Signori, buon appetito!

Guardavo la vetrina d’una coltelleria. Riflessi, vidi i suoi occhi.
Mi girai.
Di fronte: il più bel viso di ragazza che avessi mai visto! Occhi verdi, labbra ben disegnate, zigomi alti, capelli biondi tirati indietro.
- Ciao, le sorrisi.
- Ciao, rispose con un accento straniero.
- Turista?
Fece segno di sì col capo. Con lo sguardo scivolai lungo il suo bel corpo fasciato da un leggero vestito celeste. Un movimento, e senza nemmeno salutarmi la bionda se ne andò. Svoltò in un vicolo. La seguii.
Intonaci screpolati, porte chiuse. Frammenti di statue esplose imprigionati su una facciata. Da un balcone scendevano chiazze di gerani rosso sangue.
Dove poteva esser finita?
Veloce, dietro un angolo sgattaiolò un’ombra celeste. Le corsi dietro. Mi ritrovai in una piazza silenziosa, raccolta in un perimetro irregolare. Un raggio obliquo tagliava un austero palazzo, metà della facciata restava in una penombra violacea, l’altra s’offriva nuda come una pesca sbucciata.
Vidi la ragazza entrare nel portone. Chi poteva mai abitare là dentro? Persiane chiuse, un balcone pericolante, il palazzo sembrava completamente abbandonato. Spinsi la mano su un battente di bronzo a testa di drago.
Il portone s’aprì. Entrai in un atrio dalle alte colonne, qualche passo e mi ritrovai in un cortile porticato. Mi guardai intorno; nessuno.
Che avessi sognato?

Eppure no, avevo visto chiaramente entrare quella ragazza. Ogni rumore sembrava scomparso. Tutto taceva in un silenzio quieto. L’intonaco screpolato aveva un colore caldo, dorato, appena smorzato da un tono verdastro. In un angolo, una fontana abbandonata; una vasca di travertino ricoperta da muschio, statue di sorridenti ninfe mutile e mostri marini con artigli di rapace e code di serpente.
Da una finestra aperta vidi passare un’ombra; o non era che un soffio di vento contro le tende?...
Salii di corsa gradini di pietra levigata. Arrivai su un ballatoio. Porte aperte, stanze vuote. Odore di polvere e rancido. Mobili coperti da lenzuola bianche. Alzai un lembo; una seggiola di legno intarsiato e dorato era in via di putrefazione.
Un rumore. Mi voltai di scatto.
La ragazza bionda serpeggiò dietro una porta. Correndo, la seguii. Diedi una spallata a qualcosa, mi girai e in un fracasso terribile vidi crollare in frantumi un’enorme specchiera. Nell’aria restarono eco confuse e brillii d’argento.
Continuai a seguire la ragazza e mi ritrovai in un grande salone. Sulle pareti affreschi sbiaditi, larghe macchie d’umidità. Tende di broccato bordeaux. Al centro, un tavolo tondo d’un solo blocco di pietra con fissati quattro anelli di ferro. Un lampadario con candele accese era sospeso sul tavolo.
Restai di marmo nel veder entrare sette persone incappucciate e con lunghi abiti neri che presero posto attorno al tavolo. Mi stavo chiedendo dove fossi capitato quando entrò la ragazza bionda. I capelli sciolti sulle spalle e indosso un lungo abito di velluto color viola cangiante. Mi fece cenno d’avvicinarmi.
- Che succede, le chiesi, chi sono quelle persone?
- Amici. Vuoi partecipare al nostro banchetto?
Restai a guardarla senza fiatare: era bellissima!
- Vieni, proseguì prendendomi per la mano.
Guardandomi con i suoi occhi verdi, cominciò a spogliarmi. Del tutto in suo potere, la lasciai fare. Nudo, mi fece salire sul tavolo. Spalle alla pietra, mi fissò caviglie e polsi agli anelli di ferro. Si sedette e come le altre persone impugnò forchetta e coltello d’argento.
Mi guardò, sorrise. Mentre infilzava lenta la lama in una mia guancia alzò il viso e disse:
- Signori, buon appetito!

Giovanni Buzi