La forza dell'abitudine

Aveva ragione mio padre. Mi diceva sempre di non preoccuparmi delle novità, perché sarebbero divenute presto routine. Cavoli, se aveva azzeccato. Faccio questo lavoro da nemmeno un anno e mi sono già abituato a vedere tutto quello che esso comporta. Però, forse, non avevo fatto i conti col rimorso. Ero medico, sapete. Medico chirurgo, anche abbastanza importante. Ma poi mi sono rotto. Sempre quelle cose, orari impossibili. Allora ho deciso di cambiare e sono diventato quello che sono adesso. Ma per fortuna fra venti, massimo trenta minuti sarà tutto finito. Sono seduto su una poltrona in pelle bianca nel bel mezzo del soggiorno del mio prossimo “cliente”. Cliente! Almeno non mi manca il senso dell’umorismo. Non ho paura di sbagliare mira. La mia mano è una delle più ferme del mondo. L’abitudine di operare tutti i giorni. Il mio uomo dovrebbe arrivare a momenti. Appena aprirà la porta della sala, lo fredderò con un colpo preciso qui, in mezzo alla fronte. D’altronde, è da tempo che lo faccio sempre allo stesso modo. Dopodichè, con l’unico colpo che mi sarà rimasto in canna, mi sparerò alla tempia. Sì, avete capito. Mi sono rotto di tutto ormai. Dopo dieci minuti, arriverà la mia fidata “domestica” che ripulirà tutto e farà sparire il mio cadavere. Mi sono sempre chiesto come Jasmine riesca a pulire tutto quel cervello senza che gli venga da vomitare. La forza dell’abitudine, probabilmente.

Stefano Porta