Un insolito viaggio

Il treno correva veloce, fuori il buio regnava incontrastato, non una luce, non un cartello permetteva ai passeggeri di capire a quale punto della corsa fossero ormai arrivati. Victor dormiva appoggiato allo schienale del suo sedile, ai piedi una piccola ventiquattrore che non nascondeva i segni di usura lasciati dal tempo. Intorno silenzio, spezzato di tanto in tanto dal rumore delle rotaie che il treno percorreva con grande velocità.
All’improvviso Victor ebbe un sussulto e si ridestò dal suo fievole sonno. Ebbe un attimo di confusione, si guardò intorno stranito, cercando di capire dove fosse. Di fronte a lui stava un’anziana signora, intenta al suo lavoro all’uncinetto, probabilmente lo aveva portato per evitare la noia del viaggio. Seduto accanto alla signora, un giovane ragazzo armeggiava su un pc portatile, sospirando di tanto in tanto pensieroso, mentre lanciava occhiate fugaci al finestrino, fissando un punto lontano e apparentemente invisibile. Accanto a Victor intenta nella sua lettura, sedeva un’avvenente fanciulla, vestita in maniera succinta, appariscente, fortemente in contrasto con il vagone che occupavano, squallido e maleodorante.
Alla fine allora era riuscito a prendere il treno, pensò compiaciuto Victor, si era addormentato esausto dopo la lotta feroce sostenuta con quei delinquenti. Il sangue gli salì alla testa al solo ricordo di quanto accaduto qualche ora prima, quando era stato aggredito da due farabutti senza scrupoli in una stradina isolata nei pressi della stazione. Inizialmente gli avevano solo intimato di dar loro soldi e oggetti d’oro, rassicurandolo che se avesse collaborato non gli sarebbe successo nulla, ma quando lui aveva cercato di reagire non avevano perso tempo, subito uno di loro aveva tirato dalla manica della giacca a vento un coltello e glielo aveva puntato alla gola, mentre l’altro provvedeva a impossessarsi dei suoi soldi e del suo orologio. Victor guardò il suo polso nudo e una stretta lo morse al cuore mentre un velo di lacrime gli appannò gli occhi. Era proprio per l’orologio che aveva cercato di lottare, per quell’unico ricordo tangibile che gli restava di suo padre, morto anni prima, ma era stato inutile, quei bastardi alla fine avevano avuto la meglio.
Guardò fuori dal finestrino ma non riuscì a capire a che punto del tragitto fossero, il buio era completo e impediva ogni tentativo di orientamento. Si girò curioso verso i suoi compagni di viaggio ma notò dispiaciuto e con disappunto che nessuno di loro portava orologi, quindi sarebbe stato inutile chiedere l’ora. Decise di parlare e rompere così quel silenzio snervante.
“Credete che manchi ancora molto all’arrivo?” chiese rivolgendo la sua domanda a tutti e a nessuno in particolare.
“Chi può dirlo con esattezza” rispose pigramente la vecchia senza alzare lo sguardo dai suoi merletti.
“Potrebbe mancare poco, come anche potrebbe volerci tutta la notte e molto ancora chissà... non ci resta che aspettare”.
Tutta la notte? Pensò allarmato Victor, ma era impazzita? Anche se ci fosse stato un po’ di ritardo era certo che sarebbero arrivati prima di mezzanotte, erano in viaggio già da un bel pò e sicuramente avevano percorso parecchi chilometri. Se solo avesse potuto vedere l’ora, avrebbe fatto un rapido calcolo di quanto mancava ancora. Decise di alzarsi e di dirigersi verso lo stretto corridoio del treno, in cerca di qualcuno a cui chiedere informazioni, ma non c’era un'anima in giro. Mentre era lì in piedi, pensieroso su cosa fare, se incamminarsi per lo stretto corridoio o risedersi, gli rivolse la parola la procace ragazza.
“Che fai bello, non gradisci la nostra compagnia forse? Ho notato prima come mi guardavi sai, sono abituata agli uomini come te, mi hai quasi spogliata con gli occhi, eppure non mi è affatto dispiaciuto, sarei anche pronta a seguirti alla toilette se vuoi e concederti quello che la tua mente perversa desidera se ti va, lo farei volentieri pur di rompere la monotonia di questo viaggio”. “Smettila!” la interruppe il giovane ragazzo.
“Non provi vergogna a importunare in maniera così volgare il nostro nuovo compagno? Non lo conosci ancora bene e già gli vuoi concedere quello che a me hai fatto desiderare per giorni e giorni? Sei proprio una sgualdrina!”
