Il patto di Rodrigo

Roma, anno Domini 1488
Rodrigo Borgia, cardinale di Santa Romana Chiesa, si sollevò ansimante da Giulia Farnese.
Giulia aveva quattordici anni. E lui ne aveva quasi sessanta.
Ma era un uomo dai vigorosi appetiti e poteva ben sostenere le schermaglie amorose con la sua acerba amante.
Qualche bacchettone avrebbe potuto obiettare sulla loro differenza di età. Ma Rodrigo aveva ampiamente ripagato la famiglia di Giulia, offrendo cariche e facilitazioni di ogni genere.
Giulia si era appena assopita, quando il domestico bussò alla porta.
- Eminenza, scusate se vi disturbo - disse Jorge, il servo fidato del cardinale - C’è un gentiluomo, all’ingresso, che chiede di voi. Dice che è della massima urgenza.
Rodrigo si accigliò. Chi osava disturbarlo senza preavviso?
- Cacciatelo. Sono occupato e non voglio essere infastidito.
Jorge parve stranamente titubante.
- Scusate, eminenza, ma il gentiluomo si è mostrato così insistente. E... mi ha detto di consegnarvi questa missiva.
La missiva era una pergamena sottile, chiusa con la ceralacca nera, ma senza sigillo.
Rodrigo la aprì, e i frammenti della ceralacca fioccarono a terra, come fuliggine.
La lettera era vergata con mano sicura, una grafia elegante: So cosa hai fatto a tuo fratello.
Vecchi ricordi emersero dal passato, come relitti nella sua coscienza.
Richiuse la lettera.
- Fate accomodare il gentiluomo nel salotto. Sarò da lui al più presto.
Indossò la veste da camera, un broccato rosso con l’allusivo emblema dei Borgia: il toro pascente. La sua mente aveva già cominciato a lavorare...
Una nuova minaccia all’orizzonte: non sarebbe stato un grosso problema.
Prese il crocefisso d’oro massiccio, tempestato di granati, torbidi come coaguli di sangue. Con l’unghia del pollice, fece schioccare una delle gemme che, sollevandosi, rivelò un minuscolo recesso. Rodrigo lo riempì con granuli di canterella, il potente veleno da lui tanto amato. Mise più granuli del necessario, per maggiore sicurezza.
Il veleno avrebbe stroncato il suo potenziale nemico.
Guardò Giulia. Era un bene che si fosse addormentata. I rantoli emessi dalla vittima sarebbero stati difficili da occultare. Non voleva che lei sentisse, e ne rimanesse impressionata.
Dopotutto, era poco più di una bambina.

