Ricordo di lei

Era un piovoso pomeriggio di fine ottobre quando arrivai a Lucca per un importante impegno di lavoro. Ero un agente di commercio presso una ditta di materie plastiche e dovevo recarmi urgentemente da un cliente per mostrargli il campionario. Ero agitato ed ansioso anche se quel giorno non avevo toccato né sigarette né caffè. Questo mio stato d'animo, però, non era dovuto all'imminente colloquio bensì ad una maledetta ossessione che da qualche mese m'intimoriva.
Tutto era cominciato la scorsa primavera quando, in un autogrill, incontrai una ragazza. Mi sembrava di conoscerla da tempo, ma non ne ero sicuro. Somigliava ad una tipetta almeno dieci anni più giovane di me. Ricordo che, con compagnie diverse, frequentavamo lo stesso pub e la stessa palestra, quando, anni fa, vivevo a Lucca (la mia città natale).
A quel tempo mi sentivo invincibile, riuscivo in tutto quello che facevo e passavo da una soddisfazione all'altra: lavoravo per un'importante azienda di software ed ero riuscito a vendere i prodotti a tre multinazionali estere; ero osannato da amici e colleghi, avevo successo con le donne ed ero richiesto, per le doti atletiche, da tre importanti centri sportivi della città. Mi trovavo bello, ricco e potente. Aspiravo a donne sempre più belle ed irraggiungibili per provare anche con esse la mia superiorità ed il mio fascino... Figuriamoci, quindi, se potevo perdere tempo con una ragazzina di diciotto anni poco più, brufolosa, rifinita e con l'apparecchio per i denti! Ma per favore!... Una sera addirittura, mi avvicinò, con la sua solita dolcezza e femminilità, sussurrandomi che era innamorata di me.
Gli risi in faccia e gli dissi: "Cristina! (mi sembra che si chiamasse così)... Dai, lascia perdere!". Le detti un buffetto sulla guancia e me ne andai, lasciandola mortificata e piangente. Mi dispiacque ma avevo altri obiettivi, altre mete e poi, lei non mi meritava: io per lei ero troppo!

Sono passati lunghi anni da allora e tante cose sono purtroppo cambiate: sono solo, il lavoro non va più bene, soffro d'insonnia e, anche se giro l'Italia in lungo e in largo, conoscendo un sacco di persone, mi sento di giorno in giorno più anonimo, più dimenticato, più debole. Ed è proprio in questo contesto che, quando rividi quella ragazza all'autogrill, riconobbi Cristina.
Era diventata una bella ragazza bruna, alta e slanciata, un fisico perfetto... Ma non fu quello che mi colpì: era da sola al bancone del bar ed io le stavo vicino. Lei si voltò e subito mi riconobbe. Invece d'ignorarmi, memore del mio sgarbato rifiuto, mi sorrise soavemente. M'impressionai moltissimo. Abbassai un attimo lo sguardo per l'imbarazzo ma quando rialzai la testa lei era sparita. Adesso quel sorriso l'avevo impresso nella mente e nell'anima, ero "prigioniero" di quello sguardo che evocava in me un senso di disperato rimorso.

 

...

 

Il cliente, invece di ricevermi in fabbrica, mi convocò presso il suo lussuoso ufficio nel centro di Lucca, in via del Fillungo.
Entrai con i depliants ed il computer portatile: ero stanco ed affaticato. La segretaria mi fece entrare in un'ampia stanza affrescata ove mi sedetti su di una poltrona in pelle, proprio davanti alla scrivania del mio interlocutore. Dovevo per forza farmi firmare l'ordine visto che ero pieno di debiti e che da mesi non vendevo quasi niente.
"Buongiorno, sono il Dottor Benzi. Lei è l'agente della ditta Astroplastic?"
"Sì sono io. Scusi il ritardo ma ho avuto qualche problema a trovare l'indirizzo" - mi giustificai.
"Bene. Non ho molto tempo ma sono incuriosito dalle novità che mi ha anticipato via e-mail"
"D'accordo. Allora cominceremo proprio da quelle!"-. Presi il portatile l'accesi, caricai il cd con le immagini dei prodotti e, sicuro di concludere l'affare, cominciai: "Dunque qui può vedere gli ultimi nostri ritrovati in campo di duttilità e resistenza, risultat... No! No, non è possibile!" - sbiancai in volto e rimasi come incantato.
"Cos'ha!... Non si sente bene?... Signorina! Signorina, venga presto!" - intervenne allarmato il dottor Benzi.
Arrivò la segretaria e tutti e due mi aiutarono ad alzarmi per fare quattro passi per la stanza. Poi mi fecero bere un po' d'acqua.
"Mi scusi, dottore. Forse sono un po' stanco"
"Non si preoccupi. Torni domattina alle otto in punto e riprenderemo il discorso. Adesso vada a riposarsi. Qui vicino ci sono ottimi alberghi."
"Grazie dottore, molto gentile. Ci vediamo domattina."
Uscii dallo studio con un leggero tremito alle gambe ed un nodo alla gola. Ero confuso, spaventato ma ero sicuro di quello che avevo visto: nell'affresco raffigurante una scena di caccia mitologica, alle spalle di Benzi, il volto della dea Diana era quello di Cristina che mi sorrideva gioiosamente... Ancora quel volto! Ancora quel sorriso!

