Non è
    molto cambiata da quella vecchia foto. La sua foto di laurea. Le sembra di vederle ancora,
    le facce allegre intorno a lei. Che le dicevano di sorridere.
    Stava riordinando la soffitta e, tra i tanti ricordi, si era soffermata su quella
    fotografia.
    Non si ricordava di quello sguardo. Eppure era il suo. Era lei vent'anni fa. Aveva solo
    ventiquattro anni quando era stata scattata quella fotografia, eppure aveva già
    seppellito tutti i suoi sogni da tempo. Il sogno di scrivere poesie, che per suo padre era
    un'inutile perdita di tempo e non produceva nulla, il sogno di vivere un amore vero,
    infranto quando era stata costretta a fidanzarsi con il suo attuale marito. Non ne aveva
    mai fatto una colpa a suo padre. In fondo lui cercava solo di fare il suo bene, di
    renderle la vita più facile e di darle tutto quello che chiunque avrebbe potuto
    desiderare... Chiunque, forse quasi tutti. A parte lei.
    Il matrimonio, come diceva sempre suo padre, dev'essere ragionato, pianificato. Non si
    può affidare una cosa così importante come un'unione che deve durare tutta la vita al
    cuore, alle emozioni, all'emotività. Ancora meno alla passione. Tanto, poi, la passione
    si spegne. E cosa ti resta, dopo? Ecco perché adesso ci sono tanti divorzi, tante
    famiglie spezzate. Perché la gente non pensa, non ragiona, si lascia trascinare dalle
    emozioni e dai sentimenti.
    E lui la pensava davvero così, al punto che dopo la morte della mamma non aveva più
    voluto nessuna donna in casa. E dire che non gli mancavano le pretendenti. Forse avrà
    anche avuto qualche avventura, anche se lo dubitava, conoscendo l'intransigente moralismo
    cattolico di suo padre, ma non si sarebbe mai risposato. In questo è rimasto fedele alla
    moglie fino alla morte. Per lui il matrimonio era comunque indissolubile, non erano
    ammessi errori. Se sbagliavi, era peggio per te.
  Quanti sogni, quante speranze. Tutto era rimasto chiuso in un cassetto, insieme a quella
  fotografia.
  Ma, d'altronde, cosa avrebbe potuto fare, lei, per opporsi a suo padre? Fuggire di casa
  vivendo come una senzatetto? Non era per lei, non ci sarebbe mai riuscita. Parlare con suo
  padre? Dio solo sa quante volte ci aveva provato. Come puoi cercare di far ragionare un
  uomo che ha fatto i miliardi tutto da solo, che si è convinto di essere quasi un dio?
  Era stato più semplice accettare le sue imposizioni. Meno faticoso. Era una ragazza
  intelligente e anche se l'informatica e l'economia non erano certo le sue materie, era
  riuscita a laurearsi a pieni voti. Quella fotografia immortalava proprio il giorno della
  sua festa di laurea, nel parco della loro immensa villa.
  Tutta la sua vita, tutto il suo futuro, erano già in quello sguardo. In quegli occhi
  tristi, remissivi, rassegnati, che adesso le sembra che la stiano guardando. Forse, per
  uno strano scherzo del destino, in quel momento stava davvero vedendo come sarebbe
  diventata. Ecco, adesso sapeva il perché di quello sguardo triste e corrucciato che
  stupiva tutti, nella sua foto di laurea. Forse presente e passato coesistevano e, in
  questo stesso istante, lei, alla sua festa di laurea, si stava vedendo. Stava guardando
  questa donna di mezza età che aveva sprecato la sua vita, che aveva chiuso tutti i suoi
  sogni in un remoto angolo del suo animo, finché erano morti, avvizziti da una realtà
  che, giorno dopo giorno, era riuscita a stordirla, entrando nella sua mente e facendole
  credere che fosse l'unica vita e l'unica realtà possibile.
  Era una sua impressione o gli occhi, i suoi occhi, nella foto, si erano mossi? Era
  impossibile. Eppure qualcosa era successo. Perché prima, nella fotografia, nei suoi
  occhi, non c'era traccia di quelle lacrime che adesso rigavano il volto della giovane
  laureata.
Nell'ambito del concorso del 2005, indetto da Bompiani e Arpanet, questo racconto è stato selezionato e premiato con la pubblicazione nell'antologia "Fermenti", edita da Arpanet, che ne detiene attualmente i diritti di pubblicazione.