Rob

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

“Non avevo mai sognato prima di questa notte: il mio stesso grido mi ha svegliato mentre vedevo il mio corpo aprirsi e gli organi interni rotolarne fuori sanguinanti. Ora, seduto sul letto, intriso di sudore, riprendo fiato e voglio capire cosa può aver provocato quest’incubo.
Pensa, Rob, pensa...

 

Dunque, l’unica cosa diversa dal solito che è successa oggi è stato l’arrivo di Janet, la nuova assistente del Professore, nel laboratorio di cibernetica dove lavoro. Veramente il Professore, geniaccio che passa la vita fra circuiti e robot, è anche mio zio, anzi, più che uno zio, giacché mi ha adottato quando, a seguito di un tremendo incidente, i miei genitori morirono ed io persi la memoria.
Ma è acqua passata, quest’incubo è frutto di un’anomala emozione recente.
Pensa, Rob, pensa... Ma ora gli occhi mi si chiudono... ho sonno...”

Sensazione di soffocamento, il naso si gonfia, si gonfia sempre di più come una grottesca palla attaccata in mezzo alla faccia, il sangue comincia a zampillare e con forza sputa fuori dalla narice un pezzo di carne rossa che somiglia ad un cuore di maiale. Janet sorride e lo raccoglie... Rob si sveglia di soprassalto, ansante, stravolto... un altro incubo, stavolta con Janet.

“Che succede? Perché mi sento così? Janet, Janet, ma dove sono finite la mia impassibilità, la mia freddezza... E’ lei, è colpa sua... Si è insinuata subdolamente in me senza che io glielo chiedessi... Se la penso sento sciogliersi qualcosa nella mia testa... Sto ripetendo il suo nome come un disco incantato...”

 

All’improvviso, come nei suoi incubi, gli occhi di Rob caddero a terra rimbalzando, la bocca si spalancò di colpo e un filo di fumo cominciò ad uscirgli dalle orecchie. Lui non poteva saperlo, ma Rob-OT-42, il più sofisticato robot del Professore, non era stato programmato per l’amore.

Silvia Pianelli