 

...

 

Ricordo di lei... Parole confuse, avanzi di passato e contorte riflessioni si affollavano nella mia mente.
Spesso accade che un personaggio insulso, inutile, incontrato magari per caso, diventi un qualcosa d'insostituibile, di vitale, di chiarificatore!... Ma cosa mai avrebbe rappresentato quella mocciosa! D'accordo, adesso era diventata un bel pezzo di figliola ma, miseria maledetta, quante donne più belle ho avuto! Uno come me che non hai mai temuto rivali in fatto di conquist... Di nuovo mi fermai bruscamente!
In una vetrina di un negozio d'abbigliamento, un manichino assomigliava in modo impressionante a Cristina. Rimasi qualche istante immobile poi, correndo, tornai davanti alla vetrina col cuore in gola. Il rotolante, però, aveva già coperto tutto.
Erano già le otto di sera, non avevo combinato niente e mi ritrovavo solo, preda di mille pensieri e ricordi.
Le nuvole, intanto, stavano dando spazio ad un bellissimo cielo stellato, l'aria era frizzante e tutt'intorno si spandeva un gradevole odore di bagnato. Mi tornò il buonumore, volevo divertirmi. Cenai così in uno dei ristoranti più lussuosi della città poi, verso le undici avevo voglia di fare quattro salti e strusciarmi addosso a qualche femmina. Mi recai allora in un disco-pub. Mi sembrava di essere tornato a vent'anni, quando tutto è più facile e in qualsiasi momento ti senti pronto per ogni tipo d'impresa.
Trovai un tavolo libero vicino alla pista da ballo. Mi sedetti dando le spalle alla folla danzante. Decisi subito cosa ordinare, mi era tornata sete.
Fu in quel momento che un qualcosa di gelido mi sfiorò il collo facendomi trasalire. L'euforia si affievolì lasciando spazio ad un senso di vuoto, di nulla, di buio. Mi guardai attorno e mi sentii improvvisamente solo... Solo in mezzo alla gente in un'allegra sera di venerdì... Perchè tutto questo?
D'un tratto, fra il fumo e le luci, la rividi di nuovo! In principio indugiai, poteva essere solo il frutto di una stramaledetta suggestione!... E invece no, Cristina era a poco più di quattro metri da me! Era lì ed era reale! Parlava, rideva, ballava!
Non sapevo come avvicinarla, come presentarmi e questo mi spaventò tremendamente: per la prima volta in vita mia avevo paura ad affrontare una donna!
Visibilmente emozionato, mi avvicinai: - "Ciao... Ehm, scusa ma... Ma noi ci conosciamo?"- dissi con voce quasi tremula.
"Eheeee!... Parla più forte non ti sento!" - mi rispose continuando a ballare.
"Ho detto che noi ci conosciamo... Roba di quindici anni fa!... Ti ricordi?"
Non capì neanche stavolta, la musica era troppo alta. Mi sfoderò di nuovo un bellissimo sorriso e, continuando a ballare sparì nella folla.

 

...

 

