Il fiore

L'acqua non scendeva bene nel lavandino. Era un’acqua rossa. Mentre mi lavo le mani guardo lo specchio davanti a me e non vedo niente, o meglio vedo qualcuno che non sono io. Vedo una persona totalmente diversa da quello che sono, da quello che ero.

 

Non mi capacito come abbia potuto avere luogo una trasformazione simile. È stata l’età adolescenziale a farmi cambiare perché ho capito che su questo mondo non potevano vivere le persone come lo ero una volta. Una volta ero un ragazzo modello; bravo a scuola, bravo a casa, bravo in tutto. Nessuno si poteva lamentare di me, del mio comportamento, del mio carattere. Poi capii finalmente cosa voleva dire vivere. Mi resi conto che fino ad allora ero vissuto in un libro, in un racconto, tutto era già stato scritto nella mia vita. Decisi di ribellarmi a questo insulso giudizio. Da quel momento il bene mi apparve come male ed il male come bene. In fondo però tutto si vede dai punti di vista. Mi iniziò a piacere la violenza, il sangue che sgorgava da una ferita ancora aperta, le mutilazioni, il sesso spinto, tutto ciò insomma che prima non avevo neanche immaginato perché la mia testa non era sulle mie spalle, ma la mia testa era governata da altri. Gli idoli. Tutto ciò che mi si diceva io dovevo seguire perché secondo i dettami era giusto, non importava il mio parere in merito, anche perché io non dovevo avere un parere su niente.

 

Schizzi d’acqua saltarono sullo specchio. Mi lavo la bocca ancora sporca di sangue. Mi asciugo e mi siedo su una poltrona. Nel tavolino vicino a me vedo una bustina con della polverina bianca e subito mi viene in mente che fare. Al solito: il cucchiaio bruciacchiato, il succo del limone, l’accendino, la siringa. Tutto come ho sempre fatto, come faccio da anni. Prendo il laccio emostatico e lo giro stringendolo attorno al braccio. Poi giunge il suo momento. Entra piano piano nella vena che improvvisamente si gonfia. Mentre premo, il piacere mi assale. E penso. Penso a lei. Penso a quella ragazza appena ventenne che non avrà mai figli e non si sposerà mai. Penso alla ragazza che ho lasciato circa un’ora fa nel parco esangue. Mi torna in mente il buon profumo che emanava. Forse è stato anche questo ad attirarmi verso lei. Era buio. Non si vedeva niente. È stato un attimo. La sua sorpresa, le sue grida che ad un certo punto furono smorzate in un rigoglio sordo di sangue mentre i miei denti affondavano nella sua giovane e candida gola. Godevo immensamente. Con un ultimo sussulto, la ragazza abbandonò questo mondo. La riposi dietro un cespuglio. Stavo per andarmene quando vicino a me vidi un fiore appena sbocciato, molto piccolo. Decisi di fare quest’ultimo gesto. Presi con delicatezza il fiore. Inavvertitamente lo imbrattai con del sangue. Mi avvicinai alla ragazza e le misi il piccolo fiore in una mano. Me ne andai. Non ricordo neanche il viso di quella ragazza, ricordo solo ciò che con lei stava bene, ciò che faceva sembrare la sua morte una poesia, ciò che io nella vita non ricevetti mai: un fiore.

Andrea Toscano