Nostra signora delle mosche

Nel cortile, tra rugginose cariole, cumuli di calcinacci e biancheria stesa, bambini giocano a prendersi.
Oltrepassata la soglia, la penombra è di un tessuto avvolgente. Dietro lo scrittoio lui ha occhi storditi ma la fronte è ampia come uno sguardo. La pipa sembra essere una parte di sè.
" Il purgatorio " mi dice, come se già ci fosse stata una stretta di mano.
Coglie l'espressione perplessa sul mio viso e sorride scuotendo il capo.
" Il purgatorio " dice nuovamente indicando fuori da dove giungono le grida gioiose dei bambini. " C'è più inferno o paradiso nel purgatorio? "
" Vostra figlia… " dico, " so tutto… la mina antiuomo… "
Avrei desiderato una giornata diversa con un cielo plumbeo ed un lampeggiare lontano. Avrei desiderato l'approssimarsi di qualcosa.
" Avete nulla di forte da offrirmi? " chiedo.
" Pensate mai a Rosa Luxemburg? " dice. Da un mobile prende una bottiglia. Non c'è etichetta, è un distillato fatto in casa. Come io desideravo.
" I nostri bambini a volte amano torturare piccoli animali " dice.
Sorseggio il liquore. Un sapore speziato, chiodi di garofano forse, lasciati a lungo a macerare nell'alcool.
" Può lasciare il plico sulla mensola. Lei dunque è dell'Organizzazione. Che ragione ha? " chiede.
Genocidio. Pulizia etnica. Sarebbero molte le parole…
" Vorrei vederla " chiedo.

" Il viso " dice " è stato risparmiato. Venga con me "
Un'altra stanza. Una diversa oscurità. Non solo le imposte chiuse. La cera lacrimante dei ceri. L'hanno ricomposta sul suo lettino e coperta con una trapunta bianca vaporosa come una coltre di nebbia. Solo la testa vi emerge. I denti, tra le labbra leggermente schiuse, sono un incantevole rosario di perle.
La morte è una preghiera pietrificata.
Mi accorgo che lui la sta guardando con quella particolare espressione di rimprovero che riserviamo a coloro che abbiamo troppo amato.
" Sono tutti vostri quei bambini nel cortile? " chiedo.
Sposta una ciocca di capelli dalla fronte della sua bambina.
" Pensate mai a Rosa Luxemburg? " ripete. " E a Klara Zetkin? "
" La smetta per favore " dico.
" Il buio che qui regna… " dice. Poi tace.
Quando porteranno via il corpo, sul cuscino di raso resterà impressa l'impronta della nuca. Lui tornerà ad immergersi nei suoi studi clandestini. Ed a fumare quel suo tabacco dal profumo luttuoso.
Altre crocette nel frattempo aggiorneranno la mappa delle Fosse Comuni. Io lo conosco quel biancore di ossa che a volte affiora tra le zolle smosse…
Il plico è rimasto incustodito sulla mensola. E' scritto in codice. Quel che andava fatto è stato fatto.
" E' ora che vada " dico.
Di fuori vedrò nuovamente i bambini che giocano a prendersi.
" Pensate mai a Rosa Luxemburg? E a Klara Zetkin? "
Non c'è modo per fuggire a noi stessi.

Gino Spaziani