Fuori la
    neve cadeva in modo copioso.
    Il bambino era davanti la televisione, nell'enorme soggiorno di casa.
    Ormai Natale era alle porte, con tutti i suoi regali e le sue ricorrenze festose.
    Tutta la casa era addobbata a festa; l'enorme albero di natale si mostrava in tutta la sua
    bellezza nell'angolo del soggiorno e, ai suoi piedi, i tanti aspirati regali.
    E la neve che scendeva fuori rendeva il tutto molto più speciale.
    Ruotò la testa all'improvviso verso quell'angolino, attratto forse da quelle lucine che
    si accendevano e si spegnevano, che proiettavano i più svariati colori sulle pareti della
    stanza semibuia, ed iniziò ad osservare i doni distesi sotto l'albero.
    Chissà dove si nascondeva il suo. La sua curiosità si focalizzo' sul pacco più grosso,
    nascosto da una luccicante carta regalo color verde, dove piccole renne dal muso simpatico
    si rincorrerevano in un campo innevato. Come succede spesso in questi casi, la curiosità
    che contraddistingue certe età vince su tutto. Scese dalla comoda poltrona, e con passo
    leggero e titubante sì avvicino'.
    I suoi genitori erano usciti una mezz'oretta prima, per raggiungere il grande centro
    commerciale della città per acquistare gli ultimi regali, e lui non aveva avuto voglia di
    accompagnarli, preferendo rimanere a casa al caldo e davanti alla tv.
    Voltò la testa verso la porta d'ingresso, per paura di trovare mamma e papà sulla
    soglia, sorprendendolo ad avvicinarsi con aria furtiva ai quei pacchetti colorati.
  Con enorme sollievo verificò che non c'era nessuno a spiarlo, e calcolò che i genitori
  potessero rientrare solo più tardi, perché di sicuro i negozi erano affollati di gente
  in quegli ultimi giorni prima delle festività, e i regali da fare erano ancora molti. Poi
  la neve avrebbe fatto il resto.
  Autoconvincendosi di tutto ciò e sentendo il battito cardiaco rallentare, si avvicinò
  ancor di più alla sua meta, si chinò e si sedette ai bordi ai piedi dell'enorme albero
  sintetico.
  Con mani leggermente tremolanti toccò il pacco, non prima di dare un ultimo sguardo
  dietro di sé, si sa, lo sanno anche i bambini, la prudenza non è mai troppa.
  Ma in fondo, pensò, non stava facendo niente di male.
  Solo un piccolo sguardo, per soddisfare la sua curiosità fanciullesca, niente di più. E
  subito dopo tutto in ordine, come prima.
  Voleva sapere se Babbo Natale aveva esaudito il suo desiderio; sì, perché, se pur ormai
  abbastanza grandicello, non aveva smesso di crederci.
  I suoi amici lo prendevano in giro per questo, ma a lui non importava niente.
  Sapeva, nell'intimità, che erano i suoi genitori che portavano i regali sotto l'albero,
  ma non aveva mai abbandonato l'idea dell'esistenza di quell'omone con quella soffice barba
  bianca che scendeva dal mento e di quel buffo vestito tutto rosso.
  Quel particolare periodo dell'anno era circondato da un alone di magia e mistero, e la
  magia stava anche nel credere nell'esistenza di quel personaggio così singolare, che con
  le sue renne e il suo carretto pieno di regali, viaggiava in cielo durante la notte per
  far felici milioni di bambini di tutto il mondo.
  Quando si è piccoli, pensò, bisogna credere in certe cose, perché la fantasia e l'unico
  mezzo che si ha per difendersi dalla realtà che ci circonda, che ancora non si capisce
  bene a quell'età, e che a volte, addirittura, appare crudele e spietata.
  Con le due mani avvicinò il pacco, scoprendo che era alquanto pesante.
  Pensò subito a quello che desiderava più di tutto: la play-station.
  Era un patito dei giochi elettronici, e questo poteva essere un graditissimo regalo.
  Passare i pomeriggi (dopo aver portato a termine i noiosi doveri scolastici agli ordini di
  sua madre) nel soggiorno con gli amici, e passare il tempo fra corse impazzite con
  macchine dalle velocità esorbitanti e partite di calcio virtuali, rendendoli tutti verdi
  dall'invidia.
