Il cesso

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Seduto sul cesso fissava assonnato il muro davanti a sé.
Vengo a prenderti. Sentì.
Non diede molto interesse alla cosa convinto di essere ancora addormentato.
Vengo a prenderti.
Questa volta la frase fu più chiara. Da seduto che era cercò di abbassarsi per spiare, dalla fessura sotto la porta, nell’antibagno. Nessun movimento o rumore.
Vengo a prenderti.
Questa volta sembrava più vicina. Accennò un sorriso sforzandosi di crede in un qualche scherzo dei suoi colleghi. Si guardò intorno in quella stanzetta di un metro per uno, senza trovare nulla di insolito.
Vengo a prenderti.

Questa volta capì chiaramente che la voce proveniva da sotto i suoi piedi. L’acqua del cesso gorgogliò. Saltò in piedi, e con le braghe ancora calate si voltò a guardare il buco. Nel water c’era sangue, di un rosso vivo, che lentamente stava salendo di livello.
Vengo a prenderti. E il sangue ribollì di nuovo. Senza neanche pensare a pulirsi, si rivestì e si affrettò alla porta. Chiusa.
Vengo a prenderti.
La voce era sempre più vicina. Tenendo ancora in pungo la maniglia si voltò. Mentre il sangue colava a terra, un braccio penzolava dalla tazza e a fianco una testa si stava facendo spazio per uscire. Non voleva guardare e si ributtò con tutto il peso del corpo contro la porta.
Vengo a prenderti.
La voce era fin troppo vicina. Quando il sangue gli bagnò le scarpe si voltò schiacciandosi con la schiena contro la porta. Davanti a lui un uomo con il corpo quasi completamente scarnificato gli era ormai vicino. Cercò di gridare, ma la creatura gli mise la mano sulla bocca lordandogli il viso di sangue.
Sono venuto a prenderti. Sorrise dicendolo. Questa volta ti sei mangiato la persona sbagliata. E così dicendo gli si avventò sul volto terrorizzato.

Emiliano Maiolo