Il mangione

Mick era vecchio. Non poteva aspettare ancora. Non poteva rischiare di morire e non portare a compimento il suo grande progetto.
Billy Ball glielo aveva detto chiaramente quella notte.
Si erano incontrati nel solito posto: Billy Ball era seduto su un'altalena appesa ad un albero, si dondolava lentamente, avanti e indietro, in un moto che pareva eterno.
Si erano incontrati, sì, ma il vecchio Mick non si era mosso dal letto su cui riposava beatamente.
Billy Ball gli parlava nel sonno, ma anche quando Mick era sveglio, e lo conduceva ogni volta in quel giardino paradisiaco, con alberi, ruscelli, e la solita altalena. Il vecchio era il solo privilegiato che potesse vederlo.
Aveva in mano una pallina rosa, Billy Ball; da quella probabilmente aveva adottato quel nome così bizzarro.
Il vecchio si soffermava spesso a pensare su quel buffo nomignolo. Cos'era? Un soprannome? O si chiamava proprio in quel modo? Chi era allora quella benedetta donna che aveva avuto la goffaggine di chiamarlo così? Una pazza sicuramente, si diceva Mick. Rideva a crepapelle quando pensava a lui, seduto sull'altalena, con la pallina in mano. Ma quando gli era davanti, in quell'angolo di paradiso, e gli parlava, Mick non osava aprire bocca.
Era serissimo.
D'altronde l'uomo della pallina era colui che gli aveva aperto gli occhi. Colui che gli aveva sussurrato la verità. Colui grazie al quale poteva non morire invano.

"Maledetto cancro..." pensava ogni tanto Mick, quando Billy Ball scompariva dalla sua vista e lo lasciava solo, nella sua camera da letto.
"Mangiami pure il cervello, maledetto bastardo! Ma io so cosa fare. So come posso fare. E tu non riuscirai a impedirmelo. Tu mi ucciderai, certo, e vincerai una battaglia. Ma la guerra, caro mio, ti vedrà perdente. Hai capito? Perderai! Lurido tumore mangia cervelli! Cibati finchè puoi, forse le mie meningi possono saziarti. Ma sarà un pasto inutile..."
Poi stringeva forte le lenzuola bianche tra le mani, con gli occhi spalancati verso il soffitto, e rideva.
Billy Ball era tornato. Come poteva non ridere?
Ma questa volta l'uomo sull'altalena aveva uno sguardo molto serio. Mick era preoccupato.
-E' ora. Devi andare. E ricorda: se errerai, tutto quello che avrai fatto sarà stato inutile.-
-D'accordo.- rispose serio.

 

Faceva freddo in strada. Aveva solo il pigiama addosso perchè il tempo scarseggiava e non poteva permettersi di vestirsi di più.
Raggiunse la casa di Nancy, sua figlia.
"Lei e tuo nipote sono la causa principale della tua malattia." ripeteva continuamente l'uomo della pallina. "Il mangione..."
Mick li odiava. Lui aveva fatto di tutto per garantire alla figlia una vita decente, nonostante quel farabutto di suo marito avesse pensato bene di morire schiacciato sotto un camion. E lei come lo aveva ripagato? Partorendo Harry.
"Quel bambino è maledetto caro Mick. Quando lui è nato sono iniziati quei mal di testa terribili, e solo dopo un poco i medici ti hanno diagnosticato un tumore al cervello. Sai cosa vuol dire, vero?"
Il vecchio era rimasto in silenzio, terrorizzato.
"Mick..."
Aveva troppo paura, lì in quel giardino. Non era casa sua, non si sentiva protetto.
"... significa che Harry deve morire. Il tumore è colpa sua."
Mick si era orinato addosso.
Billy Ball lo aveva guardato, impietosito. Ma il vecchio non voleva far pena a nessuno, benchè meno all'uomo della pallina.
In quel momento un sentimento di odio e rancore lo invasero, e capì esattamente cos'avrebbe dovuto fare.
Billy Ball sorrise, soddisfatto di lui.

 

Aprì l'uscio d'ingresso senza difficoltà.
"Brutta stupida. Non chiudi neanche le porte." Pensò il vecchio, ancora più iroso nei suoi confronti. "Ma adesso la pagherai, cara mia. Oh, se la pagherai!"
Con passi felpati raggiunse il salotto, attirato dalla voce del bambino maledetto.
"Eccoti". Sorrise, visibilmente eccitato.
Harry era seduto su un tappeto, e giocava facendo scontrare dei piccoli camioncini giocattolo.
"Ridi, ridi, piccolo bastardo."
Si nascose dietro un mobile, appena vide con la coda dell'occhio Nancy, che era giunta in quell'istante in cortile con l'auto.
"Dannazione, devo sbrigarmi."
Frugò nella tasca dei pantaloni, e ne estrasse un lungo coltellaccio serramanico affilato.
Si avvicinò al bambino, e lo afferrò per il collo con una sola mano.
Sentiva scorrere nella vene una forza mai provata prima.
Harry emise un rantolo, ma non riuscì ad urlare.
-Sta zitto, bambinetto. Il nonnino è venuto a trovarti, non sei contento di vederlo? E' da molto che tu e tua madre non venite a trovarlo; non avete neanche pensato che si sarebbe potuto sentire solo, in quell'ospizio, vero? Ma oggi il nonnino è venuto da voi, non poteva più resistere, doveva vedervi!-
Harry lo fissava terrorizzato, dal basso dei suoi cinque anni.
-Non te l'ha detto la mammina che è colpa tua se il nonno stava nell'ospizio?-
Lo guardò, pazzo.
-Rispondi, carogna!-
Harry stava soffocando, aveva il volto paonazzo, e cercava di divincolarsi dalla presa di Mick.
-Eh, no, non puoi scappare, tesoruccio mio!- sussurrò il vecchio, ansimando.
In quell'istante l'urlo straziante di Nancy giunse alle sue orecchie, poco dietro di lui.
Mick deglutì, e portò in alto in coltello.
Alzò lo sguardo e disse - Ora guarda, lurido mangione! Sto per uccidere colui che ti ha mandato dentro di me.- sorrise - Te l'ho detto che avresti perso la guerra.-

Andrea Sartore