Atti avversi sotto quercia

Si fece seppellire lì, forse in disdegno dell’Italia che non lo onorò a suo dire bene. Oppure morì in un ospedale svizzero ed i parenti ritennero di seppellirlo nel cimitero di Varazze, date le circostanze. Oppure trascorrendo a Varazze gli ultimi anni di vita, comprò lì la terra per la tomba. Il monumento funebre è in fondo al sentiero che suddivide in due il cimitero. La statua del defunto fu opera dello scultore Luigi Secchi e ritrae un uomo deperito, vecchio e calvo con baffoni alla Francesco Crispi mentre si tiene il mento con la mano. A fronte c’è scolpito:

 

A CRISTOFORO GIOCONDO
AMICI E AMMIRATORI
D’OGNI PARTE D’ITALIA
1838 – 1902

 

Ebbe come motto: ostacolo alla gloria è la pietà.
Un ritratto giovanile opera del Cremona, lo ritrae mingherlino, sempre seduto, e con baffi neri. Lì è un uomo deciso che ti fissa; nella statua invece è svagato, vacuo pensatore d’altri tempi. Né qui, né lì mostra ravvedimento. Fu tenente del nuovo esercito d’Italia nel 1861 e, fresco di nomina guidò uno squadrone di cavalleggeri per ripulire dai briganti il beneventano e la Terra di Lavoro. Prima che il tenentino di fresca nomina si mettesse in opera, ci fu questo telegramma circolare affisso nelle vie delle province di Caserta e di Benevento.

 

PREFETTURA
DI TERRA DI LAVORO E DI BENEVENTO

 

TELEGRAMMA CIRCOLARE
SPEDITO ALLE AUTORITA’ E COMANDANTI GUARDIA NAZIONALE E CARABINIERI REALI DELLA PROVINCIA.

Bande di ladroni infami spedite dal territorio ancora soggetto dal Governo papale infestano e si coprono di misfatti nostre due province.
Ma è tempo che tresca esecranda finisca…
... ci sarà guerra implacabile e sterminio! Governo veglierà senza posa...
CASERTA 1° MAGGIO 1861
Ai primi di agosto dello stesso anno il tenente Cristoforo Giocondo è aggregato alla 5° Compagnia del Reggimento Cavalleggeri – Sud Italia. Scrisse al padre:

 

Napoli, 24 agosto 1861.
... Finalmente si respira. Ieri c’è stato un temporale che ha rinfrescato l’aria dopo circa due mesi di arsura e siccità...
Tu mi scrivi di stare in pensiero per me che soggiorno a Napoli. Non so da dove nasca questa inquietudine. Forse i giornali dipingono Napoli come centro di disordine e tumulti. Vi assicuro che questa città è una delle più tranquille al mondo...
Qui Cialdini è molto popolare e, fragorosi applausi l’altra sera lo accolsero nel teatro San Carlo...
Le notizie dalle province vanno in questi giorni migliorando...
Ora stiamo in aspettativa di una eruzione perché da alcune notti il Vesuvio emette vampate di fuoco che incoronano la vetta...

 

Cristoforo Giocombo un sabato ai primi di settembre, ebbe l’ordine di partire di notte per Santa Anastasia dove arrivò coi cavalleggeri la domenica seguente. La prima giornata fu impiegata per accamparsi, far riposare i soldati e ricevere informazioni sulla banda Barone in zona imperversante. In un paio di mesi Cristoforo Giocombo catturò molti briganti, fucilati dopo sommari accertamenti. A fine ottobre la 5° Compagnia era negli Appennini del beneventano, verso Foggia. Dal paese di Livrieri Cristoforo Giocondo scrisse al padre:

 

... è un paese di alta montagna. Ho una bella camera e buon letto. Di notte però fa molto freddo e gela la testa, nonostante coperte, maglia e cuffia di lana. Alcuni militari hanno tosse e bronchite. Scarseggiano gli alimenti, ma abbiamo ordine di stare qui per molti giorni ancora tra la popolazione del paese caduta in miseria e nell’avvilimento...

