La scorciatoia

"Devo assolutamente ricordarmi di pagare la rata dell'università di Giulia" pensò la donna al volante della sua Punto usata. Si preparava a trascorrere un'altra serata in solitudine, il marito con uno dei suoi tanti e stressanti turni di notte e l'unica figlia al primo anno di università a Bologna. "Dovrei aver messo da parte abbastanza soldi anche per comprarle un motorino. In città, con quel traffico, sarà sicuramente più comodo e poi per la macchina c'è sempre tempo. Chissà come se la cava la mia piccolina. Tutta sola in un posto nuovo... mi chiedo se ho fatto la scelta giusta, avremmo potuto scegliere un'università più vicina". Completamente assorta nei suoi pensieri svoltò, come da abitudine, per la sua solita scorciatoia. Abbandonò la strada principale e si immise in una strada di campagna, malamente asfaltata ma molto larga e tranquilla per via del poco traffico serale. Più volte si era chiesta se ne valesse la pena, grazie alla scorciatoia saltava quattro semafori e parecchia coda, soprattutto nell'ora di punta, ma era una strada così isolata. Del resto se le fosse accaduto qualcosa avrebbe sempre potuto usare il suo cellulare per chiamare aiuto.
"Dovrei avere qualcosa da scaldare in frigorifero." si guardò intorno, le stradine più strette e malagevoli che si intersecavano con la principale, l'alto grano pronto ad essere mietuto e quella irreale sensazione di solitudine, come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa.
"Le tue sciocche paure infantili, non crederai davvero a quello che si dice in giro, vero? Sono solo stupide storie che i tuoi studenti si raccontano per spaventarsi a vicenda!".
Si vide entrare nella casa restaurata dei suoi genitori, quella che lei e suo marito avevano comprato dopo la scomparsa di papà, quella in cui era cresciuta, dove aveva trascorso i momenti felici della sua infanzia. Tutto come da copione, una scena che si ripeteva ormai da anni. Prima dar da mangiare al gatto, poi una doccia veloce, mangiare qualcosa e infine un buon libro prima di addormentarsi. Sino all'anno prima la casa non era mai stata vuota, c'era sempre stata Giulia con lei, Giulia e le sue amiche con i suoi pigiama party, Giulia e la sua musica assordante, Giulia e le sue interminabili telefonate... ma ora Giulia era lontana e lei si rendeva drammaticamente conto di essere invecchiata nell'ombra della propria figlia.
"Sapevi che sarebbe accaduto prima o poi, sapevi che il tuo prezioso uccellino avrebbe preso il volo. È la vita cara Teresa, lo hai fatto anche tu, ricordi? Hai scelto la tua strada e hai deciso di percorrerla sino in fondo. È giusto che sia così!" lo sapeva, se ne rendeva conto ma non riusciva ad accettarlo. La sua bambina le mancava troppo.
"Darò un'occhiata ai compiti in classe di oggi... più tardi, magari sorseggiando quella tisana che mi ha comperato mia sorella. Il tema non era difficile e non penso che darò molte insufficienze. Le solite probabilmente. O forse andrò a letto, mi sono svegliata così presto questa mattina!"
Non si accorse della macchina nera che si immise a fari spenti da una delle stradine secondarie.
"Questa strada mi dà i brividi. Giuro che è l'ultima volta che la percorro di notte!"
Tornava dal suo corso serale di yoga, non che le servisse a molto ultimamente. Pensò di nuovo a quello che si diceva in paese. Pensò a quell'intera famiglia scomparsa. Due adulti, marito e moglie, e i loro due bambini. Poco più di un mese prima. La macchina era stata trovata ammaccata e giù di strada proprio in un luogo vicino alla strada che stava percorrendo in quel momento. I quattro corpi non erano stati ritrovati. O per meglio dire non erano stati ritrovati interi.

