Tre metri sotto terra

Questa strana storia è cominciata un giorno d’autunno, mentre passeggiavo su un tappeto di foglie rosse lungo un viale di campagna con un po’ di miei amici. Tra questi c’era una mia simpatica amica, Ivana, con cui ho frequentato la scuola media e frequentavo la scuola superiore.
Si parlava del più e del meno, non sapevano dove andare, nulleggiavamo e parlavamo di questo e di quello. Qualcuno chiedeva che compiti avessero per il giorno dopo, qualcun altro rispondeva che eravamo in autogestione, qualcuno aveva detto che avrebbe dormito il giorno dopo. Ivana non diceva niente, se ne stava in silenzio a guardare nel vuoto, non sapevo cosa avesse e perché non parlasse con nessuno, in effetti era sempre solare, e lo era stata, prima di imboccare quel viale. Il vento muoveva i suoi capelli di qua e di là spettinandola e le soffiava in faccia arrossendo le sue guance. Si coprì col cappotto e continuò a camminare. Sentimmo un urlo, l’urlo di una persona anziana, una vecchia signora aveva urlato e tutti istintivamente ci voltammo verso dove proveniva il grido per vedere cosa fosse successo. Vedemmo un grosso cane che abbaiava contro una vecchia signora arrampicata sul cofano di una Fiesta rossa, che teneva con le deboli braccia le rinsecchite gambe lontane dalle fauci del “mostro”.

