Quattro, quattro, uno, una

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Le veneziane sprangate lasciano filtrare a malapena qualche raggio di luce che dipinge la stanza di bianco e nero. Un armadio, una specchiera con un cassetto troppo lontano, il letto sporco di sperma e piscia.
Lei è lì sopra rannicchiata, stringe i denti con cui tiene la cinghia e tira con tutta la forza che ha.
Sembra che inizi subito a funzionare...
Quattro pareti che lei conosce perfettamente.
Forse non troverà il coraggio per farlo.
Avvicina la bocca, sfiora una superficie che non le sembra più familiare, ci prova, ma all’ultimo si tira indietro.
E’ davvero troppo, troppo come quei quattro anni.
Le lacrime iniziano a scendere seguendo un percorso che tanto bene conoscono...
“Piangere non ti servirà a nulla!”, le rimbomba quella voce bastarda nel cervello.
Singhiozza, non vorrebbe farlo, ma è l’unico modo per essere libera.
Passa mezz’ora, sente sulle guance la fredda striscia amara che ha finito di correrle sul viso.
Ci riprova, raggiunge a fatica quel punto ormai atrofizzato e questa volta affonda i denti.
Cazzo quanto fa male! Non si può raccontare questo dolore.
Il letto diventa un lago di sangue.
Ormai non può più fermarsi, morde, stacca e sputa, pezzo dopo pezzo.
Il sangue inizia a fermarsi.
Usare la cintura per fermare la circolazione è stata un’ottima idea.
E’ arrivata all’osso, ora non resta che tirare.
Quando quell’uomo vedrà questo macello andrà su tutte le furie.
Un uomo.
Tira con tutta la forza che le rimane.
Tira, e finalmente lo stacca!
Staccare il pollice era l’unico modo per sfilarsi le manette, per scendere dal letto, per raggiunere quel cassetto troppo lontano, per aprire il cassetto e prendere il coltello, quel maledetto coltello!!!
Una ragazzina rapita, un uomo malato, quattro pareti di una baracca nel bosco, quattro anni di torture e violenze.

Emanuele Lombardo