 

Cristoforo Giocondo ricevette una spiata. La fidata spia riferì essere il capobanda Barone in un casale nei paraggi. C’era una masseria in mezzo a una radura, in località Frascio. C’era un unico brigante a fare guardia. Il Barone si era pericolosamente esposto per vedere la bella. Forse ingelosito, o arrapato, non aveva badato alle forze dell’ordine che sostavano in paese e davano la caccia espressamente a lui. Cristoforo Giocondo descrisse il fatto nel diario:

 

“Io e un altro ufficiale partimmo subito a notte fonda con un manipolo di cinque militari accuratamente scelti perché senza tosse. Poteva accadere un attacco improvviso di tosse che mettesse a repentaglio la cattura del brigante. Tutto doveva avvenire in silenzio e in segreto. Se riusciva, il colpo era della massima importanza, essendo il Barone lo spauracchio di quei paesi ed uno dei principali organizzatori di banditi. Giunti sul posto in località Frascio, ci acquattammo tra i cespugli. Cercavamo di capire dove fosse la sentinella. Il freddo era terribile con forte, gelido vento. Terso era il cielo con una chiara luna piena a capolino tra le creste delle querce più alte. Non potevamo esporci per circondare la casa senza prima aver accoppato la sentinella. Uno di noi vide dei bagliori da una roccia cava e annusò odor di fumo. Lo sperone roccioso era verso valle a circa venti metri dal casolare. Era di certo quello il posto di guardia che dava riparo per non gelare. Mi avvicinai al nascondiglio strisciando lungo la roccia. Avevo fatto segno agli altri di non muoversi. Stringevo un pugnale affilatissimo. Mi fidavo più del mio pugnale che del fucile d’ordinanza. Buttai un sasso davanti all’entrata della forra. Al rumore il brigante sbucò fuori e gli fui sopra tagliandogli la gola. Stringeva lo schioppo, ma non ebbe tempo di sparare. Cadde con un tonfo in una conca di nero sangue.

 

Ci precipitammo a bussare alla porta. Avevo piazzato tre dei miei nel retro. Il contadino che era il padrone, ci aprì. Lo minacciammo di fucilarlo subito e lui confessò che il Barone era in casa al primo piano. Non trovandosi le chiavi, corremmo su e sconquassammo la porta della stanza. Vi entrammo accendendo lanterne e candele. C’era la bella a letto, ma il Barone, no. Il contadino che ci aveva aperto e che era pure lui salito, ci additava un grosso armadio come nascondiglio. Cercammo di rompere le massicce ante e si udì uno sparo da dentro l’armadio. A questo colpo rispose una scarica generale e, pochi istanti dopo – tolto ogni ostacolo – il cadavere del Barone si offriva alla vista orribilmente mutilato e semi nudo. La bella di nome Concettina Biondi, ebbe un attacco d’isteria e si mise a strillare. L’altro ufficiale la portò fuori con le mani legate dopo averla fatta vestire. La spedizione aveva ottenuto il suo scopo e con la spoglia dell’ucciso ce ne tornammo in paese dove feci immediatamente rapporto. Era alba.”

 

Dal periodico socialista “Le Due Sicilie” in data 7/2/1913. Cristoforo Giocondo.

 

Fu responsabile di numerosi episodi di violenza durante i suoi rastrellamenti nel casertano e nel beneventano. Fece uccidere senza giustificazione, decine di contadini, sacerdoti e cittadini inermi dopo sommarie accuse di essere fiancheggiatori di briganti.
La notte tra il 28 ed 29 ottobre del 1861, presso il paese di L. si macchiò di atroci ed efferati delitti. La masseria di un contadino sessantenne di nome Nicola Biondi, fu saccheggiata. Lo stesso Biondi fu legato ad un palo con l’accusa di aver ospitato il brigante Barone trovato poco prima ucciso nei paraggi in circostanze misteriose. Il contadino si difese dicendo di non sapere nulla. I militari denudarono la figlia sedicenne e la violentarono a turno. Dopo un’ora la ragazza sanguinante svenne per vergogna e per dolore. Il milite che la stava violentando, indispettito nel vedere quel corpo esanime, preso da eccitazione forsennata, sparò una fucilata contro la ragazza.
Il padre della ragazza cercò di liberarsi dalla fune che lo legava al palo e fu subito fucilato dai soldati. Le pallottole ruppero anche la fune e Nicola Biondi cadde carponi nei pressi della figlia agonizzante. La casa fu data alle fiamme con i cadaveri dentro forse per coprire il misfatto. I militari fecero ritorno alla base in paese, alle prime luci dell’alba.

