- Dove siamo?
    - Lontano.
    - Che ne è stato delle nostre famiglie, dei miei genitori, di?...
    - Sono morti.
    Ivan aveva sperato che la ragazza non glielo rammentasse. Non riusciva a immaginare, del
    resto, cosaltro avesse dovuto rispondergli e neanche pretendeva una qualche
    menzogna. Forse la sola cosa che bramasse era una spiegazione.
    - E dovè che mi hai portato adesso?
    Il capo dellalbina virò verso quello in agitazione del bambino. Il pallore nelle
    gote della femmina filtrava linespressività del suo volto la cui unica luce era
    data dal riflesso duna coppia di dischi sanguigni intenti a scrutare il piccolo
    sopravvissuto.
    Per un istante lorfanello avvertì il gelo della notte pervadergli le membra.
    - Lontano - si limitò a rispondere lo strano viaggiatore che quello stesso pomeriggio
    aveva strappato la vita di Ivan a una fine certa. La donna riprese a meditare fissando
    lorizzonte davanti a sé. Il silenzio tornò a velare la steppa. Ivan non ebbe il
    coraggio daggiungere altro; decise dallontanarsi il più possibile e starsene
    lì buono, muto come un morto.
    Dopo circa mezzora Ivan riprese a far strisciare il proprio corpo lungo le venature
    della pietra fino a quando non poté riaccostarsi alla ragazza. Hinon stava lentamente
    calando oltre la linea che univa il cielo ai confini della piana. Presto sarebbe giunta
    loscurità.
    Il bambino provò a premersi contro la pelle scura, dura come lebano della corazza
    in cuoio indossata dalla compagna. Sentiva la solitudine, le lacrime sussultare, lottare
    per emergere in superficie. Non glimportava se si fosse infuriata. Voleva starle
    vicino, abbracciare qualcosa che somigliasse a un umano. Quasi urlò, tuttavia, quando un
    braccio, cingendolo alla vita, lo sollevò dal cornicione, piazzandolo sulle gambe della
    donna. Una mano dalle dita affusolate iniziò a carezzare la nuca del piccolo mentre
    laltra lo reggeva al petto per evitare che precipitasse.
    Il vuoto sulla cima della torre incombeva sotto lo sguardo dentrambi e le prime
    folate della bufera notturna scuotevano già le loro chiome. Filamenti castani si
    mescolavano a lunghe, fluide trame di bianco ondeggiante.
    E il cielo diveniva sempre meno vivido e lucente.
Lincantatrice adagiò il piccolo involucro umano allinterno
    della piazza delledificio. Finalmente Ivan sera addormentato e ora la ragazza
    sentiva la necessità di scendere dalla piatta e uniforme superficie sulla quale era
    rimasta appollaiata da un pezzo. La costruzione totalmente priva di merlature che
    costituiva lapice della propria abitazione non necessitava dulteriori difese
    oltre a se stessa. Si elevava troppo perché qualche arma da tiro potesse varcarne le
    mura. Del resto non era affatto una raffica di dardi ciò che la donna temeva...
    Adanthyd gettò unultima occhiata distratta al bambino. Salvarlo era tutto quel che
    aveva potuto fare per il villaggio del sud. Ora non le restava che attendere il ritorno
    della propria creazione dal villaggio dellest, il quale, oramai, doveva trovarsi
    ridotto a un cumulo di ceneri. 
    Karydith Adantyd estese il braccio destro per la propria intera lunghezza. Una flebile
    palla di luce lampeggiò per alcuni secondi nel palmo duna mano tesa dopodiché il
    bastone delle evocazioni iniziò a materializzarsi prolungando le sue nodosità dai due
    lati della sfera.
    Riusciva a sentirla, la sua mostruosità. Si muoveva rapidamente, molto più di qualsiasi
    altra aberrazione fosse riuscita a creare, troppo perché avesse potuto inseguirla fin
    laggiù.
    Doveva serbare ogni briciolo denergia per lo scontro finale, era indispensabile.
    Lo sbuffo del vento iniziò a farsi più insistente; Karydith socchiuse le palpebre
    tirando a sé un respiro profondo.
    La macchia densa che sagitava svolazzando al di sotto del globo lunare diveniva
    sempre più voluminosa. La strega decise di sperare soltanto dessere in grado di
    salvare le due città che restavano.