Il resto è storia

Folla. Gente ovunque. Torino, notte bianca credo. Cortei. Ubriachi. Buffi cappelli. Siedo su una panchina fumando una Fortuna Blu. Quattro Moretti vuote ai miei piedi. Freddo, pungente come aghi. Nessuno nelle case, tutti in strada. A fare cosa poi?
Musica, tamburi, cacofonia di voci. Io ho perso tutto. Anni fa ormai. L’allegria che mi circonda è un veleno, il cielo è nero come il fondo di un calamaio. Come la mia anima. Lo guardo distratto. Una luce, un’intrusione ai limiti del campo visivo. Una finestra s’illumina al terzo piano di un palazzo. Si affaccia una donna. Vecchia, vecchissima, scheletrica. Probabilmente l’unica persona rimasta a casa in questa notte di festa. Beata lei che ha una casa, rifletto. La guardo. Il suo volto. Mio Dio, il suo volto. E’ orribile, orribile. Stravolto. Rugoso. Gli occhi fuori delle orbite. Letteralmente. I capelli grigio cenere arruffati, una parodia d’acconciatura. Indossa una vestaglia bianca. Intravedo i seni cadenti. La vecchia si sbraccia, apre la bocca. Grida, grida. Cerca di attirare l’attenzione. La fiumana di persone procede indifferente. E’ serata di festa, di festa, sì. Lei si sbraccia, ancora e ancora. Nessuno la nota. Nessuno la vede, è sempre più agitata. Rientra per un attimo, poi è di nuovo lì. Un vaso in mano. Lo scaglia in strada. La folla avanza, balza, ghigna, ondeggia. Due ragazzi. Per un pelo non ricevono il vaso in testa. La vecchia ha l’attenzione che desiderava. Uno dei due le mostra il medio. La vecchia sbraita, agita le mani, mima. La musica dei tamburi copre i suoi strepiti. Mi alzo, barcollo. Avanzo, sono curioso e ubriaco. I due ragazzi si guardano. Ridono. Uno si batte l’indice sulla tempia in un gesto eloquente, le urla una volgarità. Mi avvicino.
- Quella è pazza - dicono.
Sono a pochi metri dal palazzo. L’anziana sbraita, l’irruenza dei tamburi si placa per uno sbuffo di secondi. Sento la voce della vecchia, uno stridio acuto, tremendo.
- Al telegiornale, al telegiornale vi dico che l’han detto! Il giorno del...

Non capisco. Sono ubriaco. Quella è pazza veramente. Continua a gesticolare. Si sporge, troppo. Il davanzale è basso, troppo. Grido. La folla inghiotte la mia inutile invocazione d’aiuto. Perde l’equilibrio. La vedo venire giù al rallentatore. Una mezza capriola nel vuoto, scomposta, grottesca. Schianto di vecchie ossa osteoporotiche sull’acciottolato. Neanche un grido. La folla si congela. L’inaspettata comparsa di Madama la Morte nel pieno della festa. Una ragazza piange. La vecchia giace accartocciata su se stessa, una marionetta inutilizzabile. L’angolazione assunta dal suo collo è assurda. Poche gocce di sangue dal naso, una tibia brutalmente esposta. La vestaglia è risalita mostrando dei ridicoli mutandoni marroncino. Tremo.
- Sono un medico, fatemi passare, sono un medico - grida qualcuno.
Un damerino. Si china accanto alla vecchia, le poggia due dita su un lato del collo. Un gesto affettato di dispiacere.
- E’ morta - dice.
Vedo i due ragazzi di prima, mi avvicino.
- Cos’è che diceva quella poveraccia? - biascico.
Mi guardano, scuotono la testa, vanno via.
Contemplo la scena. La gente è agitata. Non per la vecchia, no. Non solo, perlomeno. Sussurrano. Occhi sgranati. Strane notizie smozzicate rimbalzano per il corteo.
- Cazzate - dice uno.
- Sì, come no - dice un altro.
- Ragazzi, l’hanno detto al telegiornale - cincischia un terzo.
Ancora il telegiornale. Avevo capito le parole della donna dunque. Che succede? Che cazzo succede?
I tamburi tacciono. Gli occhi si spalancano a dismisura. Molti ridono, perlopiù gli uomini. Le donne sono impaurite, però ridono anche loro, per farsi coraggio.
Guardo il cadavere della vecchia. Nessuno le bada più ormai. C’è qualcosa di maggiore importanza nell’aria, ma non riesco a capire. Ho bevuto troppo.
All’improvviso la folla si spalanca, un ciccione avanza correndo. Sudato come un maiale, nonostante il freddo. Ha una radiolina. Se la preme sull’orecchio come se volesse incastonarsela nel cervello. Grida il grassone, con una ridicola voce effeminata. Non c’è però nulla di ridicolo nelle sue parole.
- Oh, cazzo, oh Gesù, non è possibile, non è possibile! Non possono tornare indietro, non possono! Se uno è morto è morto, porcatroia! - Piange.

 

... se notate movimenti scomposti, innaturalmente lenti, comportamenti aggressivi, allontanatevi immediatamente e cercate rifugio in un posto sicuro. Nessuno è al momento in grado di fornire una spiegazione agli strani fenomeni che si stanno manifestando in diverse città del mon...

 

gracchia la radio. Poi il ciccione se la fa scivolare di mano. Si schianta al suolo. L’uomo deglutisce a vuoto. La città è muta. La festa è finita.
Nel silenzio si alza un grido straziante, di dolore, alle mie spalle. Mi giro. E’ il medico, il damerino. Si preme una mano sull’avambraccio. Su ciò che ne resta. L’altra parte penzola dalla bocca della vecchia. Si è messa a sedere. E’ un miracolo, penso. Un miracolo andato male.
Ma non era morta? mi chiedo. Le sclere giallastre della donna mi danno risposta affermativa.
Perché diavolo l’ha morso? mi chiedo. Gli occhi della vecchia mi dicono che è affamata. Una fame implacabile, la fame dei morti.
Grida, imprecazioni. La massa si disperde, la vecchia rimane lì con la testa che ciondola stupidamente sull’osso del collo spezzato, tentando di deglutire pelle, grasso e muscoli sfilacciati. Tentando di far leva sulla frattura scoperta della gamba per mettersi in piedi. Il damerino mi guarda, fiotti di sangue schizzano dal suo braccio sventrato.
- Aiutami - implora. Due lacrime enormi gli rotolano sulle guance. - Era morta, ti dico... era morta!
Lo fisso un secondo. La vecchia emette dei gorgoglii raccapriccianti, rotea i due buchi neri che ha al posto degli occhi nella mia direzione.
- Aiutami.
Mi volto e mi unisco alla fuga collettiva, inciampando, bestemmiando, calpestando quelli che sono caduti.
Il resto è storia, così come è storia la razza umana.

Luigi Musolino