  Era da tanto che pestava i piedi per farsela comprare, e forse proprio per le feste
  natalizie i genitori avevano deciso di esaudire il capriccio del figlio. E mentre
  fantasticava con la tanto amata fantasia, udì dei pesanti rumori provenire dal piano di
  sopra, in corrispondenza della sua stanza da letto.
  Trasalì leggermente, e alzò lo sguardo.
  Rimase bloccato per qualche secondo, e ascoltò; ma i rumori non cessarono. Sembravano
  rumori di passi, pesanti e stanchi allo stesso tempo.
  Sentì distintamente il rumore della sedia della sua scrivania strisciare sul pavimento
  della camera, e un corpo pesante che si sedeva.
  La temperatura del soggiorno scese all'improvviso, e il gelo lo colpì direttamente alle
  viscere, facendo fuoriuscire qualche goccia d'urina.
  Parve non accorgersene di quell'imbarazzante perdita, e si alzò in piedi con le gambe
  tremolanti e insicure.
  In quel momento dimenticò tutto: il Natale, i regali e la neve che cadeva fuori e che
  imbiancava il paesaggio.
  Pregò ardentemente di sentire il rumore del motore della vecchia Opel Corsa di papà che
  si avvicinava lentamente al giardino di casa.
  Ma tutto quello che sentiva era il palpitare del cuore che tamburellava contro l'interno
  della sua gabbia toracica.
  Respirò profondamente, inalando tutta l'aria disponibile per infondersi un po' di
  coraggio.
  Immaginò un terribile orco con i denti appuntiti e grugnanti che, seduto sulla sua sedia,
  lo aspettava per procurarsi un bocconcino tenero e appetitoso. In fondo, il fatto di
  credere nell'esistenza di Babbo Natale, non includeva anche il fatto di credere
  nell'esistenza di presenze più oscure e malvagie?
  Chiuse con forza gli occhi e contò lentamente fino a dieci; poi prese la decisione ardita
  di salire le scale.
  Ormai era grande, ed era ora di dimostrare a mamma e papà di riuscire a risolvere questo
  piccolo mistero anche in loro assenza.
  Prese con forza il corrimano, e iniziò a salire i gradini delle scale che dividevano i
  due piani della casa.
  A bassa voce contò i gradini, come voler esorcizzare la paura che cresceva pian piano.
  Alcune perline di sudore fredde e gelate scendevano dalla fronte e dalle candide guance.
  Si accorse che stava battendo i denti, e prese con maggior violenza il corrimano fino a
  sentire un leggero dolore crampiforme che correva veloce per tutto l'avambraccio. La
  salivazione ormai era a zero, si sentiva la bocca secca e la lingua pesante.
  Salì adagio, perché la penombra della casa poteva tradire uno dei suoi piccoli passi.
  Ormai era arrivato in cima alle scale.
  Fece gli ultimi gradini quasi senza respirare.
  Sentì un'improvvisa corrente d'aria fredda che invase la fragilità del suo corpo;
  strano, pensò, eppure tutte le finestre dovevano essere chiuse.
  Sua madre doveva esser impazzita improvvisamente, per uscire da casa con delle finestre
  aperte, mentre fuori nevicava.
  Accese la luce del corridoio, e puntò fisso lo sguardo sulla porta della sua stanza.
  Osservò, senza avere un fremito d'angoscia, che la porta era socchiusa e che la corrente
  d'aria gelida proveniva proprio da là.
  Nella sua testa confusi pensieri stavano lottando fra loro, aumentando la sua confusione e
  il suo senso di comprensibile disagio.
  Una parte di lui voleva scappare il più velocemente possibile fuori di casa e correre
  lontano; mentre l'altra parte voleva a tutti i costi entrare in stanza e sorprendere
  l'ospite inatteso.
  Vinse quest'ultima e così allungò il primo passo per raggiungere la camera.
  Arrivatogli davanti con enorme prudenza evitando di fare bruschi rumori, scostò
  lentamente la porta in modo da vedere dentro.
  Sgranò gli occhi e la bocca gli si aprì in modo automatico.
