Richiesta inaudita

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Quando l'alba lo trovò sveglio nel letto disfatto, dopo una notte insonne, aveva preso una decisione. Avrebbe rifiutato. Non sapeva ancora come, ma avrebbe rifiutato. Si alzò a sedere, guardò il telefono sul comodino e aspettò che squillasse ancora. Qualcosa gli diceva che l'avrebbe fatto: e a quel punto avrebbe detto "no, grazie, ci ho ripensato". Il cielo si stava schiarendo; lui attese.
Era stato un momento di sconforto, quello della sera prima, uno di quei momenti che capitano nella vita di tutti e che fanno dire cose che non si pensano veramente. Era impossibile che fosse stato preso sul serio, doveva essere uno scherzo. Stupido lui a stare qua con l'ansia che gli toglieva il fiato, ad aspettare la seconda puntata di quella misteriosa comunicazione. Stupido.
Il telefono squillò.

"Troppo tardi", disse la Voce all'altro capo del filo, la stessa della sera prima. "E' troppo comodo invocarMi e poi fare marcia indietro. Avrai ciò che hai chiesto." Non ebbe il tempo di replicare: la comunicazione fu interrotta.
Rimase immobile, col telefono in mano. La sera prima, col morale a terra, aveva bestemmiato, aveva pianto, aveva detto "vorrei non essere mai nato." Aveva risposto al telefono solo perché non smetteva di squillare, non perché avesse davvero voglia di sentire qualcuno. E certo non immaginava che sarebbe entrato in scena Lui. "Ti accontento", aveva detto la Voce la sera prima, "da domani non sarai mai nato." Era stato colto talmente di sorpresa che non aveva saputo cosa rispondere; dall'altra parte, il clic e il suono di linea libera.
Le sue mani stringevano ancora la cornetta. La sua mente, smarrita e confusa, trovò il tempo di chiedersi come sarebbe cominciato. Fuori, il sole era già alto.
Guardò in basso e si accorse che cominciava a vedere il pavimento attraverso i suoi piedi.

Elisabetta Antichi