L’uomo misterioso era giovane, elegante: capelli neri lisciati all’indietro, fronte alta, baffi sottili.
E gli occhi: le iridi grandi, sotto l’arco delle sopracciglia, sembravano due pozze di acqua salmastra.
Rodrigo rimase in piedi, la robusta figura a dominare lo sconosciuto.
- Avete un bell’ardimento, messere, a presentarvi qui, alla mia porta, senza farvi annunciare. E con una missiva calunniosa!
- Mi avete ricevuto, eminenza - disse l’altro, con una voce bassa, fonda, che stillava oscuri turbamenti - quindi la mia missiva, in qualche modo, ha suscitato il vostro interesse.
- Voi, messere, mi siete simpatico. Per la vostra faccia tosta. Mi piacciono le persone di carattere.
Poi Rodrigo si voltò e si diresse verso la cristalliera. Afferrò una bottiglia di pregiato Lacrima Christi. Versò il vino nei calici. Il liquido era di un profondo color rubino. Un vino forte, robusto: avrebbe celato il lieve sentore amaro del veleno.
Con grande abilità, aprì la gemma incastonata nel crocefisso, e lasciò cadere alcuni granuli di canterella nel calice del suo ospite.
Poi si girò di nuovo.
L’uomo sconosciuto sorrideva: apparentemente non s’era accorto di nulla.
- Beviamo insieme, mio sconosciuto amico. Il vino scioglie gli animi, quando si deve discutere di affari... delicati.
L’uomo misterioso prese il calice, ne assaporò le invitanti esalazioni.
Bevve.
- Cosa volete da me? - chiese Rodrigo, per curiosità, mentre calcolava che nel giro di pochi secondi il veleno avrebbe fatto effetto.
- Penso che possiate volere più voi da me, che io da voi.
Rodrigo cominciava a preoccuparsi: il suo ospite avrebbe dovuto manifestare qualche sintomo. Ma sembrava in ottima forma.
- Che c’è Rodrigo, ti preoccupi perché la canterella non mi ha ancora stroncato? Non vedi i miei occhi diventare due laghi di sangue e la mia lingua gonfia e nera?
- Chi siete?
- Sarebbe stato semplice disfarti di me, pensavi. Come hai fatto con tuo fratello maggiore: alcuni granelli di veleno, e il problema è stato risolto. L’hai ucciso tu, Rodrigo, per prenderne i diritti di primogenitura, e godere dei favori di tuo zio Papa! Ora hai paura, vero?
- Chi siete? - ripetè il cardinale, mentre arretrava, cercando una via di fuga.
- Sono il Diavolo, Rodrigo. E sono venuto a prenderti.
- Non è possibile, non può essere. Il mio tempo non è ancora finito, ho troppe cose da fare... ancora.
Il Diavolo rise, alzandosi in piedi. Adesso sovrastava Rodrigo di diverse spanne.
Gli occhi del Demonio erano cupi, come l’acqua del Tevere, la notte.
Il cardinale Borgia crollò in ginocchio, in lacrime, a baciare i piedi di Satana.
- Pietà! Pietà! Risparmiatemi! Pensate ai miei figli...
Il Diavolo rise: - Proprio tu, Rodrigo, parli di pietà? Tu che non ne hai avuto per nessuno, neanche per il tuo stesso sangue. Tu che hai violato le vergini, e hai abusato della carne della tua carne...
- Pietà! - il viso contratto in una maschera di dolore, il pianto del vecchio sembrava inarrestabile.
- Pensavi che non sapessi di te... e di tua figlia? L’incesto è un peccato mortale. E lo sconterai tra le fiamme eterne della dannazione!
Rodrigo non parlava più: emetteva solo gemiti sommessi.
Poi il Diavolo soggiunse: - Oppure, Rodrigo, possiamo fare un Patto.
Il vecchio alzò il capo, speranzoso.
Il Diavolo lo guardò.
- Io ti terrò in vita. Ma tu dovrai pagare pegno.
- Qualunque cosa, Reverendissimo.
- Mi prenderò due cose, da te. E in cambio io ti farò Papa.
Rodrigo si sollevò in piedi, rinfrancato, cercando di sostenere lo sguardo di Satana. Si trattava di contrattare, dunque.
E in questo il vecchio cardinale era bravo, bravissimo.
- Cosa volete prendervi?
- Come dicevo, due cose. La prima: mi prenderò la tua gemma più preziosa, quando vorrò. La seconda: quando sarai morto, il tuo corpo e la tua anima apparterranno a me.
Rodrigo ci pensò su. Non gli sembravano delle condizioni tanto svantaggiose. E in fondo, che scelta aveva?
Ma voleva chiedere una precisazione.
- Quanto durerà il mio regno?
- Undici anni.
- E’ troppo poco, Reverendissimo. Almeno diciotto.
Il Diavolo sorrise.
- E sia, Rodrigo. Diciotto.
- Sì, Reverendissimo. Diciotto.
Il Diavolo non aggiunse altro, e scomparve. Niente fumo, né puzza di zolfo. Solo il vuoto. Come un’ombra. O un sogno.
Il Patto era stato stipulato.
Rodrigo bevve un altro sorso di Lacrima Christi, e si sentì meglio. Sarebbe diventato Papa, l’uomo più potente dell’Occidente.
Si chiese se Giulia fosse sveglia.
Pervaso da un inatteso vigore, si avviò verso la camera da letto, lasciando cadere, dietro di sé, la veste da camera.

 

L’undici agosto, anno Domini 1492, Rodrigo Borgia fu elevato al soglio di Pietro, con il nome di Alessandro VI.

 

