Giulia riposa in pace

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

La confessione resa dal Bellini, m'indignò; ancora una notizia di violenza familiare, in una pagina di cronaca provinciale. Nessuno non si era accorto di niente. Addirittura il parroco, alle domande di un giornalista, aveva detto: "Il Bellini... Oh mio Dio, è un buon padre, un onesto lavoratore".
Il corpo di Giulia riversava a terra. L'aria putrida di morte, era pervasa da un nugolo d'insetti. Nei giorni successivi al suo decesso, gli animali avevano tirato via a brandelli la tenera carne che ora pendeva dalle pareti delle ossa. La stagione era tarda per le mosche, eppure quella mattina, erano tutte lì, come se avessero concordato un appuntamento. Si rotolavano, si dimenavano su quel corpo logoro di ferite. Sentivo le loro esili voci, mentre consumavano nell'irrequietezza il lauto pasto. Tutto era immobile e quieto, un cattivo odore filtrava le mie narici, nemmeno un alito di vento a mitigare l'olezzo.

Il rigurgito della birra, bevuta la sera prima, mi saliva alla gola. Che sensazione rivoltante. Mi sentivo il relitto di un galleggiante naufragato, ma riuscii lo stesso a scattare le foto, e ad avvicinarmi alla carcassa umana senza vomitare.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il Bellini aveva agito sotto l'estatica ebrietà di sostanze stupefacenti. Con natura malvagia, si era lanciato sulla piccola Giulia, privandola dei suoi vestiti, strappandole l'ultimo respiro, fino a separarsene in una discarica abusiva.
Per mesi ricorsi ad ansiolitici, per allontanarmi dal pensiero l'immagine di quella bambina, che si dimenava in cerca d'aiuto e assopire una voce disperata che non proveniva da bocca vivente. Giulia, mandava gemiti strazianti, pianti convulsi, urla lancinanti.
Bellini morì in carcere, qualche anno dopo la sua condanna. Dal quel giorno i miei sonni, non furono più tormentati dalla presenza di Giulia. E' come se, con la scomparsa del padre, avesse ritrovato la sua dimensione.

Fabiola Lucidi