  
  La prima cosa che vide fu un'enorme montagna con sembianze umane di colore rosso che,
  rivolta di spalle, stava giocherellando con la sua lavagnetta magica appoggiata sulla
  scrivania.
  Non stette ad ascoltare il flusso d'idee e pensieri che scaturivano dal suo cervello,
  invitandolo a fuggire a gambe levate, e attese per qualche secondo sulla soglia.
  L'omone, sentendosi forse osservato, si girò.
  E solo allora ebbe un quadro più chiaro della situazione; quel barbone bianco che
  nascondeva gran parte del torace, quel viso paffuto che tante volte aveva solo immaginato
  e quell'inconfondibile vestito color rosso acceso accompagnato dall'inconfondibile
  cappello... per la miseria, quello era Babbo Natale!
  Rimase bloccato in quella posizione per una decina di secondi, poi la mascella gli si
  sbloccò e con un filo di voce cercò di dire qualche cosa -Ma tu... ma tu...-
  L'uomo interruppe quel disco che si rifiutava di girare, dicendo -Che c'è piccolo? Cos'è
  quell'aria stralunata? Perché ti rifiuti di credere ciò che vedi? In fondo, nella tua
  piccola fantasia, io sono sempre esistito, non è vero? Non avere timore, quindi, e vieni
  qua vicino a me, ti prego...-.
  Il bambino si avvicinò, ascoltando quella voce che trasmetteva tanto calore e sicurezza
  allo stesso momento.
  All'improvviso sentì un'intensa sensazione di felicità e meraviglia allo stesso momento.
  S'accorse di un gran sacco che stava in terra, vicino ai piedi di Babbo Natale, e lo
  indicò.
  -Certo piccolo, in questo sacco che mi porto stancamente sulle spalle, ci sono i desideri
  di milioni di bambini. Avvicinati ancora, in modo che io possa darti il tuo-.
  E' così egli fece, pensando a quali meraviglie erano nascoste in quel sacco misterioso.
  L'uomo con la barba si chinò, e iniziò a cercare chissà che cosa.
  La ricerca durò qualche secondo, che per il bambino parvero secoli.
  -Ah, ecco qua... finalmente l'ho trovato!-.
  Il bimbo allungò un passo verso le mani dell'uomo, con un fantastico sorriso disegnato
  sulle labbra.
  L'ultima immagine che ricordò fu quel viso, che solo un attimo prima era delineato da
  tratti amichevoli e calorosi, trasformato in una maschera d'odio e furore, sormontato da
  due enormi occhi scuri e profondi come la più nere delle notti, e quella cosa luccicante
  che quell'essere stringeva fra le mani.
  Sentì un colpo secco a livello del collo, poi i suoi pensieri non furono più tali.
  La testa, staccatosi dal resto del tronco, fra un'esplosione di sangue e frammenti ossei,
  rotolò sul pavimento fino a fermarsi quasi sulla soglia della porta. Chinò il capo, e
  con disappunto si accorse che alcuni schizzi di sangue scuro avevano macchiato la sua
  barba bianca.
  L'uomo stette a guardare per qualche minuto quel corpicino steso a terra e quel sangue
  che, lentamente, stava inondando tutto il pavimento.
  Poi, come risvegliatosi da un sogno, appoggiò l'enorme ascia che aveva in mano sulla
  scrivania; poi si alzò lentamente e raccolse da terra la testa mozzata del bambino.
  Con enorme sorpresa vide che ancora stava sorridendo. Si compiacque con se stesso, era
  stata una cosa veloce e indolore.
  Prese dal sacco un pacchetto di modeste dimensioni, e v'infilò la testa.
  Lo chiuse e scese di sotto.
  Passò davanti alla televisione ancora accesa, e si fermò davanti all'albero di natale.
  Appoggiò il pacco regalo ai suoi piedi, quindi scrisse su un biglietto d'auguri -Un
  piccolo regalo anche per voi, con amore Mattia- sistemandolo accuratamente sopra ad esso.
  Contemplò con gioia il suo lavoro, poi s'incamminò di buon passo verso la porta di casa.
  Doveva muoversi. Il tempo era tiranno, ormai Natale era alle porte e c'erano ancora molti
  bambini a cui portare il tanto desiderato regalo, in fondo era pur sempre Babbo Natale...