Maya

La pioggia cadeva violenta nel piccolo cimitero della Cornovaglia, in un paese chiamato Cadgwiht.
Le poche anime giunte per il funerale, che era ormai finito, se ne stavano tornando a casa, bagnate e infreddolite a causa del tempo.
Le uniche quattro persone rimaste erano il prete, due uomini addetti a sistemare la bara ed una ragazza di circa venticinque anni, forse la figlia del morto.
Non piangeva, non parlava: guardava la bara, ricoperta quasi completamente dalla terra, e nemmeno i suoi occhi sprigionavano alcun sentimento.
Sembrava un automa.
Poi si girò e cominciò a camminare verso l'uscita del cimitero, con passi veloci, come se qualcuno la stesse inseguendo.
Tornare a Cadgwiht era stato uno sbaglio, perché lì era iniziata la sua vita... una vita che era migliorata dopo che se n'era andata ad abitare ad Edimburgo.
Tornare là dopo circa 7 anni era stato come ripiombare all'inferno, anzi, nel suo inferno privato.
La morte di suo padre l'aveva colpita, ma se avesse detto di essere disperata, bhè, sarebbe stata una bugiarda.
Uscita dal cimitero, guardò verso la casa diroccata sulla collinetta lì vicino, e si avviò verso di essa.
Sapere che c'era ancora quella vecchia abitazione la sollevava, ma la inquietava al tempo stesso, perché lì dentro aveva passato fin troppi giorni della sua infanzia e della sua adolescenza, assieme a spiriti che non volevano abbandonare ciò che amavano e anime che le parlavano, raccontandole di tempi lontani, di battaglie che lei non avrebbe mai visto, di posti che lei non avrebbe mai visitato, perché ormai passati, rinchiusi in un tempo che andava avanti, sempre.