Allora decidemmo di aiutare la vecchia. Io ed altri due ragazzi del nostro gruppo ci avvicinammo all’auto dove la vecchia era tenuta in “ostaggio” e cercammo di cacciare via il cane istigandolo ad inseguirci e fortunatamente per la vecchia e sfortunatamente per me il cane decise che avrebbe rincorso uno di noi... me. Allora iniziai a correre verso un’altra direzione e cercai rifugio da qualche parte, ma non c’erano più auto e gli alberi erano troppo alti per me.
Sono debole e anche se agile non avrei la forza di arrampicarmi con la sola forza delle braccia ad un albero dopo una corsa. Tentai infatti di arrampicarmi sul primo albero che trovai lungo il tragitto e rimasi con i piedi per aria per un po’. Il cane non si arrendeva e mi cercava di azzannare ogni volta che cercavo di rilassarmi.
Rimasi appeso come un salame con le braccia per un po’, poi decisi che qualcosa la dovevo fare e guardai in basso. Il cane apriva le sue fauci da cui colava una densa saliva puzzolente ed appiccicosa. Quando vidi che il cane aveva chinato un po’ il capo decisi che mi dovevo lasciar andare e caddi sulla testa del cane che perse i sensi. Appena mi riuscii ad alzare mi trovai a tu per tu con i miei amici e la vecchia, ma non vedevo Ivana, o meglio non mi ricordo di averla vista appena rinvenuto. La vecchia ci disse di non uscire dal viale perché il terreno era pieno di buche.
Mentre i compagni mi tiravano su e vedevano se avessi delle ferite io cercavo con lo sguardo Ivana. Non la vedevo e mi stavo preoccupando. Certamente non era lì vicino. Poi guardai verso la vecchia, ma non la vidi più, non vedevo la sua mantellina nera e il bastone d’ebano sul quale si appoggiava.
Non c’era più, era sparita nel nulla, non si vedeva più. Sentimmo una voce fioca e debole che ci chiamava, era quella d’Ivana, imprecava aiuto, diceva di salvarla. Tutti ci affrettammo a raggiungerla e vedemmo che era caduta in una profonda fossa fuori del viale. Era molto profonda e pensavamo si fosse fatta male, ma diceva solo che non riusciva ad alzarsi. Cercammo di farla salire in tutti i modi, ma nessuno aveva la benché minima idea su come farla risalire.
Qualcuno pensò di scavare vicino alla fossa un’altra buca e di fare una scala nella terra. No, procedimento troppo lento, anche perché non avevamo né pale né vanghe.
Qualcun altro propose di afferrare qualcuno dalle gambe e calarlo a testa in giù nella fossa e poi tirare su tutti e due. No, se ci scappavano le gambe ci scappava anche il morto e i due sarebbero stati troppo pesanti per tutti gli altri. Qualcun altro disse di buttare della terra e pian piano farla salire, ma non ci saremmo riusciti prima di sera. Infine l’ultimo pensò che avremmo potuto chiamare i nostri genitori. Proposta subito scartata perché saremmo finiti nei guai tutti quanti.
Allora mi guardai intorno e dissi che avremmo potuto chiedere aiuto alla persona che abitava in una casupola in fondo al campo. Allora mentre uno di noi le faceva compagnia, noi altri ci avventurammo per un campo pieno di fosse profonde e trabocchetti degni della guerra del Vietnam. Arrivammo nel tardo pomeriggio alla casa, erano passati tre quarti d’ora, ma ce l’avevamo fatta.
Bussammo alla porta della casupola e sentimmo dei passi avvicinarsi alla porta. Ne uscì un uomo alto e robusto, con un fucile in mano e la vanga nell’altra. Noi incominciammo a fuggire e devo dire che per fortuna nessuno cadde nei trabocchetti architettati dall’uomo della casupola.
Quello vedendo un fuggi-fuggi generale di ragazzi pensò chissà cosa e inforcando il fucile sparò un colpo all’aria, noi aumentammo la velocità e raggiungemmo la fossa dove era caduta Ivana. Tutti cercammo di farla aggrappare alle nostre mani sudate. Non ci riuscì e sentimmo qualcuno che mormorava qualcosa. Alzato lo sguardo vedemmo l’uomo che ci stava raggiungendo e tutti fuggirono.
Mi dispiace dirlo, ma sono un vigliacco anch’io e quindi la lasciai da sola, con un solo consiglio: nuotare. Poi me ne fuggii guardando dietro di me. L’uomo aveva raggiunto la fossa e aveva scoperto che dentro c’era Ivana. Allora iniziò a buttarle la terra sopra, voleva sotterrarla, sotterrarla viva. Canticchiava un macabro motivo che non stavo sentendo, nascosto nel cespuglio guardavo inerme la fine d’Ivana.
Lei urlava e lui rideva, lei gridava aiuto e noi la guardavamo morire, lei ci chiamava e un cane abbaiò.
Un cane abbaiò?
Mi voltai e mi ritrovai a baciarmi con il mostro zannuto di prima. Mi alzai di scatto e ripresi a scappare. Corsi lungo il viale e pensai che forse avrei potuto far rincorrere l’uomo dal cane e così avvicinandomi all’assassino mentre il cane mi rincorreva mi lanciai di lato, mentre il cane faceva un balzo e questo azzannò l’uomo ad un braccio.
Allora si mise a correre con il cane attaccato al braccio cercando di farlo andare via ed io chiamando gli amici presi il fucile ed insieme tutti quanti aiutammo a far riemergere dal misto di piante, pietre e terra Ivana.
Mentre qualcuno scavava per trovare Ivana, qualcuno portava via la terra, qualcun altro prendeva la scala dalla casa io sentii un urlo e voltandomi vidi l’uomo ed il cane cadere in un’altra buca. Poi menefreghista mi voltai e aiutai gli altri a salvare Ivana che tirò un respiro di sollievo dopo essere stata sepolta viva.
La facemmo uscire dalla buca. I suoi capelli non erano più puliti, ma pieni di terra, gli occhi erano rossi e pieni di lacrime, le guance non più arrossate ma sporche di terriccio. Mentre gli altri s’incamminarono Ivana rimase a guardare la fossa stringendosi il cappotto come se sentisse freddo, impaurita e scossa. Io m’incamminai verso la buca dove erano caduti i due.
Guardai dentro ma dell’uomo non era rimasto niente, se non qualche osso qua e là. Il cane era ancora vivo, aveva il pelo sporco di sangue e gli occhi pieni d’odio. Incominciò ad abbaiare contro di me.
Fu a quel punto che brandendo il fucile deciso di farla finita con questa storia e lo uccisi sparandogli contro un bel po’ di proiettili, facendolo diventare un colabrodo. Poi voltandomi vidi che Ivana stava piangendo, non la potevo biasimare, dopo quello che ha passato mi vergognavo anche di parlarle, già far pace con lei per la bastardata dell’anno prima era stato difficile, ma adesso non sapevo come avrebbe reagito a sentire la mia voce. Mi avvicinai per chiederle scusa, ma appena aprii bocca sentii cinque dita prendermi in pieno sul volto e capii che era meglio tacere. Le dissi, però, che era meglio se ce ne andavamo da quel posto.
C’incamminammo verso casa. A metà strada le chiesi scusa, ma non ne volle sapere nulla delle mie scuse. Decisi di lasciarla stare e mi avvicinai agli altri. Qualcuno parlava ancora di quel fatto, qualcun altro pensava che sarebbe stato meglio non parlarne in giro. Mi voltai per vedere dove fosse Ivana, non la vidi, sentii un urlo che veniva da fuori al viale.
- Sono caduta! Aiutatemi...

Francesco Carlucci