Lo scultore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Un giorno come tanti un uomo era seduto sul divano del salotto.
Guardava la televisione. O meglio le televisioni. Perché l’unico sfizio che quell’uomo si era tolto era quello di avere, sulla parete del suo salotto, quattro bellissimi schermi per altrettante televisioni: una per angolo.
Nel centro della parete una piccola mensola con sopra la testa lignea di sua moglie, ultimo ricordo della persona amata che non c’è più.
L’uomo, dal suo posto sul divano, sposta gli occhi da uno schermo ad un altro, attento ad ogni singola immagine; in mano un telecomando col quale dar voce e vita a quell’immagine.
Tutto è come sempre: films sugli schermi alti ed un documentario sullo schermo in basso alla sinistra.
L’ultimo schermo trasmette un’intervista ad una donna: sembra molto agitata, gesticola convulsamente toccandosi i capelli.
L’uomo non ha bisogno di aumentare il volume, sa perfettamente di cosa e di chi sta parlando la donna: il cacciatore di teste.
Da due anni, ogni mese, vengono uccise delle persone, maschi e femmine senza distinzione, e con un particolare: le teste non sono mai ritrovate.
L’uomo si alza, scocciato.

Percorre con rapidi passi l’ingresso per dirigersi in cucina. Distrattamente nota le teste lignee riproducenti i suoi figli, ricordi di persone amate che non ci sono più.
Mentre pensa alle sciagure passate passa le mani con delicatezza su tre mensole vuote che ornano la parete sgombra della cucina, dove fino a due anni prima c’erano il tavolo e le sedie, tolte perché ricordo di persone amate che non ci sono più.
Quelle mensole non sarebbero restate vuote ancora per molto. Nel freezer tre teste sconosciute aspettano di essere trasformate in opere lignee ricordo di persone felici che non devono esserci più, come le altre che beffarde lo salutano da ogni angolo della casa.

Riccardo Del Gratta