“Ben detto” rispose l’altra, accompagnando le sue parole con una fragorosa risata. Ma qui erano tutti matti pensò Victor, forse era davvero opportuno allontanarsi e cambiare vagone. Si diresse verso la ventiquattrore, giusto il tempo di impugnarla e alle sue spalle udì una nuova presenza.
“Biglietti signori” era il controllore, cazzo, non ricordava se aveva il biglietto, non ricordava se avesse fatto in tempo ad obliterarlo, si girò imbarazzato verso il nuovo arrivato lasciando cadere la valigetta e cercando con entrambe le mani nelle tasche del cappotto, dei pantaloni, ma niente del biglietto non c’era traccia.
“Mi scusi signore” disse Victor rivolto al controllore.
“Credo di aver smarrito il mio biglietto, sa prima di prendere il treno ho subito un’aggressione e nella lotta devo averlo perso, sono davvero mortificato, ma sono anche pronto a pagare la sanzione prevista”.
“Non è necessario” rispose l’altro, “mentre si frugava tra le tasche ho intravisto quanto cercavo, lei è in regola amico, può restare”.
“Ma siete tutti matti qui? A cosa si riferisce? Non capisco!”
“E’ fresco di giornata “ intervenne la vecchia, rivolta al controllore. “Abbiate pazienza avrà il tempo di abituarsi” sentenziò prima di ritornare ad occuparsi del suo uncinetto.
“Insomma cos’è questa pagliacciata?” chiese Victor, questa volta davvero infuriato.
“Non è niente, stia tranquillo” rispose l’altro, “io procedo oltre, buon proseguimento di viaggio” disse infine, le labbra atteggiate in un ambiguo sorriso. Victor guardò i restanti con aria interrogativa, fu il giovane ragazzo a rivolgergli la parola.
“Prima ho sentito che ha subito un’aggressione, deve essere stato terribile, ci racconti com’è andata, si sieda la prego e si rilassi, non ha nulla da temere da noi”.
Victor guardò il ragazzo con aria riconoscente, finalmente qualcuno gentile che sembrava preoccuparsi di lui. Quasi come un automa si diresse nuovamente al suo posto e adagiata la valigetta ai suoi piedi cominciò a raccontare.
“E’ stata davvero un’orribile esperienza, quei due delinquentelli mi sono balzati avanti all’improvviso. Sebbene fossero molto giovani non si sono lasciati intimorire dalla mia reazione violenta, erano determinati ad ottenere ciò che si erano prefissi e non hanno esitato a minacciarmi con un coltello. Nonostante continuassi a ribellarmi, non sono riuscito ad impedire il furto. Non ricordo più nulla sa, devo essermi diretto alla stazione come in trance...”
“E’ evidente che lei sia ancora sotto shock” intervenne la vecchia, guardandolo con aria pietosa. Victor spostò lo sguardo verso l’entrata del vagone con aria pensierosa, doveva essere scosso ancora dall’accaduto, cercava di convincersi, per questo motivo i suoi ricordi erano confusi. All’improvviso gli parve di vedere il volto di un uomo che dal corridoio lo fissava attraverso il vetro, fu un attimo e poi l’immagine scomparve. No non poteva essere, si disse Victor, è stata un’allucinazione, sono scosso, quel volto troppo somigliava... Si alzò di scatto, impugnò velocemente la ventiquattrore e senza dire una parola si diresse verso il lungo e desolato corridoio. Diede un’occhiata fugace da entrambi i lati, ma tutto appariva tranquillo. Si diresse verso sinistra nella direzione in cui aveva visto sparire quell’immagine evanescente. Iniziò a camminare in maniera spedita quando all’improvviso si sentì mancare. Una fitta al petto lo costrinse ad arrestarsi. Un terribile sospetto gli balenò nella mente, pallido come un lenzuolo, alzò la mano tremante verso il cuore, la sentì ben presto umida al tatto, abbassò lo sguardo e la vide sporca di sangue, del suo sangue. In un attimo capì tutto, ecco il suo biglietto: la ferita. Cadde a terra disperato, la testa tra le gambe, piangeva, ad un tratto sentì una mano carezzargli la testa, consolarlo in quel suo sordo dolore. Alzò gli occhi e lo vide... suo padre.
“Figlio mio sono qui con te, non temere non sei più solo ti accompagnerò io nell’ultimo viaggio, quello oltre la vita...”.

Anna Scudiero