 

Dal diario del prete di L., don Luigi Coppola.
Nell’ottobre del 1861 una compagnia di Cavalleggeri al comando del tenete Cristoforo Giocondo entrò in paese uccidendo sei persone indicate come briganti e saccheggiando le loro case. Nella notte tra il 28 ed il 29 di ottobre, fu saccheggiata e distrutta la casa di Nicola Biondi un contadino rimasto vedovo ed ormai vecchio. Sia Nicola Biondi che la figlia sedicenne che viveva insieme con lui furono uccisi e la casa incendiata. Un testimone nascosto nei paraggi e aiutato dalle tenebre, udì più volte la ragazza strillare e poi numerosi colpi che verosimilmente uccisero padre e figlia. Il fatto avvenne in località Frascio poco distante dal paese. In mezzo alle macerie, ho provveduto a piantare una quercia in memoria del sacrificio dei due innocenti.

 

La quercia, ai primi del Novecento era robusta e maestosa. Ad ogni fine ottobre nella notte tra il 28 ed il 29, si levava un turbine di vento urlante che sollevava frasche in cielo. Ululava il vento come litania. Molti videro il fenomeno mirabile che fu riportato nei giornali. Dopo la II° Guerra Mondiale la grande quercia seccò. Restò la radura osservabile tuttora insieme con le povere rovine della casa incendiata.

 

Quei misfatti sono parte di radici convergenti nella lunga marcia verso le tenebre del XX° secolo. DADA proruppe nel 1916. Di fronte alle ecatombe demenziali sul fronte occidentale, DADA proclama il decesso della ragione. Svuota il linguaggio e la sintassi di qualsiasi significato riconoscibile. HUGO BALL GRIDA:

 

hollaka hallala
blago bung
blago bung
basso fatala
u u u u

 

Deridendo ogni tipo di logica DADA prende in giro la ragione, le arti e la letteratura quando pretendono di rendere il mondo umano: oltre trecentomila cadaveri giacciono insepolti a Verdum e migliaia e migliaia di giovani sulle montagne del Carso.

 

Ci saranno trentamila soldati massacrati nei primi giorni di guerra sulla SOMME, le duemila condanne a morte firmate ogni giorno al Cremino durante le purghe, ci saranno le vittime in centinaia di migliaia nelle guerre tribali in Africa e, poi la somma degli innocenti inceneriti a Dresda, Hiroshima a Nagasaki.

 

Solo l’assurdo ed i gesti più effimeri hanno diritto alla loro verità momentanea e, perfino questi sembrano inutili compiacimenti.

 

Ho letto una notizia curiosa. In questi giorni sui gionali e tivù si è dato largo spazio ad un servizio sulla moda del prossimo autunno – inverno. La notizia è questa.

 

Le amazzoni vestite da Hermes sfilano. In località Frascio nel beneventano, presso il paese di Livrieri c’è la sfilata tra balle di fieno, prati e fiorellini di bosco. Trionfa il look da cavallerizza, proprio come le antiche amazzoni. Stivali da cavallo in cuoio, gonne-pantaloni e stampe equestri su piccoli top, sono i punti forti della collezione di A. Demeulemeester. J.P. Gaultier rivisita invece i pantaloni da fantino, i gilet di tweed ed i cappotti con collo di velluto. E. Hermès propone le giacche di cavallerizza e le gonne Jodhpur di pelle che vergini amazzoni di una volta vestivano. DADA.

 

La moda in località Frascio. Sfilano grandi modelle con grosse mantelle a righe che ricordano le coperte di cavallo. Anche questo è DADA.

 

Nelle foto sui giornali, alle spalle dei cavalli e cavallerizze ammantellate con belle zizze e cosce lunghe, si vede un turbine di foglie secche spinte verso l’alto: il portento del turbine di vento nella notte tra il 28 ed il 29 di ottobre. DADA.

Giuseppe Costantino Budetta