Facevo quattro passi sul viale delle Mura rimuginando sui miei problemi e, sopratutto, su Cristina...
"... Mi stavi cercando e adesso non mi cerchi più!..."
Chi aveva sussurrato quella frase alle mie spalle! Mi voltai e mi guardai intorno. Era notte fonda e un vento gelido si insinuava, sibilando, fra le fronde degli alberi. Rabbrividii... Volli tornare subito in albergo, pareva strano ma cominciavo ad aver di nuovo paura.
Allungai il passo e dopo poco fui di nuovo per le vie deserte del centro. Erano già le due; in lontananza, confuso dal vento, udivo uno struggente lamento di cane. Un altro brivido mi fece trasalire... Fu allora che mi ritrovai davanti Cristina!
Rimasi immobile ad osservarla; lei non disse niente, rise e scappò. D'istinto la inseguii correndo: adesso, finalmente, era con me! Smaniavo di stargli vicino, anche solo per guardarla!
Correva e si nascondeva divertita in tutto quel groviglio di strade. Ed io dietro, sempre più stanco.
Sentivo però il suo profumo inebriante che mi dava la forza di continuare a cercarla. Svoltava a destra, poi a sinistra e poi ancora a destra... Ma dove mi stava portando?... Aveva smesso di ridere e correva più forte, come se avesse fretta di raggiungere chissà quale luogo.
Accanto mi scorrevano case antiche, chiesette, negozi, piazze, viali, villette, cortili e lei continuava quella sua assurda fuga; il suo profumo, intanto, si faceva sempre più intenso.
D'un tratto sparì... Non la vidi più. Mi sembrava di non conoscere quella parte di città dove mi trovavo e ricominciai ad aver paura. Provai a chiamare un taxi col cellulare, ma questo improvvisamente si spense e non si volle più riaccendere.
Da lontano la campana di una chiesa scoccò solennemente le tre. In un attimo la realtà, con tutto il suo grigiore, mi ripiombò addosso: mi tornarono in mente i debiti, il lavoro, la solitudine e il timore di non ritrovare la strada per l'albergo. Ero angosciato.
"Guardami che ti sto guardando!..."
Di nuovo quel sussurro!... Ma chi era! Chi accidenti era! Nella mia mente rintronava ossessiva una sola risposta ma, caparbiamente, la rifiutavo. D'un tratto, la mia attenzione fu attirata in alto verso le finestre di un antico palazzo. In principio non la notai ma poi, con mia grande sorpresa, riconobbi Cristina che se ne stava immobile dietro i vetri di un finestrone dell'ultimo piano.
Continuava a fissarmi sorridendo, almeno così pareva. Mosse appena una mano ma non capivo se era un cenno o un saluto. Fui di nuovo in preda alla smania e mi avventurai dentro quel vecchio palazzo. La ragazza si trovava all'ultimo dei cinque piani dello stabile; dovevo salire un po' di scale. Avvertivo ancora il suo profumo e questo mi dava gioia. Salivo sempre più svelto le rampe buie e polverose, illuminate a malapena da fioche lampadine... Finalmente raggiunsi l'ultimo piano!
Qui, improvvisamente, la fragranza che avevo odorato fino a quel punto si trasformò in un fetore immondo, nauseante come di carne putrescente. Davanti a me, però, stava la porta del solaio da dove Cristina mi stava guardando... Non potevo desistere ora! Non potevo rinunciare! Uno come me non poteva e non doveva!...
Mi decisi: nonostante quell'odore disgustoso, respirai profondamente, aprii la porta ed entrai... Fu la mia condanna a morte!
Dietro la porta non c'era pavimento! Doveva essere marcito e crollato da anni... Oh cielo, com'è possibile!! Ma Cristina...
Cristina allora, come faceva a stare in piedi dietro la finestra?...

 

...

 

"Allora agente, chi è la vittima?"
"Mah, signor commissario, era un rappresentante di commercio, trentanove anni, celibe, incensurato, nato qui a Lucca ma residente da dieci anni a Milano. Almeno questo dicono i documenti e le nostre indagini anagrafiche"
"Facciamo l'autopsia e vediamo se ha fatto uso di alcool o droghe... Dov'è il cadavere?"
"Da questa parte... Eccolo là!... Deve aver fatto un salto di almeno dieci metri."
"Accidenti com'è ridotto... Che schifo, sangue e viscere dappertutto! Cosa può esser successo?"
"Mah... Suicidio, forse."
"Bah, suicidio! Un suicida non sale in cima ad uno stabile fatiscente per sprofondare da un solaio senza pavimento...
Comunque dobbiamo inventare qualcosa da dire ai familiari e alla stampa. Fate le solite indagini di rito, informatevi se era venuto solo per lavoro o se doveva rivedere qualcuno... Le solite cose di routine, tanto, tempo due mesi, tutto sarà archiviato e dimenticato."
Il commissario si congedò dal poliziotto. Gironzolò sul pianerottolo del solaio con fare lento ed annoiato: tutt'intorno sporcizia ed abbandono. Nient'altro.
Inciampò con una gamba in una vecchia scatola di cartone con dentro rifiuti e vecchi giornali. L'uomo, preso dai suoi pensieri, se ne andò senza notare un vecchio quotidiano, sporco ed ingiallito, dove grandeggiava un titolo della cronaca cittadina: "GIOVANE RAGAZZA SI TOGLIE LA VITA PER UNA DELUSIONE D'AMORE".

Edoardo Cicali