L'avevano aiutata quando la madre, giovanissima, era morta, e lei era cascata in uno stato di catatonia che l'aveva allontanata dal mondo per mesi: l'avevano curata con favole, canti che solo lei poteva sentire, abbracci pieni di affetto che alla vista degli altri non esistevano, scambiati per un caldo vento.
Riemersa da questi pensieri, si sedette su quella pietra dentro la casa, dove per tante ore era stata nei pomeriggi primaverili, ad ascoltare persone di cui mai avrebbe visto il volto.
Ad un tratto, sentì, in tutta quell'immobilità, quel vento che conosceva così bene arruffarle i capelli, accarezzarle il viso, che chiamava sottovoce quegli spiriti che le volevano così bene...
Si sentì toccare una spalla e si girò di scatto, come se fosse stata bruciata: dietro di lei, un ragazzino di circa 14 anni, forse anche di meno, vestito di scuro, con una rosa bianca in una mano.
- Chi sei? - chiese la ragazza.
- Non ti preoccupare... non ti farò del male... vorrei solo parlare un po' con te... - che voce dolce aveva quel ragazzino! La guardava con occhi grigi, con un sorriso che lei aveva visto solo nei bambini: vero, che trapelava affetto e timidezza.
- Che cosa vuoi? Io sto cercando... - tacque, rendendosi conto che parlare dei suoi colloqui con gli spiriti ad un ragazzino non sarebbe stato molto furbo da parte sua.
- Cerchi la tua infanzia vero? - la domanda fu così diretta che Maya restò per un attimo sconcertata.
- No... -
- Perché sei tornata qui, quando saresti restata volentieri dove sei andata ad abitare? -
- Come fai a saperlo? -
- Non ti preoccupare... -
- Perché è morto mio padre... e dovevo essere presente al suo funerale... -
- Con quello che ti ha fatto passare, tu non gli hai mai voluto bene. -
- Basta, ne ho abbastanza di te! - stava piangendo, ma non gliene importava niente - Piccolo moccioso, sai troppo, smettila! -
- Vorrei tanto stare un po' con te... scusa... -
- Scusa cosa? Scusa... cosa? - lo guardò con occhi pieni di rancore - sai anche cosa ho passato per colpa di mio padre? -
Assentì, con occhi stanchi, ma restò in silenzio.
- Perché sai tutto questo? -
- È una storia lunga. -
Maya guardò il cielo: la pioggia si era trasformata in pioggerellina, le nubi però erano sempre dense e scure.
- Allora parla, perché abbiamo tutto il tempo che ci serve. -
- Ti ricordi di quando venivi qui da piccola, e le voci degli spiriti ti venivano a raccontare tante cose? -
- Ma come... - non poteva essere - io... -
- Sono uno degli spiriti... quando ti sfogavi, piangevi e dicevi che nessuno ti avrebbe voluta per come eri, per questa tua solitudine che condividevi con noi, per un padre che ti picchiava e per una madre che era ormai in punto di morte... eravamo sempre qui, perché aspettavamo di aiutare quella piccola Maya che ci faceva sentire ancora parte dei vivi, nonostante ormai fossimo soltanto anime .-
Si fermò, osservando la ragazza, ormai grande, stropicciarsi i begli occhi verdi, seduta su quella roccia fredda, ormai fradicia come un pulcino.
- Poi te ne sei andata, perché volevi fuggire, e ce l' hai fatta. Ma poi sei tornata, sei dovuta tornare per dare l'estremo saluto a tuo padre, e quindi anche ad un passato di cui ti porti i segni ancora dentro.
- Ma ti sei ricordata di noi, del nostro amore per te. -
- Siete stati la mia salvezza. - disse Maya.
- Sì, ma adesso sei cresciuta, noi non possiamo più stare con te... sei cresciuta... adesso siamo veramente fantasmi... i fantasmi del tuo passato.
- Senza di voi... è da 7 anni che sono senza di voi, ma la sera, prima di dormire, penso a quello che avete fatto per me e al fatto che mi avete salvato la vita. Sono tornata qua solo perché - singhiozzò - mi cullava la sicurezza di risentire le parole che da tanto tempo non sentivo. -
- Maya, se ne sono andati tutti... sono restato io a fare la guardia a questa casa, solo perché dovevo aspettare te, la mia piccola amica... -
- Voglio stare con voi - adesso stava piangendo - Se torno a Edimburgo, non vi vedrò mai più, darò veramente l'addio alla mia infanzia...- prese la mano, fredda, del ragazzo - portami con te, ovunque tu andrai... voglio restare con gli spiriti che sono stati con me una vita intera... -
- Ma questo significherebbe che tu... - adesso era il fantasma ad essere sconcertato.
Ciò che gli aveva detto implicitamente Maya era qualcosa di impossibile.
- Lo so, ma non importa... per favore... -
- No. Rispondimi: se tua madre sapesse che vuoi venire con noi, cioè che vuoi terminare la tua vita adesso, sarebbe contenta? -
Maya restò in silenzio.
- Ecco, vedi? - il ragazzino sorrise - Ci sei arrivata da sola, a capire che tua madre non apprezzerebbe. -
- Mia madre... è con voi? -
- Sì... perché fa parte della tua infanzia. -
- Allora c'è anche... - esitò un attimo - mio padre? -
- No... - rispose tranquillo - E ti spiego perché... tu ti sei costruita un tuo paradiso privato, non possono entrare le persone che ti hanno fatto del male o che ti stanno anche solo antipatiche. Capito? -
- Sì, credo di sì. -
- Vivi la tua vita, Maya, te lo chiedo io, ma è la stessa richiesta che ti fanno tutti quanti gli spiriti... - la ragazza guardò il fantasma, che ormai era quasi in lacrime - ... soprattutto tua madre. -
- ... non vi sentirò più... - disse Maya.
- No, ogni qualvolta tenderai l'orecchio nella pioggia, ogni qualvolta starai in ascolto di notte, noi ci saremo, ti accompagneremo, perché oggi ci hai dato la prova che ti ricordi di noi! Ti staremo sempre accanto, perché anche se adesso hai 24 anni e stai all'università in una città che nulla ha a che fare con noi, tu rimarrai sempre la nostra piccola dolce Maya, che si addormentava su questo masso e veniva qua sempre con quelle due lunghe trecce more che tanto amavamo. -
- Allora sarete con me? - la voce era piena di speranza.
- Sì... ad ogni passo, ad ogni scelta, noi saremo con te, sempre! -
- Tornerò qua presto! - si alzò, sempre guardando il ragazzo.
- Vai, esci fuori da questa casa... c'è una persona che ti aspetta! Prendi questa rosa! È per te! -
Maya prese il fiore dalle mani del ragazzo, e pensò ad una persona che aveva sempre amato le rose bianche, l'unica che avrebbe voluto in quel momento, in quell'attimo di saluti che un po' erano un addio e un po' un arrivederci, in quell'attimo di passato che sarebbe poi sfociato in un futuro più roseo, assieme agli amici fatati di una vita intera.
Fuori dalla vecchia abitazione, si guardò intorno, poi, sotto la betulla vicino alla casa, vide una sagoma, che le veniva incontro.
Aveva i suoi stessi capelli corvini, un vestito bianco, quasi angelico, e due occhi così azzurri che parevano anfratti di mare.
- Piccola mia... -
- Mamma... - l'abbracciò, divisa tra una gioia irrefrenabile e la paura angosciosa di vederla scomparire tra le sue braccia - quel ragazzo... chi era? -
- Un angelo che ha sempre vegliato su di te. -
- Mi accompagnerete tutti? -
- Sì, piccola mia...- la voce della madre era quella che Maya si ricordava, dolce e armoniosa.
- Con voi adesso ho il coraggio di andare avanti, ma vorrei tanto parlare con te adesso. -
- Certo. Abbiamo tutto il tempo che vuoi. -
Si avviarono verso il paese, abbracciate, in un rarefatto silenzio rotto solo da una pioggerellina che, se ascoltata con il cuore, avrebbe portato le parole di un'antica fiaba bretone.

Lidia Bartolozzi

Nata a Figline Valdarno nel 1987, sempre residente lì, adoro la scrittura perchè mi permette di liberarmi dalle mie paure e potermi sfogare. Adoro l'horror, i miei scrittori preferiti sono Stephen King e Dean Koontz. Il mio libro preferito è "I diari della famiglia Dracula" di Jeanne Kalogridis.