Dal Diario di Charles Riddle

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Quando ti ritrovi di fronte ad una scena simile il raccapriccio e lo stupore ti bloccano ogni singolo muscolo del corpo, persino quelli della bocca, impedendoti anche di urlare.
“Chi poteva essere stato?” pensai in quell’attimo d’incredulità. Il sangue sulle pareti e il suo corpo esanime abbandonato sul pavimento: sembrava lo scenario di un film horror... ma di film non si trattava.
Dopo attimi nei quali anche i miei pensieri erano congelati e immobili come il resto del corpo, il terrore mi invase all’improvviso pensando che, forse, l’autore di quell’ignobile gesto poteva ancora essere nascosto in casa. Magari era dietro di me, pronto a colpirmi prima che io chiamassi la polizia, che gridassi aiuto, che cercassi di...

Mi girai di colpo e non vidi altro che la mia immagine riflessa nello specchio: per un attimo trasalii sbiancando.
Cercando di non farmi prendere dal panico raggiunsi il telefono con l’intenzione di chiamare la polizia. Dentro di me l’orrore cominciava ad inibirmi la ragione, e con essa la forza fisica. Caddi sulle ginocchia, le mie mani tremavano.
In un attimo mi resi conto che a nulla sarebbe servito affrettarmi nel chiamare i soccorsi; lei era morta, e niente potevo fare per farla tornare in vita. Qualcos’altro invece potevo, anzi, dovevo fare; qualcosa che, forse per il forte shock della visione, non avevo fatto immediatamente. Certe cose non sono affatto semplici da pianificare.
Mi diressi così in bagno, arrivai al lavandino e aprii l’acqua. Dovevo togliere in fretta tutto il sangue che avevo sulle mani e sui vestiti... per poi sbarazzarmi di quel maledetto coltello...

Guido Pacitto

Studio Scienze della Comunicazione all'Università "La Sapienza" di Roma. Scrivo racconti e romanzi da qualche anno, spaziando tra i generi horror, fantasy e fantascienza. Gli scrittori ai quali sono più affezionato sono senz'altro S. King, E.A. Poe, H.P. Lovecraft, I. Asimov e P. Dick.