14 giugno anno Domini 1497
Giovanni era scomparso, pensò con un brivido Alessandro VI.
Quella notte il suo adorato figliolo non era tornato.
Bello, disinvolto, aristocratico. Il Re di Spagna gli aveva concesso il ducato di Gandia, e dato in sposa sua cugina.
Non era infrequente che Giovanni si attardasse a consumare le sue avventure con qualche fanciulla romana. Al duca di Gandia piacevano le donne.
Al pensiero, il cuore del Papa si gonfiò di orgoglio.
Era il suo preferito: così lontano dalla cupezza di Cesare, il suo primogenito cardinale, e dalla fredda inclinazione calcolatrice di Lucrezia, la sua amata figliola.
I timori per la sorte di Giovanni si fecero più intensi nella mattinata, quando il cavallo del duca venne ritrovato, con le briglie tagliate, a vagare impazzito per Roma.
Più tardi, al cospetto di Sua Santità venne ricevuto un barcaiolo, uno dei poveri diavoli che aveva l’imbarcazione ormeggiata nei pressi dell’Ospedale San Giacomo.
Prostrandosi davanti al Pontefice, il barcaiolo raccontò che, poco prima dell’alba, aveva visto un gruppo di quattro uomini trasportare un corpo verso il Tevere. Gli sgherri avevano tentato di gettare il morto nelle acque del fiume, ma il cadavere tendeva a riaffiorare in superficie.
A quel punto, dietro i quattro, comparve un cavaliere, su un destriero bianco, il volto celato e gli speroni d’oro.
L’uomo a cavallo ordinò ai suoi uomini di gettare dei sassi sulla salma, per farla andare a fondo. Quando il corpo fu sprofondato nelle acque, il cavaliere dette di sproni, e scomparve.
Al termine di questo racconto, Alessandro VI, Pontefice Massimo, crollò a terra, struggendosi dal dolore.
- Trovate mio figlio! Che tutte le guardie pontificie siano impiegate nella ricerca del duca di Gandia! Immediatamente!
Lucrezia gli si avvicinò con intenti consolatori.
Ma, in cuor suo, Alessandro sapeva che cosa era successo a Giovanni.
Il Diavolo era venuto a prendersi la gemma più preziosa che il Papa possedesse.
Non un vero gioiello, non una donna, non il potere. Ma il suo figlio più amato.
Trovarono Giovanni, quella sera. Il corpo era gonfio, trafitto da coltellate, la gola tagliata di netto.
Alessandro VI si chiuse dentro Castel Sant’Angelo. Non partecipò al funerale, e non accettò né cibo, né acqua.
Dal corteo funebre, che transitava sotto il castello, si potevano udire i suoi lamenti incessanti.
Poi, quando emerse dalla sua volontaria prigionia, il Papa fece una cosa che stupì tutti.
Lui, il sanguinario Borgia, non ordinò che si mettesse a ferro e fuoco Roma per cercare il colpevole.
Alessandro VI volle che le ricerche dei responsabili dalla morte di Giovanni venissero sospese immediatamente.
Lui sapeva chi era il colpevole.

 

Roma, 18 agosto anno Domini 1503
Il Papa stava morendo.
Forse un attacco di febbre malarica: il suo corpo era madido di sudore, e scosso da brividi incontrollati.
Quel che era peggio, pensò il prete cubiculario, era che Sua Santità stava delirando.
- Maledetto! Infame bastardo! Ti sei preso Giovanni, perché non rispetti il Patto? Sono solo undici anni, non diciotto! Perché?
Il prelato, sgomento, tirò tutti tendaggi, sperando che l’oscurità giovasse alla salute del Pontefice.
Ma Alessandro VI continuava a imprecare, volgendo lo sguardo verso un angolo vuoto della stanza.
- Porco di un Diavolo! Come hai osato prenderti gioco di me, del Papa?
In quel momento, il cubiculario realizzò che Alessandro VI credeva di parlare con il Demonio.
E, con un brivido, pensò che, forse, quello che Girolamo Savonarola aveva tuonato dal suo rogo di eretico era vero: il Papa Borgia aveva fatto un patto con il Diavolo.
Lo straziante spettacolo non durò molto. Il pontefice morì a breve.
La salma, con tutti i paramenti del rango, fu esposta nella Basilica di San Pietro, perché i credenti potessero rendere omaggio.
Ma il cadavere cominciò a gonfiarsi mostruosamente.
Le guardie pontificie dovettero trasportare il corpo, in gran fretta, nella Chiesa di Santa Maria in Monserrato.
La salma era tanto gonfia che, per chiudere il coperchio della bara, furono costretti a colpire con una vanga.
Tra i presenti, molti si fecero il segno della croce, ritenendo che quella impietosa fine fosse un segno demoniaco.
In fondo a una navata laterale, un giovane uomo, gli occhi torbidi come le acque del Tevere, assisteva alla scena.
Povero Rodrigo, pensava il Diavolo. Undici anni di regno non gli bastavano, e ne aveva chiesti almeno diciotto.
E sia per diciotto, si erano accordati. Ma Rodrigo non aveva specificato se intendesse diciotto anni, diciotto giorni, o diciotto minuti.
Solo un numero: diciotto.
La scelta era rimasta a Satana. E così aveva deciso: Rodrigo avrebbe regnato undici anni, ma sarebbe morto il giorno diciotto.
Pensando all’anima dannata che si era appena portato via, al Papa che aveva tentato di fare fesso il Diavolo, il giovane uomo dagli occhi torbidi provò un’incommensurabile soddisfazione.
E, benché nessuno potesse vederlo, sorrise.

 

N.d.A.: alcuni dei fatti narrati sono storicamente veri. Sono vere la relazione tra papa Borgia e Giulia Farnese, la tragica e misteriosa morte del duca di Gandia, e la mostruosa trasformazione post-mortem del corpo di Alessandro VI. Anche la storia del patto con il diavolo fa parte della tradizione orale contro i Borgia.

Luca Filippi