Fuga dal mondo degli zombi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Drogate o consenzienti, passavamo le giornate in attesa di sfamare istinti maschili, sospese tra scopate frettolose, schiaffi, e pasti a base di scatolette e acqua.
Questa era la vita di noi donne al rifugio, il nostro nuovo mondo.
Quello vecchio?
Finito. Distrutto. Conteso da milioni di morti affamati e poche migliaia di vivi in fuga.
E noi lì, protette da uomini armati e da alte barricate, a marcire nella noia violenta di giornate senza futuro. Eravamo solo carne. Calda, morbida, appagante.

 

"Attraversa il lago e dirigiti a nord. Un nuovo mondo è nato. Una nuova speranza."

Cominciai a sognare quella frase, ogni notte. Cominciai a credere.
Nessuno però mi prese sul serio, troppo pazza.
Nessuno fu disposto a darmi i mezzi per lasciare il rifugio, troppo bella.
Pensai di essere condannata.
Poi Alex il falegname venne da me a soddisfare le sue voglie, e capii di aver trovato il mio salvatore. Lo chiamavano 'il maiale': era grosso, roseo, e ridendo grugniva.
Lo feci mio come solo una donna può riuscire a fare. Divenne parte dei miei sogni, dei miei progetti. E, quando gli proposi di fuggire insieme, accettò felice.

 

Settimane dopo ci ritrovammo sulle rive del lago, carichi del nostro equipaggiamento da fuggiaschi, circondati da morti viventi immobili nel gelo invernale.
“Non sono riuscito a rubare il cibo, non possiamo scappare” disse piagnucolando appena mi vide.
“Non ti preoccupare” risposi abbracciandolo. “Era tutto previsto”.
Quando si staccò da me, portandosi le mani alla gola squarciata, era ormai troppo tardi. Non si era accorto del coltello.
Morì poco dopo.
Lo caricai insieme all’equipaggiamento sulla slitta che aveva costruito per noi.
Calzai gli sci. Arrivare al nuovo mondo dipendeva ora solo dalle mie forze.
Davanti a me riposava il lago, ghiacciato e vastissimo. Dietro 'il maiale'.
Era solo carne. Fresca, necessaria, nutriente.

Alec Valschi