti fa.
Avrei fatto vedere alle autorità che si sbagliavano, che Denise era viva e che mi aveva chiamato mentre loro analizzavano un cadavere di una ragazza che non era lei!
Oppure stavo facendo tutto questo per convincermi che non ero pazzo? Nella mia mente si alternavano momenti di stabilità mentale con quelli di disperazione. La luce e il buio, l’inizio e la fine della razionalità, come una lampada al neon difettosa che fatica ad accendersi.
Entrai nella mia camera, spalancai la porta con un gesto violento e mi precipitai a capofitto sulla scrivania dove c’era il telefono.
Alzai la cornetta e composi il numero di Denise!
Nulla, nessun segnale.
Premetti il tasto del menù delle chiamate in entrata.
Il display era spento.
Ma che diamine! Che aveva adesso questo dannato affare!
Stavo per afferrare il telefono e gettarlo contro il muro quando mi bloccai di colpo.
Il mondo in quel momento mi crollò addosso. Quello che vidi mi terrorizzò fino al midollo osseo.
La realtà intorno a me iniziò a distorcersi. Mi sentivo debole e affaticato. Cercai invano di andare verso il letto ma persi l’equilibrio. Inutile fu il tentativo di cercare di afferrare qualcosa.
Steso sul tappeto della camera.
Immobile.
Troppo stanco per provare a rialzarmi.
Prima di perdere i sensi riuscì a guardare la cosa che mi aveva sconvolto pochi istanti prima.
La presa del telefono era staccata.
Avevo ricevuto la chiamata di Denise su un telefono che non era in funzione.
Poi tutto si fece buio.

Fabio Rondino