"Smettila con questi pensieri, sciocca!"
Si disse per evitare di spaventarsi.
Si diceva che fossero state ritrovate solo le teste, una accanto all'altra impalate ai bordi della strada. Un evento davvero raccapricciante. In paese si era cominciato a parlare di un serial killer ma in paese gli argomenti di discussione di quel genere erano sempre molto graditi. In realtà non c'era nessuna prova che la storia delle teste fosse vera. I giornali non ne avevano fatto parola e la polizia non si era sbilanciata. A quanto ne sapeva poteva essere stato anche un semplice e banalissimo incidente. I ragazzi alla sua scuola ne avevano inventata una migliore.
A uccidere la famiglia non era stato un uomo ma bensì un mostro, un orribile mostro metà vampiro e metà lupo mannaro che guidava una macchina nera dai finestrini completamente scuri. La faceva un po' ridere l'idea di un lupo mannaro al voltante di un'automobile. Aveva spiegato ai suoi ragazzi che i mostri non esistevano e che avrebbero dovuto utilizzare la loro fantasia per il compito di italiano che aveva intenzione di assegnare loro la settimana prossima.
Lei sapeva che i veri mostri erano quelli in carne ed ossa. A quarantacinque anni ormai aveva capito bene quante persone orribili e spietate ci fossero in giro, lei con la sua laurea in filosofia e le sue lotte in piazza, lei che aveva visto svanire piano, piano tutti i suoi ideali soffocati da quelle stesse persone che ormai erano al potere.
No, non esisteva nessun mostro pronto a tagliarti la testa e ad impalarla ai bordi della strada...
La macchina dietro di lei accese improvvisamente i fari e le diede una botta.
Non ebbe neppure il tempo di rendersene conto.
"Ma cosa..." urlò sussultando.
Guardò dallo specchietto retrovisore. Vide una grossa macchina nera con i finestrini scuri.
Si sentì svenire. Era solo un maledetto incubo. Una di quelle incontrollabili paure che ti assalgono quando sei bambina. La macchina le fu di nuovo addosso. Si sentì proiettata in avanti.
Accelerò terrorizzata e prese il suo cellulare, compose il numero della polizia.
"Centrale di polizia!"
All'altro capo la voce forte e gutturale di un uomo.
"Dovete aiutarmi!" urlò lei. "Un pazzo mi sta inseguendo!"
"Signora si calmi e mi dica cosa le sta accadendo!"
Lei deglutì, la macchina dietro di lei accelerò di nuovo e le diede un altro colpo.
"C'è una macchina che mi sta inseguendo e continua a venirmi addosso!" disse cercando di mantenere la calma.
"Dove si trova?" chiese il poliziotto.
Lei guardò lo specchietto la macchina era scomparsa.
"Non c'è più!" urlò trionfante.
"Cosa vuol dire non c'è più?"
"È... è scomparsa..."
"Mi sta prendendo in giro?"
"No... no le assicuro di no è che..." La macchina le fu di nuovo addosso. La donna urlò, il cellulare le cadde di mano. Quel maniaco era riapparso da un'altra strada secondaria. Le si affiancò, per un istante immaginò che il finestrino si sarebbe abbassato e lei avrebbe visto quel mostro di cui parlavano i ragazzi. Avrebbe guardato nei suoi occhi inumani e crudeli e sarebbe impazzita.
La macchina le fu addosso di nuovo e lei perse il controllo della sua vettura.
Quando aprì gli occhi vide solo una forte luce. La sua automobile era ferma, inclinata e la testa le doleva paurosamente. Si liberò in qualche modo dalla cintura e aprì lo sportello. Era finita in un fosso. Cadde nell'acqua stagnante e maleodorante, pochi centimetri di fango e canne e preservativi usati e foglie secche.
"Tutto bene laggiù?"
Chiese improvvisamente una voce di donna.
"Sia ringraziato il cielo!" pensò.
"Mi aiuti la prego! Chiami subito la polizia siamo in per..."
Qualcuno l'afferrò per i capelli. La vista era ancora appannata per la botta presa in testa e per lo shock.
Urlò mentre qualcuno la trascinava su per il piccolo pendio.
"Sta bene signora?"
Le chiese qualcuno prima di scaraventarla a terra.
Teresa riuscì in qualche modo a mettersi in ginocchio, del sangue le colava dalla fronte, davanti a lei la macchina nera, lo sportello dalla parte del guidatore era aperto. In piedi davanti a lei una donna con un abito classico e un paio di scarpe con i tacchi.
"Sta bene signora?"
Chiese di nuovo la donna, Teresa la guardò meglio, aveva circa una sessantina d'anni, ben vestita, un volto piacevole e sereno se non fosse stato per quegli occhi. Azzurri e glaciali, tremendamente folli.
"La prego..."
Cominciò Teresa ma quella le sferrò un calcio un faccia, sentì il sapore del sangue investirle naso e bocca, dopodiché un dolore lancinante le impedì di sorreggersi, cadde seduta. Non era più in grado di muoversi.
"Ma si guardi!" le disse la donna. "È talmente sciatta! Ma come si fa dico io! Una donna così giovane. E che dire della sua macchina? Lei è una vergogna per il genere femminile e per questo merita di essere punita!"
Teresa, stesa a terra, era incapace di muoversi. La donna aprì il bagagliaio, un tanfo nauseante invase l'aria, e ne estrasse un grosso martello.
"Ora le farò molto male!"
E calò con forza il martello sulle ginocchia di Teresa, lei urlò, consapevole ormai di essere prossima alla fine.
"Non crede che la normalità sia devastante?"
Chiese la folle chinandosi sulla sua vittima e accarezzandole i capelli. Teresa pensò a Giulia, non avrebbe più saputo nulla di lei.
"Ora andiamo a fare un giretto, eh?"
Chiese serena la donna, lanciò il martello dentro il bagagliaio e ne estrasse una corda, poi lo chiuse. Legò un'estremità della corda alla macchina e l'altra la legò ai piedi di Teresa.
"È ora di andare a conoscere i suoi compagni di stanza!" le disse prima di risalire in macchina.
Teresa cercò di urlare ancora ma l'ultima cosa che sentì fu lo stridio delle ruote sull'asfalto.

Marino Buzzi