Le urla mute del lago

Sono nella mia camera... è diversa... eppure è la mia camera... è buio... non c’è luce... poi improvvisamente dei passi rimbombano nel buio, ripetitivi, monotoni... mi angosciano e sento la gola stringersi...
A un tratto la stanza inizia a riempirsi d’acqua. Filtra da sotto l’uscio della porta. Entra dalla finestra. Fuoriesce dalle fessure del pavimento. Sale, circonda il mio corpo e lo sommerge sempre più velocemente gettandolo nell’oscurità più profonda.
Mi agito, mi spavento, mi guardo attorno. Non riesco a muovermi, le mie gambe sono talmente pesanti da sembrare colonne di cemento... urlo.
Dalla mia gola non esce suono.
Con il cuore a mille mi sveglio di soprassalto... grondo di sudore... accendo la luce come per assicurarmi dell’assenza dell’acqua e ascolto... non ci sono rumori, nessun suono di passi.
L’orologio segna le tre e quaranta, mi alzo e guardo fuori dalla finestra. La città è buia e deserta, ma al contempo illuminata da migliaia di luci artificiali, rendendo il piccolo lago sottostante ancora più luminoso, interrompendo la pesantezza dell’oscurità e creando ombre che mutano continuamente.
Ritorno a letto e poco dopo inizio già a percepire le palpebre pesanti che si chiudono.
Qualche ora dopo è la voce di mia madre a svegliarmi:
“Chris! Chris! Alzati, è tardi!”

Barcollando e con gli occhi offuscati dal sonno, scendo in cucina per la colazione, calda e fumante. La luce della finestra, prima accecante, guida il mio sguardo alla casa vittoriana di fronte, situata sulle coste del piccolo lago circondato da alti salici, lago, che senza motivo, cerco di evitare il più possibile... quel lago e quella casa mi angosciano... mi spaventano...
“Gira una strana storia su quel lago... Sembra che vi sia annegata una bambina...”
Le parole di mia madre risuonano assillanti e spaventose nella mia testa, come il suono dei passi che udivo nel mio sogno... passi di scarponi.
Prepotenti le sensazioni vissute mi occupano la mente... un senso di vuoto mi annebbia la vista.
“Il padre si è impiccato la stessa notte.” Continua mia madre.
Ad un tratto mi sembra di vivere una scena terribile che riaffiora dal passato attraverso me: le urla mute della bambina e la sedia a rotelle accanto a lei che va a fondo.
“Lo so” sussurro con flebile voce soffocata dall’ansia e da calde lacrime.
“Lei era una splendida bambina dalla pelle color latte e dai lunghi capelli neri che ascolta, in silenzio, la voce del padre dirle – da ora in poi starai meglio - mentre la conduceva in riva al lago”
Nel pronunciare queste parole mi ritrovo a fissare, quasi senza rendermene conto, la mia immagine di ragazza dai lunghi capelli neri, riflessa sul vetro della finestra.

Cinzia Ceriani