Mi sentivo come quel giorno che, da bambino, mia madre mi portò a forza dal dentista. Come allora me ne stavo seduto in sala daspetto con dentro un misto di sensazioni che si alternavano. La curiosità, il timore, lattesa Anche la vescica cominciava a reclamare il suo imperioso bisogno di potersi svuotare. Ma chi lavrebbe mai detto che io, uomo integro e sano, mi sarei mai rivolto ad uno strizzacervelli? Mi consolava il fatto che il mio problema non mi avrebbe mai condotto lì se fossi stato un ragioniere, un insegnante, un meccanico , ma ero un antiquario e la mia fobia per i topi creava seri problemi quando dovevo recarmi in qualche vecchia soffitta per visionare mobili o oggetti antichi. Il minimo rumore in quelle occasioni mi faceva sobbalzare e, nella maggior parte dei casi, non riuscivo a trattenere un grido e una corsa scoordinata verso luscita immaginando sorci al mio inseguimento. Questo mio comportamento, incomprensibile agli occhi altrui, rendeva molto indisposto il potenziale venditore.
  Diana mi aveva consigliato uno strizzacervelli. Diceva che la cosa secondo lei era
  risolvibile, che cerano delle valide terapie per le fobie e bla bla bla. In pratica
  riteneva che per il mio bene e il bene delle nostre finanze avrei dovuto farmi curare.
  Ecco come ero finito lì, con la vescica che urlava sempre più
  Stranamente ero solo nella sala daspetto. Prego
 Avanti! Era giunta
  lora. La voce giungeva da dietro la porta che varcai con passo incerto. Luomo
  che mi trovai di fronte era del tutto diverso da come me laspettavo. Vestito
  interamente di grigio scuro, pareva che anche il viso avesse qualche sfumatura di quel
  tetro colore. Strabuzzava due occhietti minuscoli e nerissimi, ma per un lungo attimo la
  mia attenzione si soffermò sui suoi denti
 quei denti
 Due piccoli incisivi si
  appoggiavano sul labbro inferiore rimanendo sempre scoperti anche in assenza di un
  sorriso. Quella cupa figura mi faceva sentire decisamente a disagio, anzi, direi che mi
  terrorizzava. Il mio cuore batteva sempre più forte al punto che pensai mi potesse uscire
  dal petto e pareva che mani invisibili ghiacciate lo premessero. Sentivo la fronte gelida
  e bagnata e una irrefrenabile voglia di urlare e di fuggire. La mia bocca era spalancata
  in un grido senza suoni, le gambe bloccate non rispondevano ai miei comandi e i miei occhi
  non riuscivano ad evitare il suo sguardo insistente. Quello sguardo
 Lui non disse
  alcuna parola. Si limitava a fissarmi e mi parve di scorgere sulle sue labbra una sorta di
  ghigno beffardo mentre ombre grigie animavano la stanza sfilando in un orribile e
  scomposto corteo. Mentre lui con lenta naturalezza mi si avvicinava il mio terrore crebbe
  fino al punto che pensai di sentirmi lacerare il cuore
  Quando i suoi dentini affondarono nella pelle morbida del mio collo fu subito
  tranquillità. La mia vescica si svuotò e la calma e la pace regnarono nella stanza e in
  me.
  Ora sono qui, nella mia piccola tana in soffitta. Il padrone di casa ha lasciato un
  po di formaggio su un piattino per me e gli altri amici rintanati qui. Esco a
  mangiare e passando davanti ad un vecchio specchio impolverato mi vedo
 dovrò
  imparare a non inciampare in questa lunga coda
Mi chiamo Sabrina Scandella, sono nata nel 1976 e risiedo in un paesino in provincia di Bergamo. Laureata in psicologia amo la buona cucina, i racconti gialli, Guccini e De Andrè. Ho deciso di cimentarmi in questo racconto dopo la scoperta di Scheletri.com.